"Signor Hood, oggi vorrei spedire una cartolina alla mia famiglia ma per farlo devo comprare un francobollo. Dove trovo le poste qui a Stirling?", chiede Ashton quando entra in cucina, non prima di avermi lanciato una breve occhiata. "Non credo di poterti accompagnare, ho un lavoro importante da finire e consegnare entro oggi. Calum, perché non lo accompagni tu in paese?", parla mio padre, rivolgendosi a me alla fine. Per poco non mi va a finire il latte di traverso, ma cerco di non darlo a vedere e annuisco piano, ottenendo un cenno soddisfatto da parte sua e anche da Ashton, che mi sorride appena. Finisco la mia colazione piuttosto velocemente e vado a lavarmi i denti, chiudendomi a chiave in bagno. Mi lascio andare a un sospiro, non sono entusiasta all'idea di accompagnare Ashton all'unico ufficio postale di Stirling, è da qualche giorno che ci parliamo a malapena e onestamente mi sento a disagio all'idea di passare del tempo con lui, ma chi glielo spiega ai miei se non so nemmeno io perché mi sento così? Mi lavo i denti rassegnato ed esco dal bagno, ritrovandomi di fronte proprio il riccio.
"Ti ringrazio per la disponibilità ad accompagnarmi", mi sorride lui per poi appoggiare la mano allo stipite della porta accanto a me. "Figurati", gli dico semplicemente stringendomi nelle spalle per poi tornarmene in camera mia. "Fai con comodo, io ti aspetto", aggiungo. Ashton si chiude in bagno e, dopo pochi minuti, torna in camera sua a prendere le sue cose e poi usciamo. Casa nostra non è lontanissima dal centro, a piedi ci vuole una decina di minuti per arrivare. Mentre Ashton è in posta a prendere il francobollo, io vado a comprarmi le sigarette e poi andiamo a prenderci qualcosa da bere al bar del paese. "Allora Calum, dimmi, cosa fai qui tutta l'estate?", mi chiede il riccio sorseggiando il suo thè freddo alla pesca come me. "Passo le mie giornate a oziare, oppure leggo, suono e passo il mio tempo assieme a Tim", gli spiego. E, non vorrei sbagliarmi, ma ho come l'impressione che si irrigidisca quando nomino il mio migliore amico. "Oh certo. A proposito, hai il numero di sua sorella? Non ho avuto modo di chiederglielo", replica distrattamente. "No, non credo di averlo mai avuto", scrollo le spalle, "ma abita poco lontano da qui, perché non glielo vai a chiedere tu di persona?". "No ,lasciamo stare allora", scuote la testa per poi alzarsi dalla sedia e tirare fuori il portafogli. "Ehi no, aspetta, che fai? Pago io, conosco il gestore del bar", cerco di fermarlo ma mi blocca. "Oggi offro io, per il disturbo di avermi portato qui", mi fa l'occhiolino e ridacchia. Mi sento immediatamente avvampare così mi giro di scatto, permettendogli di entrare e pagare.
"Sei strano a volte, lo sai?", mi dice Ashton sulla via del ritorno. "Ma sei anche simpatico, te lo devo concedere", aggiunge ridacchiando. "Ognuno ha il suo", ribatto, ridacchiando alla sua espressione perplessa. "Ecco, lo stai rifacendo", mi punta il dito contro. "A cosa ti riferisci?", questa volta sono io quello confuso. "Al fatto che sei indecifrabile, che non si capisce mai realmente quello che pensi". Ashton si ferma sul marciapiede e mi guarda, non capisco cosa voglia dirmi con quello sguardo ma inizio ad agitarmi. "Questo perché ci conosciamo poco", mi invento su due piedi. "Allora spero di avere l'opportunità di conoscerti meglio, Calum Hood", mi sorride prima di scoccarmi un occhiolino. Avvampo peggio di prima a quel gesto ma faccio di tutto per non farmi vedere dal riccio, non avrei una spiegazione plausibile per questa mia reazione. Cosa cavolo mi sta succedendo?
Non appena torniamo a casa, decido di andare a farmi un bagno nel mio tratto preferito del torrente che attraversa Stirling. Sono talmente confuso da tutta la situazione che stare in ammollo nell'acqua ghiacciata mi sembra l'unica soluzione possibile. Dopo aver avvisato mia madre, esco di nuovo. Quando poco dopo arrivo, mi ritrovo Ashton davanti. "E tu che ci fai qua?", gli chiedo sinceramente sorpreso. "Non lo so, ti ho visto uscire poco dopo essere tornato e mi è venuta la curiosità di sapere dove stessi andando così di fretta", gesticola il riccio. Mi giro verso di lui, estremamente irritato perché avrebbe dovuto farsi i fatti suoi e non seguirmi come se avesi dovuto fare qualcosa di losco. "Bene, adesso puoi anche tornartene a casa. Voglio stare da solo, chiedo troppo?", gli dico. "Allora vuoi che me ne vada anche io?", sento la voce di Tim, oggi non è proprio giornata. Mi trattengo dallo sbuffare mentre scuoto la testa. "Ma certo che no, vieni qui", gli sorrido e mi lascio abbracciare da lui. Mentre guardo Ashton che reagisce in modo strano, con la coda dell'occhio vedo Alice. "Ahh, doveva proprio venire anche lei?", chiedo a bassa voce a Tim, che per tutta risposta ridacchia.
"Ciao Ash, non sapevo ci fossi anche tu", parla la gattamorta facendomi roteare gli occhi. "In realtà, me ne stavo andando", le spiega Ashton guardandomi male. "Non puoi proprio rimanere?", gli chiede lei facendogli gli occhi dolci. "Se mi guardi così non posso proprio andarmene", ridacchia, e lei gli salta addosso e iniziano a limonare davanti a noi. "Cal, ti prego, andiamocene, questi due poco ci manca che si tolgano i vestiti davanti a noi", mi chiede il mio amico sottovoce e io ovviamente acconsento perché come lui mi sento a disagio da morire. "Va bene, sentite, io e Tim ce ne andiamo", parlo a voce alta cercando di ottenere almeno l'attenzione di uno dei due ma sono troppo impegnati a mangiarsi la faccia per darmi retta e così, sbuffando rumorosamente, ce ne andiamo. "Davvero volevi stare da solo?", mi chiede Tim mentre andiamo in paese per prenderci qualcosa al bar. "Diciamo che il mio piano iniziale era di starmene un po' per conto mio, sì", confesso cercando di non essere troppo brutale e di non offenderlo. Il mio amico annuisce senza aggiungere altro e presto ci dimentichiamo di questa storia. Ma, ripeto, non è giornata. Poco dopo esserci seduti con un cono gelato, Alice e Ashton entrano anche loro nel bar. "Calum, puoi avvisare la tua famiglia che oggi non torno a pranzo?", mi avvisa il riccio. "Sì, certo, non preoccuparti", gli sorrido falsamente. "Ti va di venire a mangiare da me, Tim? Oggi abbiamo il salmone al forno, so che ti piace", propongo invece al ragazzo accanto a me, che annuisce entusiasta, mentre con la coda dell'occhio vedo Ashton guardarci impassibile per poi uscire ad aspettare Alice.
*****
Mi giro e rigiro nel mio letto, non riesco a prendere sonno. Mi alzo dal letto e vado in bagno a sciacquarmi la faccia sperando che mi l'acqua fresca mi rilassi e mi permetta di addormentarmi. Mentre sto per uscire, Ashton entra dalla porta del suo bagno, e dato che la luce è ancora accesa noto senza difficoltà un enorme succhiotto sulla sua clavicola. Scuoto la testa e, sospirando, apro la porta che si affaccia sulla mia camera ma il riccio mi ferma. "Mi stai evitando per caso?", mi chiede a voce non troppo alta e avvicinandosi un po' troppo a me. "Il mondo non gira intorno a te", gli dico brusco, "voglio andare a dormire, ti dispiace?". Esco dal bagno ma Ashton non si arrende e mi segue anche in camera. "Ti prego, dimmi che cosa ti ho fatto. E' da stamattina che sei strano, credi che non abbia capito che mi hai accompagnato in paese solo perché tuo padre te l'aveva chiesto? E poi quando ti ho raggiunto al torrente per poco non mi sbranavi", mi parla, esasperato. Sospiro, la verità è che non so cosa dirgli. Non so perché abbia reagito in quel modo, non è da me essere così stronzo. "Ashton, mi dispiace, ti giuro che...", inizio prima che mi interrompa. "Sai che c'è, non voglio saperlo. Tienitele per te le tue scuse, ho capito che sei un lunatico del cazzo", mi aggredisce. "Vai a farti fottere allora, esci dalla mia stanza", lo caccio, lui non se lo fa ripetere due volte prima di andarsene.
Mi sdraio nuovamente ma di dormire non se ne parla. Sono troppo occupato ad arrovellarmi il cervello per colpa di quel cretino di Ashton. Non so veramente come prenderlo, prima vuole a tutti i costi passare capire cosa mi passa per la testa, poi mi tratta in malo modo quando mi chiede il perché del mio comportamento di merda. Che poi io non devo dargli spiegazioni, se volevo starmene per fatti miei e lui ha invaso i miei spazi senza permesso ho tutto il diritto di mandarlo a cagare. E non dovrei essere io a scusarmi visto che alla fine sono dovuto andare via io dato che si voleva scopare quella gattamorta, per non dire peggio. Controllo l'ora sul telefono. Sono le due passate e io non riesco a dormire. Non posso nemmeno dare la colpa al caldo, per fortuna qui in Scozia l'estate non è mai afosa, ma domani mattina farò colazione messo peggio di uno zombie e mia madre si preoccuperà, lei già è apprensiva di natura. Vorrei mettermi a suonare il basso visto che suonare mi rilassa, ma questa non è decisamente l'ora adatta, così prendo delle cuffiette dal comodino e mi metto ad ascoltare la musica dal telefono. Per mia fortuna, la musica fa il suo effetto e inizio a sentire le palpebre pesanti e finalmente, dopo una notte quasi in bianco, riesco finalmente ad addormentarmi.
SPAZIO AUTRICE
Eccoci al secondo capitolo, come potete vedere aggiornerò settimanalmente. Hope you like it, alla prossima settimana, ciaooo 🍑.
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All the things he said • Cashton Hoodwin
FanfictionIn cui un'estate cambierà per sempre la vita di due ragazzi. Disclaimer: la trama di questa storia è PARZIALMENTE ISPIRATA a "call me by your name"