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Non pensavo che sarei potuto interessare tanto all’arte, ma ho dovuto ricredermi dopo aver messo piede nella Scottish National Gallery, dove mio padre e Ashton dovevano effettuare alcune ricerche. E mentre loro erano impegnati, io ho potuto girare tra i corridoi e le opere d'arte presenti. Sono rimasto affascinato dai quadri impressionisti, e, per mia fortuna, nei pressi una guida turistica stava spiegando quelle opere ad un gruppo abbastanza nutrito e sono riuscito ad infiltrarsi tra loro per carpire informazioni. Quando sono tornato da mio padre, è rimasto contento di sapere quanto mi fossi interessato e mi ha proposto di visitare altri musei d’arte insieme, e io ho, strano ma vero, accettato entusiasta. Entro nell’ufficio dove lui e Ashton stanno lavorando e trovo il riccio da solo dato che papà è impegnato con alcuni studiosi. “E’ bellissimo questo posto, dopo devi assolutamente farci un giro“, parlo entusiasta. “Tu però vieni con me“, mi fa l’occhiolino e io annuisco ridacchiando. “Accetto solo perché ho ascoltato una guida che parlava di un sacco di opere che ci sono qui e non potrò sentirmi ignorante accanto a te“, aggiungo. “Con me non ti sentiresti mai ignorante, ti spiegherei tutto quello che non sai se me lo chiedessi“, mi prende la mano prima di avvicinarsi a me e baciarmi a stampo. “D’accordo professore“, ridacchio per poi baciarlo di nuovo, “appena hai finito qui andiamo, allora“.

“Raffaello è decisamente il mio artista rinascimentale preferito, sono anche andato alla Galleria degli Uffizi a Firenze per ammirarne varie opere in tutto il loro splendore“, mi spiega Ashton ammirato mentre passeggiamo. “Io preferisco di gran lunga gli impressionisti, non so, mi sembrano più suggestivi“, ribatto io. “Wow, non sapevo di questo tuo lato da appassionato di arte“, osserva il riccio. “Se non ti va di avermi intorno me ne vado“, faccio il finto offeso e gli volto le spalle. Ashton mi prende il braccio e mi fa girare, avvicinandosi pericolosamente a me. “Non ci provare, lo sai troppo bene che voglio averti intorno. Ti bacerei se potessi“, sussurra facendomi sorridere come un deficiente. Non sono mai stato amante delle cose romantiche, ma sentire quelle parole dette dal riccio mi fanno sentire come un ragazzino alle prese con la sua prima cotta. Mi mordo il labbro e gli prendo il polso  per portarlo in un angolo appartato e lo bacio. “Non so perché tu lo abbia fatto, non me l’aspettavo, ma mi è piaciuto“, mormora Ashton staccandosi da me e sorridendomi. “Ne avevo voglia e basta“, ammetto semplicemente. “Fallo più spesso allora“, ridacchia. Sento il telefono vibrare e quando lo tiro fuori leggo il nome di mio padre sullo schermo. “Ragazzi, dove siete?“, mi dice. “Stiamo guardando dei quadri, dobbiamo tornare?“, gli chiedo. “Sì, è ora di andare“, mi risponde lui. “Arriviamo allora“, dico prima di chiudere la telefonata. “Andiamo, mio padre ha detto che stiamo andando via“, spiego al riccio e lui annuisce. “Aspetta un attimo però“, mi dice prima di prendermi il viso tra le mani e baciarmi di nuovo. “Adesso possiamo andare“, mi sorride accarezzandomi la guancia prima di incamminarsi.

“Ragazzi, dobbiamo passare a casa di una persona e poi possiamo tornare in hotel“, ci avvisa papà mentre lui e Ashton recuperano le loro cose. Cinque minuti dopo andiamo via e, come già detto, ci fermiamo dove papà doveva passare. Abbraccio il riccio da dietro al mio sedile, facendolo ridere. “Stasera ti va di farci un giro io e te da soli?“, propongo io quando Ashton intreccia le mie mani alle sue. “Sarebbe bellissimo se non fosse che non conosciamo la città e non mi sembra il caso di perderci“, replica il riccio. “Che guastafeste che sei, potevamo andare in un parco che c’è vicino al nostro hotel, non dovevamo mica andarcene chissà dove“, mi allontano incrociando le braccia offeso. “Ma dai, scherzo, sì che voglio stare un po’ da solo con te, andiamo lì allora“, mi stuzzica girandosi verso di me per poi prendermi le mani e iniziare a giocarci per farmi ridere. “Tanto mamma e papà si fermeranno con altri ospiti a chiacchierare e potremo andare dopo cena senza farci notare troppo“, valuto, e Ashton mi fa eco annuendo. “E ovviamente ci prendiamo il gelato, quindi non mangiamo troppo a cena perché devo togliermi la soddisfazione di mangiare un gelato al parco di sera“, aggiunge il riccio. “Vai, ci sto, hai capito come funziona“, rido. “Ragazzi, eccomi, scusate se mi sono trattenuto tanto“, torna mio padre, e Ashton si rimette seduto normalmente al suo posto davanti quando papà rimette in moto la macchina. “Non preoccuparti“, gli dico io, guardando il riccio che mi guarda complice dallo specchietto davanti e mi fa un occhiolino che per fortuna mio padre non vede. “Calum, stasera volevo portare la mamma a cena solo io e lei, per voi è un problema cenare da soli?“, mi chiede papà ma io scuoto la testa. “Non preoccuparti per noi, possiamo pure sopravvivere una sera da soli“, rido. “Non si preoccupi per noi signor Hood, vada pure a cena con sua moglie“, mi fa eco Ashton. “Grazie Ashton“, gli sorride mio padre, dandogli una pacca sulla spalla. “Grazie papà eh, ti voglio bene anche io“, lo prendo in giro, ottenendo una sua occhiata. “Lo so, ma a te non arrivo“, ribatte mio padre, facendo ridacchiare Ashton.

Quando poco dopo torniamo in hotel, e dopo varie raccomandazioni da parte di mio padre, io e Ashton torniamo nella nostra camera. Come ci chiudiamo la porta alle spalle, il riccio mi blocca contro la porta e mi bacia, facendomi saltare in braccio a lui e tenendomi su per il sedere. Le mie dita si infilano tra i capelli di Ashton che ansima quando glieli tiro leggermente mentre mi accarezza da sotto la maglietta. “Ho visto che nel parco qui accanto c’è lo stand degli hot dog, oltre a quello dei gelati, ti va se ce lo prendiamo?“, mormora Ashton mentre mi stringe dopo esserci messi nel suo letto per coccolarci. “Sì, però non c’è fretta“, ridacchio prima di baciarlo di nuovo, questa volta prendendo il controllo. Mi metto su di lui mentre schiude la bocca per permettermi di approfondire il bacio per poi sentire le mani del riccio palparmi il sedere. Mi stacco poco dopo da lui per prendere fiato e mi sdraio di nuovo accanto ad Ashton e lo stringo a me.

Veniamo interrotti dallo squillo del mio telefono, al quale rispondo quasi scocciato. "Pronto?", mugugno irritato sbuffando piano. “Cal? Sono Tim“, mi saluta il mio amico. “Ehi Tim, come va?“, mi rilasso sentendo la voce del mio migliore amico. “Qua tutto tranquillo, tu non mi hai più aggiornato su Ashton“, mi dice Tim dispiaciuto. “Hai ragione, scusami, sono stato molto impegnato. Ad ogni modo, con Ashton va alla grande, abbiamo chiarito“, sorrido al diretto interessato che si gira verso di me e mi guarda anche lui assonnato ma sorridente. “Mi fa piacere, era quello che volevo sentirti dire. Ora ti lascio, vado a cena, mi ha fatto piacere sentirti“, mi saluta Tim, “Anche a me, non appena torniamo a Stirling ci vediamo, va bene?“, gli propongo. “Certamente, a presto, ciao“, mi saluta di nuovo, per poi chiudere quando faccio altrettanto. “Chi era?“, mi chiede Ashton sbadigliando. “Tim, mi chiedeva di te“, gli rispondo, ottenendo uno sbuffo da parte del riccio. “Senti, l’ho capito che a te Tim non piace, ma non puoi fare lo scocciato ogni volta che lo nomino“, sospiro leggermente alterato. “Lo so, hai ragione, scusami, cercherò di non reagire più così“, mi abbraccia da dietro per darmi un bacio sulla guancia, facendomi ridere. “Adesso andiamo a mangiare, sto morendo di fame“, dico prima di prendere Ashton per mano e uscire dalla nostra camera.

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“Secondo te se mi avvicino a quel cigno mi morde?“, mi chiede Ashton in preda a una risata irrefrenabile. “Non lo so, nel dubbio non rischierei“, rido anche io, buttando il fazzoletto dell’hot dog. “Hai ragione, è meglio se mi tengo a distanza da quella bestia“, mi dice per poi avvicinarsi al chiosco dei gelati. “Due coni al cioccolato“, chiede per entrambi, e quando tira fuori il portafogli lo blocco. “Hai pagato tu gli hot dog, adesso offro io“, gli dico con tono che non ammette repliche prima di porgere al ragazzo i soldi per entrambi i gelati. C’è poca gente al parco, così prendo la mano di Ashton mentre passeggiamo. Il riccio mi sorride e mi stringe la mano a sua volta, accarezzandomi delicatamente il dorso con il pollice. Rimaniamo in silenzio finché non finiamo i gelati e poi ci sediamo su una panchina appartata. Ashton ridacchia per poi prendere un fazzoletto e pulirmi la bocca per poi baciarmi. “Eri sporco di cioccolato“, mormora attaccando la fronte alla mia accarezzandomi il viso e sorridendomi. “Grazie“, mormoro per poi baciarlo di nuovo. Rimaniamo tutta la serata su quella panchina, a scambiarci baci e a ridere come degli scemi fino a che, nostro malgrado, ci tocca tornare in hotel e alla realtà.

All the things he said • Cashton HoodwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora