Prendo il basso e me ne vado in giardino, abbiamo una panchina abbastanza isolata dove posso suonare senza che nessuno mi venga a disturbare. Accordo il mio basso e inizio a strimpellare qualcosa quando sento toccarmi la spalla. “Qual buon vento Tim“, rido quando mi giro e vedo il mio migliore amico. “Mi diverto a disturbarti, lo sai“, replica sedendosi accanto a me. “Cosa suoni?“, mi chiede indicando il mio basso. “Boulevard of broken dreams“, sorrido per poi iniziare a suonarla e cantarla, con Tim canta assieme a me e finge di suonare la batteria. “Beh, ottima scelta amico“, mi dà una pacca sulla spalla. “La suonerò ad Ashton“, mormoro arrossendo leggermente, a parte il riccio nessun’altro sapeva che avrei suonato per lui. “Che bello, sono sicuro che gli farà piacere“, mi sorride Tim togliendosi gli occhiali da sole. “Già, sicuramente“, annuisco per poi notare mia madre avvicinarsi. “Ciao ragazzi, vi ho portato del succo di albicocca appena fatto“, ci annuncia per poi appoggiare il vassoio che ha in mano su un tavolo sotto al gazebo poco lontano da noi. “Grazie ma’“, le dico io alzando il pollice. “Grazie signora Hood“, mi fa eco Tim prima che mia madre se ne vada. “Come sapeva che siamo qui?“, chiedo. “Quando sono arrivato ho chiesto a tua madre dov’eri e ti ha dovuto cercare“, scrolla le spalle. “Non mi sono proprio accorto“, rido alzandomi per bermi un bicchiere di succo e riempirne un altro per Tim per poi porgerglielo.“Mhh, buono, come lo fate?“, mi chiede il ragazzo accanto a me, riempendosi un altro bicchiere. “Non ne ho idea, non ho mai aiutato mamma a farlo, non mi vuole intorno“, scuoto la testa. “Peccato, poi allora chiederò a tua madre il procedimento“, replica. “Non so se te lo dirà, lei è gelosissima delle sue ricette, tanto che non le conosco nemmeno io“, rido dandogli una pacca sulla spalla. “Provare non costa nulla“, si stringe nelle spalle divertito mentre appoggia i nostri bicchieri sul vassoio. Io mi siedo di nuovo e suono qualche altra canzone, prima di venire di nuovo interrotto da qualcuno che mi copre gli occhi. “Chi sono?“, chiede una voce fin troppo riconoscibile. “Orlando Bloom?“, rido. “Dovrei sentirmi offeso?“, mi si para davanti Ashton finto offeso. “Che c’è? Orlando Bloom è un figo“, rido appoggiando il basso nella sua custodia. “Digli qualcosa tu, io sono troppo sconvolto“, fa il melodrammatico rivolgendosi a Tim, che inizia a ridere a crepapelle. “Mhh, ma quello è il succo all’albicocca di tua madre?“, mi chiede poi girandosi verso il gazebo. “Sì, bevi pure dal mio bicchiere, è quello a destra“, lo istruisco. “E’ davvero buonissimo, farò i complimenti a tua madre“, mi dice dopo aver bevuto per poi avvicinarsi a me e baciarmi. “Scusate, se sono di troppo vado via, non ci tengo a assistere al vostro slinguazzamento“, ci interrompe Tim, facendoci ridere. “Ma figurati, me ne vado io, il papà di Calum ha bisogno di me“, gli dice Ashton. “Allora vai, non farlo aspettare“, ridacchio, il riccio annuisce, ci saluta e torna in casa.
“L’usurpatore di quest’anno è gradito, eh?“, mi chiede Tim quando rimaniamo soli con un sorriso malizioso. “Usurpatore?“, chiedo a mia volta io ridendo. “Così chiamavamo gli altri anni gli studenti che ospita tuo padre durante l’estate“, replica lui. “Hai ragione, non ci pensavo più“, annuisco divertito. “Perché evidentemente ti è piaciuto fin dal primo momento in cui l’hai visto e non l'hai visto come quello che ti fregava la camera, o sbaglio?“, ipotizza. “Sicuramente mi aveva colpito fin da subito, ma ci ho messo un bel po’ per capire che mi piacesse“, sospiro ripensando a quando Ashton mi ha confessato di provare qualcosa per me. Tim non aggiunge altro, annuisce come sovrappensiero fino a quando non ricompare mia madre. “Tim, ti fermi a pranzo da noi?“, chiede mia madre recuperando il vassoio e notando compiaciuta che abbiamo finito il succo. “Mi piacerebbe, ma devo tornare a casa“, le risponde lui, prendendo il telefono per guardare l’ora. “Cavolo, è quasi ora di pranzo, sarà meglio che vada“, mi dice. “Va bene, allora ciao, ci sentiamo“, lo saluto io, alzandomi e chiudendo la custodia del basso. “Certo“, annuisce per poi salutarmi con la mano prima di scappare. Prendo il basso e lo porto dentro, in camera mia, per poi lavarmi le mani e scendere a pranzo.
“Ho una fame da lupi“, mormoro allungandomi verso il cestino del pane per prendermene una fetta. “Dobbiamo aspettare Ashton“, mi ammonisce mio padre. “Perché, dov’è?“, chiedo addentando il pane. “Eccomi“, mi risponde il diretto interessato sorridendomi leggermente mentre si siede accanto a me. Stando ben attento a non farsi vedere, allunga la mano verso la mia e la stringe delicatamente mentre la domestica ci porta a tavola il suo pasticcio di tacchino. Mia madre taglia le razioni per tutti e, quando è il turno di Ashton poggio innocentemente la mano sul cavallo dei suoi pantaloni. Il riccio emette un verso e cerca di schiarirsi inutilmente la voce e mi lancia un’occhiata di fuoco ma io non mi fermo e gli sorrido innocentemente. “G-Grazie signora Hood“, sorride a mia madre bofonchiando. “Ashton, stai bene?“, si preoccupa lei, e il riccio annuisce mentre mi guarda di nuovo male. “Calum, accompagnalo un attimo in casa, forse ha un calo di pressione“, mi dice mio padre, e così faccio. Io e Ashton entriamo e andiamo in una sala dove conserviamo il ghiaccio per ogni evenienza.
“Ma sei impazzito? Davanti ai tuoi?“, parla il riccio quando siamo sicuri di non poter essere sentiti. “Ti sei dimenticato di ieri sera?“, lo rimbecco io incrociando le braccia. “E’ una vendetta per caso?“, sussurra al mio orecchio, dandomi un bacio sotto al lobo. “P-Può darsi“, mormoro ansimando. “Buono a sapersi“, si allontana da me facendomi l’occhiolino. “Ah, fossi in te coprirei quel marchio“, aggiunge indicando la zona che mi ha martoriato. Alzo il medio sorridendo verso Ashton mentre mi prendo un cubetto di ghiaccio e lo poggio sotto al lobo sperando che non si veda troppo per poi tornare insieme in giardino. “Ashton, tutto bene?“, chiede mio padre. “Sì signor Hood, è stato solo un momento“, gli sorride lui mentre io prego chiunque mi venga in mente affinché non si accorgano del succhiotto. “Cal, perché tieni un cubetto di ghiaccio sul collo?“, mi chiede mia madre. Ecco, appunto, ti pareva. Ashton si gira verso di me ghignando e io sarei tentato di mandarlo a quel paese. “Ho combinato un disastro con la puntura di una zanzara, mi sono grattato e mi è uscito del sangue“, gli rispondo con nonchalance. “Ah, allora tienilo ancora il ghiaccio, ti darà sollievo“, mi sorride mia madre, “ma mettilo in un fazzoletto“. Va a prendermi altro ghiaccio e uno straccio e me lo porge. Guardo vittorioso Ashton che sbuffa impercettibile per poi riprendere il pranzo, questa volta senza provocazioni.
*****
Mi sveglio di soprassalto quando sento bussare alla porta. “Ti sei addormentato della grossa“, mormora Ashton entrando in camera mia con un vassoio. “Non riuscivo a svegliarti e i tuoi mi hanno detto di lasciarti dormire“, mi spiega. “Ho dormito tutto il pomeriggio quindi?“, chiedo intontito e il riccio annuisce. “Mi dispiace di averti provocato oggi“, sospiro mangiando la minestra. “Non dispiacerti, ieri sera ci siamo quasi fatti scoprire per colpa mia, me lo sono meritato“, scuote la testa. “Però te la sei giocata bene con tua madre col succhiotto“, ridacchia, contagiandomi e sedendosi accanto a me per abbracciarmi mentre finisco di mangiare. “Hai sonno?“, mi chiede il riccio appoggiando il vassoio sulla mia scrivania. “No, ho dormito fino ad ora“, ridacchio. “Allora che ne dici di andare in camera mia? C'è più spazio e stiamo più comodi che qua“, mi propone, porgendomi la mano. “Mhh, non ho voglia di alzarmi, mi porti?“, piagnucolo. “Va bene“, sospira scuotendo la testa. Mi prende in braccio a mo’ di sposa, mi porta in camera sua, passando per il bagno, e mi appoggia sul letto attaccato al suo. Ashton si appoggia alla testiera del letto e mi tiene abbracciato a sé. “Mi dispiace di essere così tanto impegnato con tuo padre“, sospira dopo un po’. “E perché mai? Non sei venuto qui apposta per fare ricerche?“, gli chiedo io alzando la testa dalla sua spalla. “Certo ma…“, mormora. “Ma?“, gli sorrido. “Non avevo preventivato noi due“, mormora indicando entrambi. “Non dispiacerti di fare un qualcosa che ti appassiona, sei qui per questo“, lo abbraccio. “Certe volte però preferirei passare la giornata con te piuttosto che studiare reperti archeologici e opere d’arte“, mi stringe ancora più a sé, facendomi sorridere come uno scemo.
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All the things he said • Cashton Hoodwin
FanfictionIn cui un'estate cambierà per sempre la vita di due ragazzi. Disclaimer: la trama di questa storia è PARZIALMENTE ISPIRATA a "call me by your name"