Ashton mi aiuta a scendere dal treno mentre io arranco con la mia valigia. Starò qui per pochi giorni ma la mamma ha insistito affinché mi portassi dietro mille cose, perché “non si sa mai“, ma ora sono io che nel bel mezzo della stazione centrale devo camminare ben attento a non sbattere contro tutta quella calca di gente. “Siamo quasi arrivati, non preoccuparti“, ride Ashton guardandomi mentre camminiamo per le vie di Edimburgo. “Grazie per la comprensione“, lo prendo in giro io, ottenendo una linguaccia da parte sua non appena si ferma. Quando lo raggiungo mi prende la mano e mi bacia, stringendomi per la vita. “Questa la prendo io, tu riposati un po’“, mi sorride poi prendendomi la valigia di mano. “No, aspetta, guarda che ce la faccio“, cerco di fermare Ashton, ma lui scuote la testa. “Lo so che ce la fai, ma voglio farlo, permettimelo visto che questi sono i nostri ultimi giorni insieme“, sospira, a questo punto lo lascio fare dato che mi prende una certa malinconia a sentire le sue parole. Riprendiamo a camminare mano nella mano e, dopo qualche minuto, arriviamo davanti al nostro hotel.“Benvenuti allo Jurys Inn“, ci accoglie una ragazza piuttosto giovane non appena entriamo. “Ehm buongiorno, dovremmo aver prenotato un paio di stanze“, le parlo io sorridendole. “Nome?“, mi chiede da dietro lo schermo del computer. “Hood, o David Hood, non so bene“, dico. “Oh sì, eccovi, la camera prenotata è una sola, la 116“, ci spiega, porgendoci la chiave. “I documenti potete portarmeli anche più tardi, non c’è problema. Piano due“, ci scocca un occhiolino mentre noi ci dirigiamo confusi in ascensore. “Non guardare me, io non so nulla“, mi rivolgo ad Ashton che mi guarda divertito mentre saliamo in ascensore. “Lo so, ha fatto tutto la tua famiglia“, annuisce per poi andare ad aprire la porta che sta proprio di fronte all’ascensore. “Vieni, guarda“, mi prende il braccio per farmi entrare nella stanza. Come sospettavo, c’è il letto matrimoniale, e Ashton sa sicuramente più cose di quanto non dia a vedere visto che sta ridacchiando come un matto. “Tu non me la racconti giusta“, gli punto il dito contro una volta chiusami la porta alle spalle. “Come sarebbe a dire?“, finge di offendersi. “Lo sapevi che avremmo avuto una stanza per due, adesso puoi anche ammetterlo“, mi siedo sul letto.
“Sì, va bene, il giorno in cui ho chiesto ai tuoi se potevi venire con me, tuo padre mi ha voluto chiedere esplicitamente se c’era qualcosa tra noi, io non me la sono sentita di negare, sarebbe stato inutile perché praticamente già sapeva“, si siede accanto a me. “Perché non me l’hai detto? Io sarei stato felicissimo“, gli chiedo. “Tuo padre mi ha chiesto di mantenere il segreto con te perché voleva che questi ultimi giorni fossero una sorpresa totale per te“, mi spiega Ashton sorridendomi per poi baciarmi. “Quest’anno mio padre mi ha sorpreso davvero tanto“, mormoro contro le labbra del riccio, "sono felice di tutto quello che ha fatto anche con te". “Sono felice di essere qui, lo sai?“, aggiungo staccandomi leggermente dal riccio. “E’ proprio quello che volevo sentirti dire“, mi sorride lui prima di baciarmi di nuovo. Schiudo le labbra mentre sento le mani del riccio sotto la mia maglietta e gli permetto di sfilarmela. Ashton mi spinge sul letto e quando alzo il bacino, gli permetto di spogliarmi del tutto mentre lo sento ridacchiare. Mi alzo divertito e mi fiondo sulle sue labbra mentre gli sbottono la camicia. “Stavolta faccio io“, sussurro suadente al suo orecchio per poi baciargli il collo. Lo sento ansimare mentre gli sfilo i pantaloni e i boxer, lui mi concede un’occhiata divertita prima di baciarmi la mano. Tiro il braccio per farmi cadere il riccio addosso che accarezza il viso prima di baciarmi di nuovo mentre delicatamente entra dentro di me. Inizia a spingere solo dopo essersi assicurato che io stia bene, e tiene continuamente il suo sguardo fisso nel mio fino a che entrambi veniamo e si sdraia accanto a me. “Grazie“, parlo dopo qualche minuto di silenzio, rotto solo dal casino di Edimburgo fuori dalla finestra aperta. “Di cosa?“, mi chiede Ashton, io giro la testa a guardarlo. “Per tutto. Per aver reso questa estate la più bella della mia vita, per esserti preso cura di me, per avermi fatto provare mille emozioni diverse“, gli sorrido. Il riccio mi guarda sorridendomi. “Io ringrazio te per avermi dato la possibilità di conoscerti, avevo capito fin da subito che eri una persona speciale e il tempo me l’ha soltanto confermato“, mi dice stringendomi prima di baciarmi la fronte e sorridermi mentre mi accarezza piano i fianchi. “Credo proprio che ne sia valsa la pena“, gli accarezzo la guancia. “Lo penso anche io“, mi bacia di nuovo con trasporto continuando a tenermi stretto a lui quasi non volesse lasciarmi andare mentre io chiudo gli occhi illudendomi che tutto questo non stia per finire.
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“Eccoci, tra un po’ i Preraffaelliti non avranno più segreti per te“, sento la mano di Ashton che stringe la mia mentre siamo in fila alla National Gallery. “Cercherò di tenere tutto a mente per quando studierò questo periodo a scuola“, gli spiego. “Allora poi ringraziami per la A che prenderai“, annuisce cingendomi le spalle con un braccio per poi prendermi la mano mentre varchiamo l’ingresso. “Guarda, queste tele sono tutte di Dante Gabriel Rossetti, l’esponente principale del movimento, o almeno il più famoso“, mi spiega appassionato davanti alla Persefone. “E’ molto bello, non c’è che dire“, annuisco, guardando ammirato quel ritratto. “A casa mia ho una copia di questa Persefone, anche se, personalmente, preferisco i quadri di Hughes“, mi spiega, tirandomi verso un altro quadro. “The Valkyrie’s Vigil“, mormora il riccio invitandomi a osservare bene. “La mia opera preferita, è molto delicato ed evocativo, non trovi?“, mi chiede entusiasta. “Mi piace, però preferisco comunque Persefone“, scrollo le spalle. “Ognuno ha i suoi gusti“, mi spettina i capelli. “Ora però continuiamo il giro“, mi intima con una leggera pacca sul sedere che mi fa ridere.
Un’ora dopo usciamo dal museo, non prima però di aver comprato due segnalibri. “Questo tienilo tu“, gli porgo il segnalibro con la Persefone che tanto mi è piaciuta. Ashton sorride mettendo nello zaino il suo segnalibro. “Io terrò questo invece“, gli faccio vedere quello che raffigura The Valkyrie’s Vigil, “così penserò a te ogni volta che leggerò un libro“. “Ah, hai voluto prendere un segnalibro mentre io ti ho lasciato una mia maglietta a casa“, scuote la testa. “Davvero?“, gli sorrido. “Certo che sì, volevo lasciarti un mio ricordo“, mi abbraccia. “Allora appena torniamo in camera ti prendi una mia maglietta“, gli prendo la mano. “Non preoccuparti, ho fatto già prima di partire“, ridacchia. “E scommetto che non mi dirai quale hai preso“, scuoto la testa. “Ovvio, non sarebbe divertente, lo scoprirai“, mi scocca un occhiolino.
Io rido alle sue parole, per me avrebbe anche potuto prendersi tutte le mie magliette e non me ne sarebbe importato. "Che ne dici di andarci a mangiare qualcosa? Questa immersione nell'arte mi ha fatto venire una certa fame", faccio il labbruccio. "In effetti ho un certo languorino anche io, andiamo a mangiare", annuisce Ashton per poi prendermi a braccetto e portarmi nella prima caffetteria che troviamo. "Ti va la cheesecake?", propongo mentre leggo il menù con l'acquolina in bocca. "Sì, vada per la cheesecake, e un caffè ovviamente", concorda. "No, io preferisco una cioccolata calda anche se siamo in estate. Io non vivo senza il cioccolato", scuoto la testa facendo ridere il riccio di gusto. Quando poco dopo arriva la cameriera ordiniamo, venendo serviti quasi subito dopo.
"Ci voleva proprio una merenda, bravo", Ashton mi dà una pacca sulla spalla una volta riusciti dalla caffetteria. "Modestamente le mie idee sono sempre fantastiche", mi pavoneggio mettendo un braccio attorno alle spalle del riccio che ridacchia. "Cos'altro prevede la tua gita ad Edimburgo?", chiedo dopo un po'. "Prevede noi due che percorriamo le vie della città senza meta per il puro gusto di scoprire angoli nascosti, che ne dici?", mi sorride. "E se ci perdiamo?", gli sorrido di rimando. "Sarà più divertente", mi prende la mano. Mi alzo in punta di piedi e lo bacio per poi ricominciare a camminare.
Senza fretta, col solo scopo di goderci questi momenti solo per noi e imprimerli nella nostra memoria.
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All the things he said • Cashton Hoodwin
FanfictionIn cui un'estate cambierà per sempre la vita di due ragazzi. Disclaimer: la trama di questa storia è PARZIALMENTE ISPIRATA a "call me by your name"