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"Lo so."
"E poi pulisci i tavoli fuori prima di andare."
"D'accordo." sospiro infine esultando interiormente prima di fare come richiesto da Erica.

Mi giro e mi scolo l'aranciata nel bicchiere di plastica, prima di dirigermi fuori con in una mano lo spruzzino e nell'altra uno straccio umido e strizzato abbastanza da poterne risciacquare via sia la sabbia sia il detersivo.

Sono le 12:07 quando finisco di lavorare e passano pochi minuti prima di ritrovarmi fuori dal luogo di lavoro per dirigermi alla tabaccheria in cui prenderò un biglietto dell'autobus per tornare a casa.

Faccio la 'cameriera' e metto le virgolette perché non mi ritengo tale, lavoro in una casa per ferie gestita da una comunità fondata da Don Oreste Benzi, questa casa per ferie si trova a Rimini ma abitando a Riccione non è difficile arrivarci.
L'autobus ci mette pochi minuti di solito.

Io mi occupo delle colazioni insieme ad un'altra ragazza afroamericana che vive in Italia da non so esattamente quanto tempo. Si chiama Emily ed ascolta il mio genere di musica, il che è raro trovarne di persone così. Soprattutto a Riccione, dato che è la prima che condivide la passione per una boyband americana che in tutta la mia scuola, per quanto ne so, finora ascolto solo io.
Faccio poche ore perché sono minorenne ma non mi dispiacerebbe guadagnare di più.
È easy peasy qui, e decisamente meno frustrante del vecchio albergo in cui mi ha raccomandato mia madre.

Torno alla fermata con il biglietto in mano e aspetto l'autobus che dovrebbe arrivare tra pochi secondi.
Come se qualcuno mi avesse appena letto nel pensiero, vedo sfrecciare verso di me l'autobus in questione.
Mi aggrappo alla porta per salire e mi siedo non appena intravedo un sedile vuoto.

Sono esausta, non per aver finito l'orario di lavoro, ma perché stanotte ho dormito poco. Mi sono dovuta svegliare alle cinque per lavarmi i capelli e farmi la piastra.
D'estate è così difficile farla con questo caldo. E siamo ad agosto, periodo in cui il sole ci cuoce la testa da queste parti.

Fortunatamente il tratto di strada a piedi è breve e non molto distante da casa mia.

"Scusi... Permesso, scusate!"
Mi faccio spazio per uscire dal veicolo, che durante il percorso si è riempito di turisti e coppie fin troppo sdolcinate, e cerco una porta aperta.

I controllori sono qui, e guarda caso proprio davanti a me. Sbuffo.
Perché ogni volta che devo scendere c'è qualcuno che mi vieta di farlo?
Mostro il mio biglietto timbrato e mi catapulto fuori dove l'aria fresca mi colpisce in piena faccia.

Oggi c'è il sole ma non è tanto alto da bruciarmi la testa gonfia, con i capelli sparpagliati per la faccia e nella fronte tutta sudata.

Manca solo una settimana ed il mio contratto mensile sarà finito, io potrò tornare alla mia vecchia, monotona e noiosa vita asociale e forse un pò mi dispiace.
Vedere soldi guadagnati di tasca mia e dei genitori che mi guardano fieri è raro e soddisfacente. Perché deve tutto finire?
Mi rendo conto che i miei pensieri sono stupidi e irrispettosi verso chi lavora da anni, che pagherebbe per avere qualche ora di aria fresca, spiaggia e tranquillità.

Una volta superata la rotonda, percorro un grande piazzale fino a sorpassare un sottopassaggio, poi svolto a destra. E mi ritrovo tra i vicoli che portano di casa in casa.
Casa mia è dopo un'altra rotonda, molto più avanti.
Quando sono sicura che non passi nessuno, raggiungo l'altra parte del marciapiede e faccio le scalinate di un miniminercato per non fare il giro intero ed arrivare alla parte opposta. Farei solo strada per niente perché mi ritroverei dall'altra parte comunque.

Sospiro sollevata quando intravedo la famosa rotonda che mi conferma di essere nei pressi del viale di casa mia.
Sono stanca e iniziano a farmi male le gambe.

Dopo aver cercato casa mia in viale Liguria, circondata da almeno tre bar, un ristorante e una pizzeria, faccio i tre scalini che mi conducono alla porta di casa, saltellando allegramente.

"Sono a casa."

Saluto la mia numerosa famiglia che, tra parentesi, è composta di quasi sole donne, e mi siedo con loro a mangiare.

"Com'è andata?"

"Non è andata male, abbiamo fatto veloce e mi hanno cacciato dopo aver apparecchiato con Emily." ridacchio leggermente e guardo la tavola piena di delizie.

C'è la lasagna e il sugo della nonna che hanno portato giù le mie sorelle quando sono tornate a casa qualche giorno fa, e come contorno c'è l'insalata mista. Direi che va più che bene, considerata la fame che ho, dato che è da cinque ore che non metto nienta tra i denti.
A parte l'aranciata avanzata dalle colazioni, ovviamente.

Tra di loro, Lucia e Stella parlottano sussurrando di cosa abbia fatto Stella al luna park con le amiche e mio padre sta sgridando Luigi, il mio fratello minore di otto anni per aver fatto rovesciare l'acqua.

Io, come al solito, consumo il mio pasto in silenzio, pensando che in tutta la mattina nemmeno in autobus ho toccato il telefono.
Devo recuperare dopo finendo la puntata di Lucifer.

Mastico l'insalata pensando proprio a lui, ai suoi modi di fare così suadenti e al suo essere maledettamente sexy in ogni momento, anche quando si arrabbia. E quel sorriso poi...

"Hai dato a Diana il foglio?"

Quale foglio, Diana! Quale foglio...
Oh Dio, non dovevo pensarci.

Sbatto le palpebre, concentrandomi sulla domanda e cercando di dare una risposta in tempo prima che la ripeta.

"No, oggi non c'era. È in vacanza, quando torna glie lo do." rispondo lentamente con il boccone ancora da finire.

Bevo un sorso d'acqua.

"Stasera lavoro," dice mia madre, "e quando torno vi voglio vedere tutti nel vostro letto. Se va a finire come ieri sera mi incazzo."

Lei ha già finito.
Si alza, ovviamente senza aspettare che noi facciamo lo stesso - e poi si lamenta quando lo facciamo noi! - e va verso camera sua a prepararsi per uscire.

"A chi tocca oggi la cucina?"

"A Ste." rispondo prontamente.

Anche se mio babbo ha lista della settimana dietro di sé ogni giorno, deve sempre chiedere a noi, facendoci sbuffare di conseguenza.

Dopo aver finito l'insalata, - che sì, ho dovuto mangiare solo quella perché sono a dieta e mangerò una mini porzione di pasta col sugo della nonna stasera, - mi dirigo in camera afferrando la spallina del mio zainetto nero e mi siedo nel letto ancora disfatto.

It's Netflix Time!

Vengo però catturata dall'attenzione di una notifica di Whatsapp. È di un mio compagno di classe, Alessandro Montanari. Non mi ha mai parlato e ora mi scrive? Avrà bisogno di qualcosa riguardante la scuola.
, di solito sono io quella a cui chiedono.

Apro il messaggio e mi acciglio, confusa, scioccata e quando leggo il contenuto, rimango paralizzata a guardare lo schermo acceso del telefono.
È di ieri sera, stamattina, se vogliamo dirla tutta.

Vuoi uscire con me?

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