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Come ogni anno, i miei sono stati invitati a pranzo da uno studioso d’arte, e come ogni anno ho gentilmente declinato l’invito dato che se pure ci sono altri giovani, questi sono noiosi e non mi attrae l'idea di trascorrere un intero pranzo con questa gente, per cui preferisco rimanere a Stirling. Tra l’altro, quest’anno ho un motivo in più per non andare, Ashton, con cui ho intenzione di passare ogni secondo prima della sua partenza. Dopo aver visto i miei genitori andarsene via, corro nella camera del riccio e mi metto infilo sotto le sue coperte, venendo stretto un attimo dopo. “Buongiorno“, lo sento parlare con voce impastata mentre mi avvicino ancora a lui. “Lo sai che oggi siamo soli? I miei non ci sono, torneranno stasera tardi“, gli dico ridacchiando. “Tuo padre me l’aveva detto, sì, mi aveva anche chiesto di andare, ma che avrei fatto lì in mezzo a gente che nemmeno conosco? E poi preferivo mille volte rimanere con te“, mi stringe ancora a sé. Mi giro verso di lui felice come poche altre volte e lo bacio sorridendo contro le sue labbra. “A cosa devo tutto questo affetto?“, mi sorride Ashton accarezzandomi il braccio. “Sei fantastico“, mormoro, “ed era proprio quello che volevo sentirti dire perché oggi ho deciso che  suonerò per te“. “Pensavo che bob l'avresti più fatto“, mi abbraccia felice. “Non potrei mai“, sorrido anche se non può vedermi. “Ora dai, andiamo a fare colazione che io sto morendo di fame“, dico saltando giù dal letto per poi correre in cucina seguito dal riccio.

Come entriamo in cucina, mano nella mano, ci troviamo Christine, la nostra fidata domestica che guarda sorniona la mia mano intrecciata a quella di Ashton. “Lo sapevo“, risponde quella che potrei considerare come una seconda mamma rispondendo al mio sguardo stranito, “sapevo che ci fosse qualcosa tra voi, ma non potevo esserne certa fino ad ora“, annuisce mentre io e Ashton ci sediamo a tavola davanti ai nostri porridge. “Come facevi a sapere?“, la guardo ancora confuso indicando sia me che il ragazzo accanto a me. “Oltre agli sguardi che ho notato tutto il tempo e che non siete riusciti a nascondere molto bene, ricordate quella volta che vi avevo chiesto di alcuni rumori che avevo sentito provenire dal vostro bagno?“, si siede a tavola con noi. Io e Ashton ci guardiamo rossi come peperoni mentre mangiamo pur di non dire una parola. “Ragazzi, se può farvi stare meglio, non ho mai fatto parola con i genitori di Calum di quello che pensavo stesse succedendo, ho preferito dirlo a voi“, ci rassicura. “Meno male, così non dovrò inventarmi altre scuse per chiedere ai tuoi se puoi venire con me a Edimburgo prima che torni in Australia“, mi stringe la mano, per una volta rilassato di non doversi nascondere. “Oh mio Dio, stai scherzando?“, quasi mi strozzo col porridge sotto lo sguardo divertito di Ashton. “Certo che no, ma non voglio farti morire“, ride il riccio mentre mi batte del colpi sulla schiena. Mi riprendo subito e solo allora mi accorgo che Christine ci ha lasciati soli.

“Ad ogni modo, sono molto felice che mi voglia con te a Edimburgo“, sorrido al riccio quando saliamo nella sua camera dopo aver finito di mangiare. “Bene“, mi sorride a sua volta dopo essersi chiuso la porta alle spalle per poi baciarmi con trasporto mentre io mi stringo a lui. “Sarà meglio che vada a prendere il basso, altrimenti mi dimentico davvero che avevo pianificato di suonare per te“, ansimo staccandomi da lui e correndo a prendere lo strumento e la cassa. “Cosa mi suoni?“, mi chiede il riccio sedendosi al bordo del letto. “Boulevard of broken dreams dei Green Day, una delle mie canzoni preferite nonché quella che mi viene meglio“, alzo lo sguardo verso di lui mentre finisco di attaccare il basso alla cassa. “Bene, sono proprio curioso signor Hood“, mi dice il riccio non appena mi alzo. “Spero che la performance sia degna dell’ascoltatore“, mi mordo le labbra prima di iniziare a suonare. Chiudo gli occhi mentre mi lascio trasportare dalle note della canzone in modo da non distrarmi ma sento comunque lo sguardo del riccio su di me. Mi faccio coraggio e lo guardo anche io, lo trovo a sorridermi come un bambino e gli sorrido di rimando fino all’ultima nota. Faccio appena in tempo ad appoggiare il basso a terra prima che Ashton si fiondi a baciarmi di nuovo. “Devo dedurre che ti è piaciuta la canzone“, chiedo tra un bacio e l’altro. “Deduci bene“, annuisce per poi baciarmi di nuovo, con un trasporto tale che cadiamo sul letto ma veniamo interrotti. “Mi dispiace interrompervi, ma il pranzo è pronto“, ci comunica Christine da fuori la porta. “Grazie“, risponde Ashton per entrambi ridacchiando. “Oh, Calum, sono davvero felice che tu mi abbia suonato una canzone, significa molto per me“, mi dice il riccio mentre ci vestiamo. “Significa molto anche per me, lo faccio solo con le persone a cui te go davvero“, lo stringo stretto a me sorridendogli. Ashton mi prende la mano mentre scendiamo a pranzare e mi sorride sospirando ma non aggiunge altro, vorrei chiedergli cosa pensa ma non sono sicuro di volerlo sapere davvero.

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“Buongiorno signor Hood“, fa il suo ingresso Ashton sotto al pergolato dove facciamo colazione dopo un rapido sguardo verso di me. “Ashton, buongiorno“, lo saluta mio padre mentre beve il caffè. “Oggi è l’ultimo giorno di studi, hai ancora in programma di andare a Edimburgo?“, gli chiede, mentre il riccio si siede a tavola. “Certo, stasera invierò per e-mail il lavoro fatto qui alla Victoria University, e tra tre giorni andrò a Edimburgo. A proposito di questo, vorrei chiedere una cosa ad entrambi“, dice Ashton. “Vorrei andare a Edimburgo con Calum, quando siamo stati lì gli ho parlato di una mostra che si terrà in questi giorni e dato che si è appassionato vorrei vederla con lui prima lasciare la Scozia“, spiega il riccio ad entrambi dopo un’occhiata brevissima a me. “Ma certo, andate pure, è ora che Calum si stacchi un po’ da noi“, ci sorride mia madre mentre papà annuisce piano. “Vi prendo io una camera come si deve, non vi preoccupate“, aggiunge infine mio padre, scoccandomi un occhiolino che dice fin troppe cose.

“Sai, ho come l’impressione che mio padre sappia di noi“, confesso ad Ashton in giardino mentre prendiamo il sole. “Beh sì, lo sa, almeno credo, diverse volte ha fatto delle allusioni anche se non certo esplicite mentre lavoravamo“, mi sorride guardandomi prima di baciarmi la mano. “Non credevo fosse un osservatore così acuto, l’ho sempre visto tanto preso dai suoi studi che non pensavo avesse tempo di osservare me e ciò che facevo“, spiego. “Invece ti guarda, in silenzio ma ti guarda, ed è stato anche acuto da non farti sapere che aveva capito tutto. E penso che tua madre anche sappia“, mi sorride. “Lei sono sicuro, non hai notato com’era felice quando hai chiesto se potevo andare a Eimburgo con te? A volte mi chiedo cos’abbia fatto per meritarmi dei genitori così fantastici“, dico io.

“Già, sei davvero molto fortunato“, annuisce, “tieniteli stretti“. Ridacchia prima di alzarsi e aiutare anche me. “Hai da fare adesso?“, mi chiede. “No, perché?“, gli chiedo io di rimando. “Andiamo a farci un bagno, così in questi due giorni mi aiuti a sistemare le mie cose“, mi propone. “Va bene, e bagno sia“, rido per poi correre dentro casa senza curarmi se Ashton è dietro di me o no.

All the things he said • Cashton HoodwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora