Un'altra prospettiva

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POV Alice

"Non ho mai visto qualcosa che potesse avere quest'effetto su di noi" Carlisle palpava con attenzione la gamba sinistra di Edward, dopo aver estratto quell'affare i piccoli cristalli marmorei della sua pelle erano schizzati da tutte le parti, si stava rimarginando lentamente ed era estremamente rossa, se lo avesse colpito più a fondo l'avrebbe staccata.
"Tranquilla Bella è solo un graffio" Edward dissimulava ma era chiaro a Jasper che soffrisse molto, lanciò un'occhiata a Carlisle e poi a me,
"Sta guarendo, però è meglio che tu stia seduto per ora okay? Non sappiamo che effetti può avere questa sostanza, è chiaro che può ferirci e che tu sia stato fortunato dopotutto" Edward sorrise contrito, era semi-disteso sul divano, Bella sul bracciolo gli avvolgeva un braccio intorno alle spalle, Carlisle ed Esme chini sulla coscia, Jasper era in piedi di fronte a lui, io me ne stavo indietro, sotto la volta dell'ingresso, non sapevo cosa dire o fare.
"In quanti erano?" chiese Esme,
"Solo due ma..."
"Ci hanno teso un' imboscata, ci hanno intrappolati con l'argento, Alice li ha affrontati da sola" continuò Edward per Jasper, Carlisle si voltò verso di me, feci qualche passo verso di loro.
"Non ne avevo idea, la visione che ho avuto alla baita era poco chiara, e poi poco prima che attaccassero ho visto quello che avrebbero fatto, ma eravamo già lì, in quella stanza, non posso sapere quanto prima vedrò e cosa, lo sapete" ero leggermente alterata, con me stessa più che altro,
"Non devi giustificarti Alice, quello che hai visto è stato prezioso, abbiamo trovato uno dei loro nascondigli" aggiunse Edward, Jasper mi osservava, sapeva bene anche quanto soffrissi per l'attacco ad Edward,
"Certo ma, ora cambieranno, non so è come..." mi accovacciai davanti a Carlisle guardando la ferita da vicino,
"Se fossero sempre una mossa avanti" sillabai,
"Possono prevedere il futuro?" Bella deglutii,
"No, non credo..." commentò Carlisle,
"Io penso che giochino d'astuzia, sanno quello che puoi fare, forse anche meglio di te, questo li avvantaggia, sapevano di essere in grado di trovarti" Jasper sedette sul divano pensieroso,
"Già, me lo chiedo anch'io" guardammo interrogativi Edward,
" Tutti noi abbiamo notato che si sono volatilizzati nel nulla" Bella annuì nervosa,
"Avrebbero potuto ucciderti, Alice, poi l'altro demone ha fermato tutto e sono spariti" disse Jasper protendendosi verso di me,
"Si, ma mi vogliono viva per trovare...Aiden" ogni volta che pronunciavo quel nome un nodo mi si formava in gola, sentivo enormemente la sua mancanza,
"Noi eravamo in trappola, potevano portarti con loro" osservò Edward,
"Stanno aspettando..." Era così ovvio, l'anziano mi aveva avvertita,
"Aspettare cosa?" chiesero quasi all'unisono gli altri, Edward si scurì in volto vagliando la mia ipotesi,
"Che il veleno faccia effetto" dissi monocorde guardandoli uno ad uno, tentai di bloccare il ricordo della visione di me e Jasper che avevo avuto prima dell'angelo ma era troppo tardi, implorai col pensiero Edward di non dire nulla e nel mentre chiesi a Carlisle dei risultati.
"Nulla, o meglio tracce di una sostanza sconosciuta che non posso identificare, né potrebbe il laboratorio dell'area 51, nè gli umani né tanto meno noi conosciamo il loro mondo" Jasper strinse i pugni,
"La scienza non può fare nulla" mi alzai e presi la mia decisione,
"Carlisle scrivi ad Aro che fra pochi giorni sarò in Italia" dissi decisa, Jasper scattò in piedi parandomisi davanti,
"Che dici Alice?" sussurrò, lo guardai fiduciosa negli occhi,
"Non credo sia una cosa solo pensabile Alice!" Bella corrugò la fronte, Jasper annuì,
"Non vi sto chiedendo di venire con me... abbiamo già rischiato...più di una volta" presi la mano di Jasper,
"Non voglio che qualcun altro si faccia male...andrò da sola" Carlisle andò a recuperare la lettera dal cestino dei rifiuti, la rilesse,
"Vogliono capire cosa sono loro e cos'è Alice, vogliono sapere cosa è in grado di fare, affermano di poterlo fare" Bella gli prese combattuta la lettera di mano,
"Non possiamo fidarci della sua parola, ci ha ingannati più di una volta" disse,
"Avviseremo noi stessi i clan prima di andare" Carlisle mi appoggiava,
"Io andrò" rimarcai,
"Non se ne parla" Jasper mi tirò indietro, mi liberai dalla presa e andai di fianco a Carlisle,
"Ti terrà prigioniera, ti dissanguerà, ti userà o peggio ti ucciderà quando scoprirà che hai più potere di tutti loro e che non può controllarti" Jasper era sbigottito e incredulo che volessi sul serio cercare aiuto da loro,
"Non lo faranno" dissi turbata,
"Come puoi saperlo? Hanno uno scudo, non sappiamo cosa ti farà o come intende...aiutarti...non hai visto cosa avrebbero fatto ad Edward, non puoi vedere cosa ne sarà di Aiden, rischiare e andare lì per nessuna certezza..."
"Jasper..." Edward lo fulminò con lo sguardo, quelle parole mi facevano male, e soprattutto perché era Jasper a parlare, ingoiai il rospo non reagendo,
"Ho deciso" forse l'unico modo per andare da sola era farlo arrabbiare così l'avrei tenuto al sicuro, scattai fuori e balzai sul tetto, era necessario, mi servivano più risposte, mia madre non mi aveva rivelato nulla su di lei e sulla mia nascita in quei mesi, conoscevo cosa gli angeli erano in grado di fare ma pochissimo di cosa potevo io, cosa facevano i demoni, cosa volevano, controllavo a stento i poteri, a stento li comprendevo, dovevo farlo.
"Parliamo per favore" Jasper si avvicinò e si piegò su di me, ero seduta a gambe incrociate,
"Non volevo dire..."
"Hai ragione, a quanto pare tutto questo potere è dentro di me ma non posso proteggere quelli che amo" lo guardai con gli occhi lucidi,
"Non è vero" chiusi gli occhi per trovare il coraggio di ferirlo,
"Andiamo...è quello che pensi, che pensate tutti voi, vi ho trascinato io in questa storia, io andrò a risolverla, non voglio il tuo aiuto Jasper" tentai di mantenere il volto impassibile,
"Ho detto quelle cose perché sono terrorizzato all'idea che possa accaderti qualcosa, lo sai" non parlai,
"Sono bravo a gestire le emozioni degli altri ma le mie" gli voltai le spalle,
"Non ti lascerò andare" mi disse,
"Non puoi fermarmi"
"Alice" saltai giù dal tetto, mi seguii,
"Alice per favore" aveva la voce strozzata, mi fermai, non potevo guardarlo negli occhi, stavo per dire una cosa assurda,
"Forse è meglio allontanarsi per un po', devo capire cosa fare e schiarirmi le idee" smisi di respirare e Jasper fece altrettanto,
"Non è quello che senti" era vero, come potevo mentire con quello che provavo per lui, così lasciai fluire tutta la rabbia possibile e il dolore che i Volturi, gli anziani e quei demoni mi avevano procurato mi voltai e scattai verso di lui inchiodandolo a un albero, fissai i suoi occhi ambrati scorgendo il bagliore dei miei,
"Jasper lasciami sola!" mi credeva, sentiva quanto fossi arrabbiata e avevo solo lui davanti, spostò lo sguardo dal mio viso a terra, spalancai le ali e volai via il più in fretta possibile, un peso insopprimibile sul cuore, le lacrime mi offuscavano la vista, era la seconda volta che andavo via, per tenerlo al sicuro, ma a che prezzo, spezzargli il cuore e spezzare il mio, catalizzai il dolore, dovevo trovare chi aveva orchestrato tutto questo e fermarlo.
Attraversare in volo l'atlantico ed arrivare in Italia era fattibilissimo data l'energia che avevo incrementata dalla rabbia e dalla determinazione. La pioggia mi colse a metà strada, sferzavo controvento incurante dei turbinii dell'acqua, non vedevo nulla, seguivo il fiuto e l' istinto, il lampeggiare del cielo era continuo, sarebbe stato meglio forse farsela a nuoto, ma non m'importava volevo soltanto arrivare alla meta. Le ali zuppe erano pesanti, le battevo con quanta più forza potessi e la loro luminescenza azzurra squarciava il buio della notte. Arrivai 1 ora prima dell'alba, il cielo coperto dai nembi plumbei cominciava a frammentarsi, la luce soffusa ingrigiva le nubi nerastre. Atterrai sulla cupola della chiesa madre di Volterra. Sfondai con poca grazia il condotto dell'aria e mi ritrovai nel salone grande, colsi Aro e Marcus completamente di sorpresa, probabilmente si aspettavano che venissimo insieme o che non venissi affatto. Sbattei più volte le ali per scuotermi dalla pioggia poi le distesi, avevo un'espressione di ghiaccio sul volto, Marcus percepiva quanto li odiassi e mi odiassi per essere andata lì, per aver bisogno del loro aiuto. Non volevo mostrarmi debole, le ali mi davano forza e sicurezza.
"Alice cara, non hai idea di quanto ci conforta vederti" non dissi una parola, guardandomi intorno, non aveva chiamato le guardie, avrei potuto ucciderli entrambi in quel momento, pensare solo a tutto quello che...ma qualcosa mi bloccò,
"Loro..." sillabai,Aro si avvicinò curioso, avevo appena visto Edward Carlisle Bella e Jasper prendere un aereo,
"Mi sorprende che tu sia sola" mi ricomposi,
"Stanno arrivando... volevo che avessimo un colloquio da soli" dissi decisa, ammiccai verso Marcus che con mia sorpresa lasciò la stanza all'istante. Aro non smetteva di contemplarmi ispezionando da ogni angolazione le due ali screziate d'azzurro, ampie e luminose. Con un battito stornai la sua attenzione facendogli quasi perdere l'equilibrio. Sospirò.
"Cosa vuoi adesso?" era evidente che il solo motivo per cui intendeva aiutarmi era acquisire più potere,
"Voglio delle risposte...proprio come te" disse stupito,
"Tuo figlio, posso vederlo?" spostò lo sguardo sulla mia mano, ringhiai, non doveva sapere cosa fosse successo, più Aro sapeva più la situazione peggiorava,
"Non puoi, come fai a sapere degli anziani e dei demoni?" andò a sedersi sul bordo della scrivania vicino ai troni, c'era un mucchio di scartoffie sull'intera superficie,
"Ho le mie fonti...e dopo la comparsa di quell'essere qui... sai i libri non smettono mai di stupirci...e dopo aver visto te..." non mi convinceva,
"Non mi fido, so cosa vuoi davvero, che mi unisca a voi o distruggermi, e se davvero vuoi sopravvivere nel mondo che si è appena rivelato ti serve il mio aiuto" nervoso scattò verso di me,
"Tu sei fondamentale...l'ho scritto nella lettera" era a pochi centimetri dal mio viso, quel vampiro mi disgustava,
"Non voglio la tua fiducia, io voglio difendere la nostra razza, e...non potrei mai distruggere te, sei la creatura più potente che ci sia" con occhi folli mi accarezzò la guancia. Non potei più resistere, lo afferrai per il collo e ci alzammo sino al soffitto della cupola, lo sbattei violentemente sulla parete e mostrai i canini,
"Prova solo a pensare di fare del male alla mia famiglia e io ti ucciderò, prova solo a pensare di catturarci o imprigionarci di nuovo e io ti ucciderò, prova solo a pensare di ingannarmi e io ti ucciderò, se ciò che hai detto è falso e non mi sarai d'aiuto io ti ucciderò" tentò di liberarsi quasi soffocando, mollai la presa e con un tonfo atterrò sul marmo freddo, alzò lo sguardo e vidi chiaramente la collera ma anche la paura nei suoi occhi.
Dopo la nostra conversazione mi condusse in una sala che non avevo mai visto prima, un ambiente arioso e luminoso, c'erano dei lettini con degli strani macchinari accanto, una serie di computer con una scrivania sulla sinistra, la situazione non mi piaceva. Mi bloccai sull'uscio.
"Devi permettermi di aiutarti" disse,
"L'ultima volta che sono stata su un lettino mi hai prelevato del sangue, e non so ancora cosa ne è stato" scattai verso una delle macchine,
"Ho provato a berlo...ma ahimè tranne una frenesia incontrollabile perché credimi non ho mai assaggiato del sangue così buono, così vivificante... tranne questo non c'è stato altro effetto..." lo guardai disgustata,
"In che modo vorresti aiutarmi?" sfiorai il metallo argenteo di quello che sembrava un conta-battiti,
"Ti darò i tuoi ricordi...devi sapere chi sei e da dove vieni" deglutii,
"Lo so che hai avuto delle visioni sul tuo passato che hanno innescato beh, la tua reale trasformazione... ma ora immagina di poter accedere con questa macchina a tutta la tua memoria, e rivivere i tuoi ricordi in maniera più intensa e reale di quanto accada con le visioni, sarà come una specie di realtà alternativa, ti sembrerà di essere fisicamente lì, e vivrai tutto in 1° persona, non come una spettatrice, magari potresti vedere al di là degli stessi ricordi" parlò sicuro ed eccitato,
"L'hai già sperimentato?" era una follia...sapevo che avrebbe potuto mentirmi, ma essere sola in quella situazione mi rendeva titubante,
"Certo che si, o non ti avrei fatta venire fin qui" battè le mani e altri vampiri con camici si avvicinarono al computer, respirai...
"Okay...facciamolo"






POV Jasper
Arrivammo il più in fretta possibile a Volterra, avevo una sensazione terribile, era da sola, e non avevo potuto fermarla. Prendemmo l'entrata laterale della basilica, Marcus era lì ad accoglierci, il viso smorto e indifferente come sempre, due guardie nerborute erano a 3 passi da lui,
"Vi stavamo aspettando" si voltò senza dire altro, lo seguimmo,
"Lei è con Aro....e..." mi sussurrò Edward, poi fece una faccia confusa, ero allarmato,
"Non le sta facendo del male" mi rassicurò. Giungemmo in una sala enorme con vetrate ampie alle pareti, con la massima forza di volontà non scattai verso di lei appena la vidi sdraiata sul lettino, con una flebo attaccata vicino a un congegno che emetteva fastidiosi beep. Aro accanto a lei aveva appoggiato una mano sulla sua spalla. Potevo avvertire l'ossessione che provava per lei, il modo in cui la guardava...Carlisle mi tirò leggermente indietro, senza accorgermene ero sul punto di attaccare,
"Eccovi finalmente... mi sembrava impossibile che abbandonaste Alice, oppure..." si parò davanti a Carlisle,
"Oppure non riuscite ad accettare che sia voluta andare via senza voi...e per me" ringhiai,
"Niente giochetti Aro, cos'è questo?" mi rivolse una lunga occhiata poi rispose a Carlisle,
"E' una dispositivo neuronale di ultima generazione, anni di lavoro ben spesi, una sostanza chimica molto forte, quasi una tossina in effetti, accuratamente resa innocua dai miei scienziati, rilascia una scarica nel cervello ed è in grado di mostrarci i ricordi più remoti, oscuri, rimossi di un individuo, umano o vampiro che sia" lo guardammo stupiti,
"Vuoi che ricordi tutto?" lui annuì,
"Con le nostre percezioni, vi sembrerà di vivere quella realtà, è incredibile" rise fastidiosamente,
"Ci?" Bella lo fulminò con lo sguardo,
"Se siete curiosi, potete assistere, potete entrare nella mente di Alice e vivere quello che sta vivendo...ma ci sono solo 3 collegamenti" guardai Carlisle,
"Andremo io Jasper e Edward" non voleva che Aro frugasse ancora più intensamente dentro di lei, e Bella avrebbe li sorvegliati,
"D'accordo" disse senza riserve, molto strano. Ci accomodammo sui 3 lettini intorno ad Alice, mi misi in quello accanto al suo, prendendole la mano, speravo potesse percepirmi,
"Non può sentire nulla, è priva di sensi" Aro ci attaccò le flebo con maniacale delicatezza,
"Solo una cosa... questo..." e allargò le braccia,
"Non è uno scherzo...scienza e antiche conoscenze rendono la macchina estremamente potente...vi sembrerà tutto reale... ma qualunque cosa vediate, qualsiasi cosa Alice faccia o subisca, non potrete interferire, ne va della sua incolumità, i ricordi non possono essere alterati o la persona non sarà più la stessa, voi sarete entità in un certo senso fisiche in grado di modificare quella realtà, non fate sciocchezze, il passato non può essere cambiato" prima che potessi dire o pensare altro un senso di torpore mi investii, guardai gli altri, stesso effetto, e poi la sala sparì.
Cominciai ad abituarmi lentamente alle luci soffuse della stanza, era bizzarro ma avvertivo un formicolio in tutto il corpo e vertigini, percepivo altre presenze intorno a me. Mi sentii dopo 30 secondi buoni afferrare un braccio, mi voltai di scatto, era Edward, i suoi occhi esprimevano la mia stessa confusione. Battei ripetutamente le palpebre, non era una stanza, eravamo in mezzo ad un lungo corridoio, una porta in fondo a pochi metri da noi, rosso mogano, maniglia di ottone, il nome di un medico inciso in alto. Una serie di infermiere ci passò davanti noncuranti, indossavano grembiuli rosati e cuffie bianche, osservai le luci al neon lungo le pareti, c'erano poche porte in quel corridoio.
"Non credo possano vederci" sicuro Carlisle avanzò verso di noi, era sbucato dal nulla, toccai il muro, potevo avvertire la vernice incrostata, il puzzo dei medicinali, il profumo di rosa di una delle donne, era tutto reale.
"E' incredibile" Edward si avvicinò alla porta in fondo e la tastò,
"Credo sia qui che dovremmo entrare" sembrava non esserci nessuno, nessuna voce, nessun cuore che batteva, entrammo quasi all'unisono. Il cambio di luce ci folgorò per un millisecondo, quanto bastava per poter udire due voci distinte, l'aroma di caffè vecchio e il fumo di una pipa. Uno studio molto ampio, una scrivania verniciata con tanto di lampada e china, due poltrone per i pazienti, una libreria colma, un divanetto ,una finestra larga che dava su di un cortile. Un tizio fumava la pipa, un vecchio pelato e macilento con un camice, occhi che parevano due fessure. L'altro dottore era seduto alla scrivania e guardava curioso la piccola figura che aveva davanti, capelli nero corvino, un camice malandato, le mani che premevano la stoffa della poltrona verde, la osservai bene, la linea del collo marmorea e sinuosa, poi respirai a fondo, una calda ondata mi investii in pieno, nonostante l'odore intenso del suo sangue potevo riconoscere qualcosa di estremamente familiare, era Alice, la mia Alice ancora umana. Scattai di fianco al dottore per guardarla in faccia. Nessuno dei presenti ci notò, eravamo spettri invisibili. Era proprio lei. Mi chinai sulla scrivania. Le guance irrorate da un lieve rossore, gli occhi di ghiaccio, un grigio tendente all'azzurro, guardava il legno smorto della scrivania, un lieve livore sotto le palpebre, non sembrava in salute.
"Alice..." le agitai una mano davanti al viso, neppure lei poteva vederci,
"Sta vivendo l'esperienza in 1a persona, non sa che siamo con lei" curioso Carlisle cominciò a perlustrare l'ambiente e gli oggetti e i libri dagli scaffali, Edward attento a non sfiorare nessuno si accovacciò davanti ad Alice,
"James aveva ragione" mi fissò,
"Il suo sangue è..." non c'era bisogno di parole,
"Mai sentito un odore così buono" aggiunse, era vero, a stento riuscivo a non pensarci.
"Allora la paziente è..." il dottore alla scrivania cominciò a parlare, lo guardai con più attenzione; era molto più giovane dell'altro, sulla 30ina, indossava pantaloni cremisi, camicia e cravatta sotto il camice, un paio di occhiali che gli davano un'aria da intellettuale, capelli marroni e ben pettinati, nessun accenno di barba, il viso perfettamente liscio. L'anziano sbuffò del fumo e si girò.
"Mary Alice Brandon, 19 anni, per ora il solito caso di schizofrenia femminile anche se il padre è sicuro che ci sia il decorso di una grave malattia mentale" parlò monocorde e quasi annoiato, il dottore annotò il tutto su un taccuino. Mi concentrai su di lui, non sentivo l'odore né il battito del suo cuore.
"Non è umano" dissi sicuro, Carlisle smise frugare in giro e si avvicinò. Lui alzò gli occhi e tolse gli occhiali, due iridi ambrate fissarono Alice. Incredibile, un vampiro, vegetariano come noi. Un medico come Carlisle, certo era un manicomio ma tutti quegli odori e il sangue riusciva a sopportarli.
"Mary Alice, lei cosa mi dice?" attendemmo qualche minuto, taceva.
"Non sprecare tempo, dopo una tremenda sfuriata è come andata in catalessi, chiamo l'infermiera e ..." lui bloccò l'anziano medico con la mano,
"Voglio parlarle, è il mio lavoro" disse sardonico,
"David David, invecchierai qui dentro come me..." ridacchiò e lasciò lo studio.
"Se non parla dovremo davvero rimandare questa conoscenza a domani" Alice alzò lo sguardo, carico di rabbia, potevo addirittura avvertire le sue emozioni, magari Edward sentiva i suoi pensieri, scosse la testa.
"Non dovrei essere qui" la sua voce, era sempre la stessa, lievemente più roca, nonostante la situazione era sempre bellissima, da umana, era un angelo anche da umana.
"Mi spieghi il perché allora" quel tale era stoico come una roccia,
"L'ho..." Alice fece un respiro profondo,
"A che serve" sussurrò quasi,
"Ho detto tutto ai suoi colleghi, non mi credono" una lacrima le scivolò sulla guancia,
"Ci provi" una nota di gentilezza uscì dalla voce burbera del dottore,
"Mio...padre...ha ucciso mia madre...e aveva intenzione di uccidere me, sono scappata, sono andata alla polizia, ma lui mi ha trovata, ha insinuato che fossi pazza e mi ha fatta portare...qui..." cercava di tenere a bada il dolore, anche il dottore capì quanto fosse sconvolta,
"Ha assistito all'omicidio di sua madre?" chiese lui,
"Si, cioè no...non proprio...io" Alice si alzò di scatto e si parò davanti alla finestra, cominciava a piovere, il cielo era violaceo, il dottore la lasciò fare. Mi avvicinai a lei, l'istinto di toccarla e abbracciarla era davvero forte, ma non potevo, non sapevamo cosa sarebbe successo.
"Io ho visto che sarebbe successo...e così è stato... io ho delle visioni" disse al suo riflesso nel vetro, il dottore corrugò la fronte,
"Credi di prevedere il futuro" affermò stupito,
"Io non lo credo, è così..." sbatté decisa le mani sul tavolo e lo fissò in segno di sfida, era afflitta e furiosa, non sopportava che suo padre le avesse fatto questo, non sopportava la morte di sua madre.
"Presto il dottor Wickleman mi farà avere i documenti, le testimonianze di suo padre e dei poliziotti, saprò tutto del suo caso e potrò aiutarla" le fece cenno di sedersi,
"No no, lei deve ascoltare me, le racconteranno un mucchio di bugie, deve credermi, non sono pazza, deve aiutarmi" si alzò e la prese per le spalle con delicatezza, a quel contatto Alice rabbrividì com'era ovvio, lui si deconcentrò per un attimo, allora il suo sangue aveva effetto anche su di lui, aprì la porta,
"Emma!" una paffuta infermiera all'istante rispose alla chiamata,
"Mary Alice, lei ti accompagnerà nella tua stanza" Alice indietreggiò,
"Domani parleremo, quando sarai più riposata e lucida..." sconfitta e persa Alice si lasciò prelevare dalla donna,
"Solo Alice" disse mentre usciva,
"Mi chiami Alice" disse al pavimento.
Di nuovo quella sensazione, neanche il tempo di digerire cosa era successo e fummo sballottati da un'altra parte, l'edificio era sempre lo stesso, sempre l'ospedale ma adesso eravamo in una zona pienamente illuminata, le pareti erano azzurre, delle colonne spiccavano in un ampio spazio centrale che univa più corridoi, c'erano alberelli in piccoli vasi e quadri ovunque,
"E' la sua stanza" disse Edward, una piccola finestra di vetro, mi avvicinai alla porta 3847, Alice era seduta su un lettino minuscolo, le ginocchia portate contro il petto, singhiozzava,
"Perché non si apre!" la porta era bloccata. Carlisle mi poggiò una mano sulla spalla,
"Non decidiamo noi cosa vedere" disse, poggiai una mano sul vetro, era una situazione difficile, e vederlo, sapere in questo modo cosa le era accaduto, percepirlo come lei, era terribile.
"Un vampiro qui... sarà stato lui a trasformarla..." congetturò Edward, io non le staccavo gli occhi di dosso,
"Forse, questo posto, mi sento così disorientato, voi no?" annuimmo,
"Jasper, è terribile quello che le è successo, e non credo che le cose miglioreranno, sei sicuro di voler vedere?" Edward era preoccupato,
"Devo sapere quello che le hanno fatto, non può portare questo peso da sola" annuì. L'improvviso calpestio di tacchi e suole ci allarmò, un brusio di voci invase quell'ala del reparto, due loschi figuri in camice spingevano una barella di ferro, un'infermiera anziana e imbellettata camminava svelta davanti a loro. Ci scostammo.
"Si è questa la paziente" aprì con una chiave arrugginita la porta, Alice sussultò,
"E' l'ora della terapia!" raffrenò all'istante le lacrime, non fece resistenza mentre i due energumeni la sollevavano per metterla sul lettino. Per un momento sembrò vederci, ma forse fissava intensamente solo la porta a cui ero appoggiato. Li seguimmo.
"Andiamo tesoro, non è certo la prima volta" Alice tremava, la portarono in ascensore e poi due piani più giù. Il dottor Wickleman l'aspettava. Aprii un'altra stanza e fece andar via i due ragazzi. L'infermiera aiutò Alice a cambiare lettino. Era una stanza piena di macchinari, sedie e lettini sparsi nell'intera superficie, con delle cinghie di cuoio l'assicurò al letto e le legò le mani, avvicinò un macchinario movibile con una serie di manovelle, una specie di tachimetro, prese un paio di cuffie ovattate e le bagnò in una scodella di ferro, sapevo cosa stava accadendo, non potevo crederci.
"NO!" scattai verso l'infermiera ma Edward riuscì a fermarmi, mi tratteneva da dietro, tentai di divincolarmi ma Carlisle lo aiutò.
"Per favore..." Alice implorò tremante la donna, lei sospirò, il dottore scosse il capo seduto su uno sgabello, continuando a fumare la sua pipa. La donna le infilò un pezzo di legno in bocca,
"Non vorremmo rovinare questo splendido sorriso, è per il tuo bene Alice" lei chiuse gli occhi.
"Lasciatemi!" ringhiai, la donna lanciò un'occhiata al dottore che annuì, fece scattare la manopola. Nonostante avesse la bocca ostruita le urla di Alice si propagarono in tutto lo spazio, erano strazianti, acute e il dolore che provava mi penetrò fino alle ossa, caddi in ginocchio, impotente fissavo il suo corpo scosso da violenti tremiti,
"Devo aiutarla, guardatela!" ero disperato,
"Jasper, se fai qualcosa potresti ucciderla, vuoi ucciderla?" Edward mi girò di forza il viso, cercava di essere forte ma le urla di Alice colpivano anche lui nel profondo. Smisi di opporre resistenza. Le urla cessarono, affannosamente Alice aprii gli occhi.
"Aumenta" disse quell'uomo sadico, la donna ebbe un attimo d'esitazione.
"Sei sorda? Aumenta ho detto" non potevo restare lì a guardare, tremante spalancai la porta e mi buttai fuori da lì, le urla più forti di lei mi trafissero la schiena come un pugnale, mi passai una mano sul viso, Edward uscii con me. Mi pose una mano sopra la spalla, alzai lo sguardo e lo vidi. Il vampiro era lì immobile davanti al vetro della sala, guardava Alice immobile. Confuso guardava, poi avvertii sofferenza. Strinse i pugni e continuò a camminare.
"Che mostri" Carlisle seguì Alice distesa sulla barella con lo sguardo, la stavano riportando indietro,
"Che succede?" nel mentre lo chiesi ci bloccammo, una nuvola di vapore si materializzò e ci investì in pieno, per pochi secondi persi la cognizione dello spazio. Ci ritrovammo nella stessa sala di poc'anzi, o meglio il luogo era lo stesso ma l'aspetto del posto era cambiato, la stanza era sempre azzurra e si diramavano sempre i corridoi ma c'erano dei divanetti, un televisore e delle sedie, un tavolo da ping pong e altri tavolini con riviste e vasi di fiori morenti. Poi un cumolo di gente dai contorni sfocati cominciò a materializzarsi. Donne in vestaglie grigie, facce smunte e malate, infermieri ad ogni imboccatura dei corridoi. Alcune ragazze guardavano il televisore sulle sedie, una vecchietta dondolava su e giù con la testa su di uno dei divani rossi, altre due giocavano a ping pong, fui sorpreso di vedere un uomo in quella zona che non fosse un medico. Sbucò dal corridoio d'ingresso, portava sottobraccio una graziosa signora vestita di rosso con tanto di cappello e pochette, una bambina si tuffò su una delle poltrone davanti ad una ragazza robusta, sembrava assente. Erano vestiti con abiti costosi. Guardai Edward e Carlisle confuso. Poi vidi Alice finalmente, sospettosa avanzò fino al televisore, aveva la stessa vestaglia monocromatica delle altre pazienti, sorrise ad una ragazza biondiccia che trangugiava freneticamente le unghie, poi sedette.
"Margaret cara come ti senti oggi?" la donna in rosso parlò con voce squillante, il marito le picchiettò sul ginocchio titubante, erano gli unici a parlare, nel silenzio abissale interrotto solo dal brusio del televisore e dalla pallina che batteva sul tavolo.
"Andate via!" disse la ragazza continuando a fissare il vuoto, la bambina si guardava in giro ed era ammaliata dai lampadari di ottone, lampadari d'epoca, torreggianti ad un'altezza di 3 metri. A quanto pare era una specie di sala svago quella, e per le visite di famiglia. Rabbrividii.
"Deve essere avanti nel tempo, questa stanza era completamente spoglia" disse Edward,
"Dite che servirà davvero?" Carlisle mi osservò interrogativo, la coppia continuava a vociare inutilmente con la ragazza,
"Insomma, ricordare tutto ...come potrà aiutarci a trovare i demoni e a salvare Aiden?" in verità pensavo al tormento che avrebbe provato dopo aver vissuto la sua vita in manicomio, non era minimamente immaginabile una cosa del genere, e questo avrebbe portato via un pezzo di lei, non ero sicuro che fosse la cosa giusta da fare.
"Jasper, Aro è convinto che possa risalire molto più indietro, e vedere da dove viene e perché è successo, e non potrà farlo se non ricorda i suoi ultimi momenti da umana, non può capire chi è e cosa può fare senza il passato" una strana luce albergava negli occhi di Carlisle. Spostai lo sguardo sul gruppo al televisore, una sedia strusciò bruscamente contro il marmo, Alice si era alzata di scatto e puntava dritta sulla coppia di coniugi, un'espressione contrita sul volto,
"Alzati Fiona! Via da lì" due infermieri la bloccarono mentre tentò di correre dalla bambina, si divincolò, la madre bloccò con un braccio la bambina sulla poltrona,
"Chi è? Come fa a sapere il suo nome?" disse,
"Che succede?" Il vampiro attraversò lentamente il corridoio guardò Alice e si sostituì ad uno degli infermieri per trattenerla,
"Lasciatemi, non capite, deve spostarsi!" un secondo dopo un tonfo agghiacciante invase la stanza, rivoli di sangue rosso scorrevano sul marmo bianco, le urla della madre quasi foravano i timpani, il lampadario era crollato addosso alla bambina con le trecce, una bambina forse di appena 6 anni. Le donne tutt'intorno si misero a gridare e si dispersero da tutte le parti.
"Nooo!" l'infermiere lasciò Alice che cadde in ginocchio stringendo ancora il camice del dottore, lui smise di respirare e noi facemmo altrettanto, l'odore del sangue era fortissimo, fissò sconvolto Alice poi tutti gli infermieri in zona accorsero e li separarono,
"Che hai fatto ferma!" lui si allontanò di qualche passo, si passò la mano sulla fronte e si ricompose, Alice non emise nessun gemito, immobile si lasciò sballottare da una parte e dall'altra, percepivo il senso di colpa che la divorava,
"No fermi, portatela nella sua stanza, qui, mi occupo io della situazione, Glandis chiama la polizia, è stato un tragico incidente".
Vedemmo le lancette dell'orologio da polso di Carlisle slittare in avanti di qualche ora. Le persone e l'ambiente divenne sfocato, quasi come se fosse in movimento, a poco a poco la stanza si svuotò, scomparve il cadavere e il sangue fu pulito, restava del nastro giallo intorno all'area e il pavimento bagnato. Mi voltai appena udii le nocche marmoree del vampiro che battevano sulla porta di Alice. Lui non attese risposta ed entrò. Era chiaro che fosse un gesto di cortesia dato che lei non poteva aprire dall'interno. Anche noi ci muovemmo all'interno, come delle ombre. Alice non si mosse dalla seggiola corrosa della piccola scrivania, il vampiro, David, era visibilmente scosso.
"Tu puoi davvero vedere il futuro" più che una domanda era una constatazione, gli occhi grigio-azzurri di Alice vagarono sul pavimento e annuì.
"Ma questo è... è incredibile, hai un dono" Alice lo inchiodò con lo sguardo arrabbiata, si alzò dalla sedia e traballante si avvicinò a lui in piedi, a pochi centimetri dal suo viso, il vampiro smise di respirare.
"E' una condanna, non hai idea di cosa comporti vedere" poi le si illuminò il viso,
"Quindi mi credi davvero! Bene aiutami ad uscire da quest'incubo" il vampiro si allontanò da lei,
"Non posso farlo" l'espressione di Alice si congelò,
"Vorrei esserti utile ma, far evadere una paziente ora li insospettirebbe e non posso rischiare che capiscano cosa ..." si fermò a stento, era nervoso, Alice lo rendeva confuso potevo percepirlo, lei si accosciò sul lettino interrogativa,
"Però, posso rendere tutto questo meno..." ci pensò,
"sgradevole" disse mordendosi la lingua, aveva visto l'elettroshock, non aveva fatto nulla, sentii la rabbia montarmi dentro,
"Forse posso aiutarti a controllare la tua capacità, non ne so molto ma mi piacerebbe aiutarti almeno in questo modo" le si avvicinò accostando la sedia di fronte al letto,
"Puoi farle scomparire?" gli chiese implorante e gli appoggiò una mano minuta e pallida sulla manica, lui la guardò negli occhi, non riusciva a distogliere lo sguardo,
"Perché mai?" ritrasse le mani e spostò il viso imbarazzato,
"Puoi conoscere tutto quello che accadrà, hai idea di quanto sia potente il tuo dono, potresti aiutare tantissime persone" la sua voce divenne un sussurro,
"Non posso uscire di qui, cosa dici?" il vampiro deglutii,
"Ho detto che non posso farti scappare ora ma" si alzò e protese le mani per frenare la speranza che dilatava le pupille di Alice,
"Ci vorrà tempo" Alice sospirò ma non riuscii a trattenere un sorriso,
"In ogni caso il prezzo di queste visioni è troppo alto, voglio che scompaiano" fu lui a prenderle la mano questa volta,
"C'è qualcosa di davvero speciale in te, devi accettarlo" lei restò a fissarlo stupita ma prima che potesse dire qualcosa lui era già scomparso richiudendo la porta.
"E' innamorato di lei" dissi sorpreso quando uscimmo anche noi,
"Era" sottolineò Edward, del resto c'era qualcosa in Alice che anche da umana o forse di più per qualsiasi vampiro a renderla speciale, irresistibile.
"Credo che volesse davvero aiutarla ma che James abbia rovinato tutto" aggiunse Carlisle,
"Oppure lui ha perso il controllo e l'ha morsa" dissi io, Edward scosse la testa,
"L'hai detto tu Jasper, se l'amava non le avrebbe mai fatto del male" Guardai Alice dalla piccola finestra vetro.

"Eccoti finalmente" eravamo stati ri-proiettati nello studio del vampiro, la voce vellutata di lui si propagò nella stanza, Alice era appena entrata, indossava questa volta un maglione rosso rintoppato e un pantalone scuro,
"Prepariamo il piano di fuga oggi?" disse lei entusiasta, lui scosse la testa divertito,
"Il mio ci vorrà tempo non alludeva a 4 giorni" lei sedette sulla poltrona verde, sospirò,
"lo so, non prenderai ancora per molto una decisione" lui alzò un sopracciglio curioso.
"Bene, iniziamo a testare cosa puoi fare" gli lanciò alla sprovvista una palla da baseball bucherellata, lo guardò interrogativo,
"Cosa vedi?" lei rise nervosa,
"Non è così che funziona, non va a comando" roteò tra le mani la palla,
"Provaci soltanto" incerta Alice chiuse gli occhi, per 1 minuto buono si paralizzò, schiuse le palpebre delicatamente,
"E?"
"C'era un bambino, lanciava la palla a un uomo anziano, camicia azzurra sbottonata, scarpe sporche di fango, si parlavano, sei molto bravo , la mamma sarà contenta" sconcertata strinse la stoffa della poltrona,
"Beh, esatto, la palla appartiene a Frankly, un bimbetto paffuto goffo nel baseball ho dimesso suo nonno l'altro ieri" annotò qualcosa su un taccuino,
"Questa è più difficile" le porse un nastro blu di seta, Alice lo afferrò colpita, un secondo e fissò contrita il vuoto davanti a sé, un altro secondo e si alzò lasciando che il nastro fluttuasse sulla moquette grigia, una lacrima le solcò la guancia,
"Cosa c'è cosa hai visto?" David le prese per le spalle, lei si divincolò,
"Non voglio più farlo" lui le lasciò spazio e aspettò che si calmasse,
"Wendy, puoi fare qualcosa per lei?"
"Oh, io non credevo che sarebbe successo così presto" non capivamo,
"Ho visto" cominciò Alice senza che lui disse nulla,
"lei felice, su un' altalena in un parco di fronte l'oceano, rideva e poi, poi lei in un letto d'ospedale e aveva una miriade di flebo attaccate ed era calva, qualcuno le teneva la mano e le stava dicendo addio" più lacrime rigarono il suo volto, il vampiro scattò a velocità spiccata verso di lei, non se ne accorse, aveva la vista offuscata, lui l'abbracciò, distrutta Alice si lasciò stringere.
"Mi dispiace, per oggi basta così" lei si ricompose quel tanto per poterlo guardare senza arrossire,
"Non voglio che tu soffra per gli altri, è già dura così" sorrise sbilenco e poggiò una mano sul pomello di ottone,
"Perché sei gentile con me, perché fai questo?" lui non sapeva cosa rispondere, sorrise e alzò le spalle.
Edward cominciò a gemere, la gamba gli pulsava, anche se i nostri corpi non erano realmente lì avvertivo la fitta dolorosa del polpaccio. Ci stavamo di nuovo muovendo, e non era un semplice movimento, di nuovo una luce sfocata e i confini dello spazio dissolversi e la sensazione di stordimento, solo tutto amplificato. Carlisle era chino su Edward piegato su di un ginocchio, io gli poggiavo una mano sulla spalla cercando di tenerlo fermo e di sorreggermi allo stesso tempo.
"Siamo fuori" disse Carlisle alla brezza carica di particelle d'erba appena tagliata. Ma non eravamo fuori, il tutto ricominciava a ricostruirsi, eravamo in una casa, davanti all'ingresso spalancato del portico, una bambina di 7 anni trotterellava verso di noi, sorridente e spedita, aveva tra le mani un mazzo di petunie rosa e indossava della morbida seta bianca. I capelli lunghi e neri le ricadevano sulle spalle, potevo vedere bene i due occhioni grigi screziati di azzurro, un cerchietto rosso evitava che ciuffi scomposti le andassero davanti al viso.
"Sta attenta Alice, potresti inciampare!" Una voce la seguiva da dietro e comparve all'orizzonte, una donna alta e magra cercava di aumentare l'andatura per venirle dietro, ma la piccola era già schizzata all'interno. La guardai rapito e la seguimmo. Portò i fiori ad una poltrona verdastra in un soggiorno spazioso e rivestito di parquet. L'uomo si voltò sentendo i passi ticchettanti sul legno, aveva un aspetto austero, due paia di baffi sottili, uno sguardo penetrante, i capelli impomatati e indossava giacca e cravatta. Afferrò i fiori con la sinistra libera, con l'altra mano reggeva una pipa.
"Per te padre" disse Alice, sorrise timidamente, lui guardò i piccoli petali rosati e incurvò leggermente gli zigomi.
"Ma guarda, il tuo vestito è pieno di terra" commentò alzandosi e squadrandola dalla testa ai piedi, la donna arrivò in quel momento e lanciò al marito un'occhiataccia.
"Falla cambiare" disse ancora più freddo,
"I Nicolson ci aspettano fra mezz'ora" sbuffò due nuvole di fumo e si avviò all'esterno. La bambina fissò il pavimento triste, quando l'uomo si fu allontanato la donna si abbassò a suo livello e le prese il mento tra le dita. Mi avvicinai per osservarla meglio, aveva un taglio corto e lucidi boccoli castani che le incorniciavano il viso, gli occhi di un nocciola caldo e le labbra carnose e rosate, era molto bella ma non aveva alcuna somiglianza con Alice.
"Mamma non ci voglio andare" disse lei in un sussurrò, la madre sospirò e le prese la mano conducendola alla scalinata.
"Edward va tutto bene?" eravamo tutti e tre confusi ed eravamo stati rapiti da quella scena finchè Carlisle parlò, mio fratello si appoggiò al muro,
"Va...meglio" disse, eravamo andati indietro, molto indietro nel tempo e non eravamo più all'ospedale.
"I ricordi non sono lineari, come i pensieri" mi disse Edward, Carlisle ci fece cenno di salire di sopra. Alice era seduta sul lettone di soffice piume e la madre smistava l'armadio per trovare un altro vestito.
"Che ne dici di questo rosso? Col tuo cerchietto è perfetto !" lei era entusiasta e per un attimo una luce speciale attraversò gli occhioni grigi della bambina. Poi però scosse la testa.
"Tesoro, fallo per me, fra qualche ora saremo a casa te lo prometto" le infilò il vestito pur tra rimostranze, era curioso vedere Alice umana, e da piccola, mi sentivo stordito eppure capivo il privilegio che ci era toccato, poter entrare nella mente di qualcuno, la sua, poter viaggiare nel tempo.
"Mamma aspetta" lei stava già infilando il mondo in una piccola pochette dorata, il suo vestito era composto, un tubino beige e dei guanti di velluto, una sottile collana di perle e orecchini,
"Lo zio Al... voglio restare qui" si piantonò a terra a gambe incrociate, la madre sembrò allarmata,
"Cosa dici? Cosa c'entra Al?" lei si mordicchiò nervosa un labbro, la donna si chinò carezzandole la guancia,
"Puoi dirmi tutto Alice..." silenzio,
"Sono ancora le tue visioni vero?" non sembrava sorpresa, né irritata ma solo vivamente preoccupata,
"Ho visto lo zio Al che diventava pallido e blu, ho visto che non riusciva a respirare e papà cercava di aiutarlo, poi tanta paura e grida " Alice si portò entrambe le mani alle orecchie, lei la prese tra le braccia, andrà tutto bene le diceva.
"Basta così!" l'uomo in giacca e cravatta, suo padre, apparve sulla soglia, aveva ancora i fiori stramazzati in mano, li buttò bruscamente sul comodino.
"Jenna non incoraggiarla! Smetti di frignare e va di sotto!" battè una mano sullo stipite della porta, Alice scattò in piedi furiosa e corse giù,
"Robert, perché le fai questo?" alla moglie sfuggì un tremito,
"Sta zitta, è mia figlia, so cosa è meglio per lei, questa storia del futuro deve finire con le buone o con le cattive" lei passò spintonandolo offesa.
Uscimmo tra il verde rugiadoso delle colline del Mississippi, la macchina si allontanò in poco tempo, attendemmo, non accadde nulla però. Una leggera brezza si intensificò e il cielo si offuscò di grigio per un attimo.
"E' cambiato" sembrava approssimarsi il tramonto, dei singhiozzi soffocati giungevano da dietro il giardino, in fretta raggiungemmo l'origine, Alice, la Alice dicianovenne umana era seduta su un sasso eroso dall'acqua, aveva la pelle d'oca i capelli raccolti in una lunga coda nera e piangeva. Qualcuno mi spintonò all'improvviso,
"Jasper attento!" Carlisle mi tirò allarmato, la ragazza apparsa all'improvviso si fermò e si voltò a guardarci stranita, fissava il nulla davanti a sé,
"CI vede?" Edward scosse la testa, dopo qualche secondo tornò a concentrarsi su Alice, indossava una vestaglia azzurrina e i capelli ramati e ondulati erano scossi dal vento,
"Va via Cynthia!" era sua sorella, sgranammo gli occhi, quando Alice aveva visto Cynthia nei suoi ricordi questi ultimi erano bei ricordi, ma non sembrava più così. La ragazza aveva forse 13 anni ma era alta quasi quanto Alice.
"Ti prego, entra, sta per piovere" e in effetti il cielo cominciò a ingrigirsi di nembi sempre di più,
"Lo so" disse lei, Cynthia le andò vicino,
"Voglio aiutarti" le posò una mano sulla spalla, lei si scostò,
"Io dovevo aiutarla" mugolò Alice, scattò in piedi,
"E' stato un incidente non potevi fare nulla" Alice la guardò allontanandosi di qualche passo,
"E' stato nostro padre, non capisci, sta con lei a cena mentre.... Sono passati solo 2 giorni dalla sua morte" le parole di Alice erano cariche di veleno,
"No no, smettila con questa storia, non c'era nessuno con la mamma, nessuno ha visto com'è andata e i poliziotti hanno detto che è stato un incidente!" Alice si passò una mano sulla fronte,
"Io so com'è andata" sussurrò Alice,
"Quando lui sarà qui parlerete e si chiarirà tutto" Cynthia cominciò a lacrimare,
"No sorellina" Alice sciolse la sua corazza e andò ad abbracciarla,
"Non dire niente a nostro padre, me ne occuperò io, dovevo aiutarla, per te, non volevo che perdessi lei, non volevo" Cynthia ricambiò l'abbraccio, la sorella la guardò confusa, i suoi occhioni nocciola erano intimoriti dalla ragazza dai capelli corvini e gli occhi profondi quanto una palude, si sciolse dall'abbraccio, le strinse la mano senza sapere perché, aveva una sensazione strana.
"Va dentro, ti raggiungo" lei così fece ed Alice continuò a fissarla finchè la sua sagoma sparì nel buio.
Carlisle attirò la nostra attenzione sul sibilio della luce al neon che stava andando in corto, di nuovo quelle pareti trasudanti muffa e puzzo di medicine, di nuovo le porte laccate di rosso delle stanze e i numeri incisi in nero, di nuovo l'ospedale. Il dottor David, il vampiro, si mosse speditamente verso la stanza di Alice , si udivano le rotelle metalliche strusciare contro il marmo bianco, la barella vuota aveva appena svoltato l'angolo, titubante entrò nella stanza. Chiuse quasi in modo fulmineo la porta, facendola sbattere, facemmo appena in tempo ad entrare con lui. Alice era stesa sul letto, era pallida e dalla fronte scendevano gocce perlacee di sudore, era incosciente.
"Alice, mi senti?" il medico percepì all'istante che qualcosa non andava,
"Hai la febbre alta" sussurrò, poi le sfiorò con le nocche una guancia, Alice aprì impercettibilmente gli occhi,
"Devi restare sveglia" accanto al letto c'era un catino con dell'acqua e delle pezze sgualcite.
"Wickleman mi aveva detto che la terapia era finita" soffocò un ringhio a stento,
"D- dove mi trovo?" Alice alzò faticosamente la mano sinistra e a tentoni trovò il suo braccio, strinse il camice.
"Sei nella tua stanza, tranquilla non permetterò che ti facciano ancora del male" lei sembrò non resistere più, chiuse gli occhi,
"Hey, hey, resta sveglia, parlami di Cynthia Alice" Alice mugolò qualcosa,
"Chi è Cynthia?" tutti quegli elettroshock le stavano cancellando la memoria e presto l'avrebbero uccisa. Il dottore chiamò due infermiere e le fece restare con Alice, furibondo si scagliò giù dalle scale. Lo seguimmo, con nostro stupore ritrovammo Alice,
"Jasper fermo!" era a terra e il suo corpo grondava sangue, era ferita, intensi boati provenivano da non molto lontano, eravamo nel piano interrato, tubi oblunghi correvano sopra le nostre teste, nessuna porta, solo corridoi a zigzag che si dipartivano da entrambi i lati. C'era una lotta, chiaramente una lotta, volevo aiutare Alice ma non potevo. Dopo qualche minuto i boati cessarono, vi fu un attimo infinito di silenzio totale, poi un fruscio e il vampiro apparve, si fermò di scatto a 2 metri da lei, il viso contrito il respiro serrato, non voleva ucciderla, si chinò su di lei e le sollevò il collo,
"Mi dispiace tanto, non c'è altro modo, non posso lasciarti morire, loro stanno arrivando, devo tentare di fermarli, ma devo salvare anche te" riuscì a darle un bacio appena sfiorato sulle labbra, Alice era semicosciente,
"Ricorda chi sei, Alice" le diede un morso sul collo marmoreo e poi scattò subito all'indietro, Alice perse definitivamente conoscenza. Anche noi ci sentimmo come storditi, una luce abbagliante ci investi tutti, immagini sfocate ci vorticavano intorno, riuscii a cogliere qualche squarcio. DI nuovo suo padre e sua madre, un cesto con un fagotto dentro, un biglietto, l'espressione raggelata dell'uomo, una bambina.

NON SO PIU' CHI SONO (an Alice Cullen's story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora