Capitolo 11

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Josephine

Non ho mai provato questo tipo di felicità prima, non da quando mamma e papà erano ancora con me. Ma in qualche modo, Hero ha riempito il vuoto nella mia vita, non solo perchè mi ha fornito un tetto sopra la testa e le medicine per la mia malattia, ma perchè è tutto ciò di cui non avrei mai pensato di aver bisogno. È così perfetto, a volte mi sorprendo a schiaffeggiarmi le guance o a pizzicarmi il braccio solo per assicurarmi che non sia solo un sogno. Nell'ultima settimana e mezza da quando è arrivato, tutto è stato perfetto. È anche venuto per il mio servizio fotografico, anche se la sua giornata era piena di audizioni e incontri.

Non posso negare l'ondata di orgoglio che ho sentito quando è entrato nel set con tutta la sua bellezza, puntando dritto verso di me e baciandomi le labbra davanti a tutti gli altri. L'espressione di invidia sui volti delle altre modelle mi hanno fatto ridere e nonostante loro cercavano di attirare l'attenzione di Hero, i suoi occhi erano sempre puntati su di me. Per tutto il tempo.

Mi ha accompagnato in macchina al campus, con mia grande dispiacere, dopo una discussione molto accesa che si è conclusa con me distesa sul tavolo da pranzo. Ultimamente è molto sbadato. Sembra che più a lungo è qui a LA più diventa sempre meno infastidito dal pensiero di poter essere scoperto in compagnia. Siamo usciti qualche volta la scorsa settimana e lui ha continuato a non nascondere la sua faccia.

"Ecco" gli porgo gli occhiali da sole che lui prende, solo per gettarli sul divano prima di tirarmi fuori dall'appartamento. "Ei, devi indossarli. La gente potrebbe riconoscerti." Protesto.

"Piccola, quante volte devo dirtelo? Non mi interessa più, cazzo" dice semplicemente, senza mollare la presa sul mio polso.

"Ma, Hero..."

"Smettila di protestare. Sai che alla fine vinco io" mi sorride con aria arrogante e io alzo gli occhi al cielo. Tengo la bocca chiusa e smetto di discutere perchè so che ha ragione. "Bene. Ora andiamo."

"Dove mi vuoi portare?" Mi chiede.

"Sorpresa" sorride sfacciato.

Penso che quel giorno sia stato il più stressante della mia vita. Continuavo a guardarmi intorno alla ricerca di chiunque avesse il telefono e ci scattesse delle foto e lui continuava a dirmi di rilassarmi. Ho dovuto dormire per il resto della giornata fino al giorno successivo a causa dell'emicrania che mi era presa.

Hero sarà a casa per cena stasera, cosa rara per il suo programma; normalmente torna a casa molto tardi la sera dopo alcuni eventi o riprese. Quindi decido di preparare le lasagne e comprare dei cannoli dopo la mia ultima lezione di oggi che per fortuna finisce alle 5 del pomeriggio.

Mi agito già sulla sedia mentre guardo l'ora, desiderando che le lancette dell'orologio battano già le cinque in modo da poter andare. Oggi mi sento un pò stordita. Sento che sta per succedere qualcosa di grande o qualcosa di speciale, semplicemente non so cosa sia. Quando l'orologio segna le cinque, sono già fuori dall'aula e cerco di passare attraverso i corpi degli studenti che cercano di uscire. Alcuni di loro mi lanciano un'occhiataccia ma non me ne può fregare di meno, ora sto solo pensando di arrivare il più presto possibile alla gastronomia italiana.

Quando esco dall'edificio sto sudando e ansimando. Perchè oggi fa così caldo a LA? Cerco di riportare il respiro alla normalità, ma ad un certo punto la mia vista inizia a sfocarsi e le ginocchia iniziano a cedere e il panico si insinua immediatamente nelle mie viscere.

No! Per favore...

Sono ancora a metà strada verso i cancelli e non c'è un taxi in vista. La clinica del campus è proprio nel mezzo del campus. Non ce la farò. Se solo potessi chiedere aiuto a qualcuno...mi guardo intorno, alla ricerca di un volto familiare: un compagno di classe o un conoscente o persino un docente. Vedo Damon che viene da me. Ci frequentavamo, ma in qualche modo siamo rimasti in buoni rapporti anche dopo aver smesso di frequentarci.

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