Il voltafaccia

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Mentre a prendergli altri mandarono solo una coppia di soldati a testa, nella sua stanza fecero irruzione in quattro, con Pasternak dietro.

"Cosa rappresenta questo?" chiese Francine. Erano stati vigliacchi, la erano venuta a prendere nel sonno. Lei gli aveva reso le cose difficili, perché non dormiva quasi mai, ma erano stati pazienti. La cosa più insopportabile era averla trovata nella veste da camera, l'unico abito femminile che mettesse da molto tempo e soprattutto l'unico che in qualche modo rendesse visibili le cicatrici. Con un atto che quasi non riconobbe come suo, appena aprirono la porta, invece di raggiungerela spada, si raccolse le lenzuola addosso.

"Il consiglio rivoluzionario ha deciso, non è un'idea mia." disse il dottore, freddamente.

"Ha deciso COSA?"

"Siamo troppo vicini alla vittoria per lasciarvi andare generale Santaroche, o quantomeno per lasciare andare le vostre macchine."

Se Francine si fosse alzata in piedi sarebbe risultata ancor più vulnerabile, con tutte le lenzuola addosso, come una ragazzina che teme di essere stuprata. Stare sul letto però le era intollerabile. "Non potete farvene niente delle nostre macchine."

"Non è vero, anche i piloti di tunguska disertano."

"E credete di potergli dare in mano il mio Daikatana?"

"Ascoltatemi, generale..."

"Ascoltatemi voi. Quello che state facendo l'ho visto fare a molte persone prima di voi, persone che credevano che quei mostri avrebbero esaudito i loro desideri. Beh, non lo fanno, sono macchine da guerra come tutte le altre, usarle fa solo andare le cose peggio. Ora voi venite qui a gettare via il poco onore che avete con questo atto infame per non ottenere niente."

Anche Pasternak era visibilmente imbarazzato, evidentemente non si trattava di un'idea sua. Qualunque cosa fosse il consiglio rivoluzionario, sospettava Francine, era qualcosa di molto lontano dalla prima linea della rivoluzione, molto lontano dalle persone che realmente combattevano. "Farei un maggior favore a voi continuando a combattere la mia guerra."

"Perché credete che Valerius Demoire ci lascerà la Russia, dopo che i Romanov saranno stati estirpati."

"Valerius non è interessato alla Russia."

"E il resto d'Europa?"

Francine si accorse che la vita sull'aeronave, per un lungo periodo, l'aveva sganciata da tutti gli intrighi politici che funestavano il continente. In qualche modo le aveva ingenuamente fatto credere che oramai tutto si riducesse a loro contro i serpenti, ma non era così. Si erano portati dietro soldati che rispondevano agli interessi di almeno quattro nazioni, quattro re. Una cosa che aveva imparato nella sua infanzia, quando i Moschettieri di ferro avevano cercato di ristabilire il regno di re Gregoire, era che i re odiavano che si versasse sangue di re. "Ho fatto tutto quello di cui avevate bisogno." cercò nuovamente di dire.

"Per disperazione. Il nostro è stato un mutuo patto. Noi vi abbiamo salvato la vita, voi avete combattuto le nostre battaglie. Per quel che mi riguarda siamo pari, oggi. Ma le necessità della rivoluzione ci costringono a prendere di più."

"Non troverete nessuno che riesca a guidare Daikatana."

"Allora eviteremo che ci venga rivolto contro."

Quella di Pasternak, in fondo, era la paura che provavano tutti quando vedevano camminare i myrmidon, la paura che quelle creature un giorno venissero a giudicarli. Era una paura che lei conosceva bene perché poi le persone gliela riversavano addosso, come se in realtà rappresentasse un'estensione della macchina. Pasternak non era interessato a usarli, era interessato a controllarli. Senza rendersi conto che non poteva fare neanche quello.

Lei decise che non c'erano più parole, da rivolgergli, girò semplicemente la testa dall'altra parte.

"Vi daremo tempo di vestirvi" decretò lui, mentre i suoi soldati andavo a recuperare le sue armi "poi vi daremo un diverso alloggio."

Valerius Demoire - vol. 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora