11. QUATTRO PAROLE

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Mi piace l'odore del mare.

Che poi non so nemmeno se abbia proprio un odore vero e proprio. Però di una cosa sono certa, mi piace venire qui ad ascoltarlo. E mi sembra di essere meno sola. Venire qui mi fa sentire protetta, lontana dalle paure, dai disastri, dall'oblio.

Non importa quanto il mare sia agitato, trasmette dentro di me sempre e solo calma, seppur si tratti di una calma apparente. Apparente perché se il mare sapesse cosa c'è dentro di me e cosa nasconde il mio cuore, probabilmente s'agiterebbe in un solo colpo.

Però non importa, non ci voglio pensare. Accarezzo la sabbia gialla e fine accanto a me e mi sento improvvisamente bruciare. È bollente e tanto morbida.

Scivola via dalle mani e improvvisamente mi sembra di sprofondare, perché non ho idea di quale piega stia prendendo la mia vita, che come sabbia fine e bollente cade dalle mie mani ogni volta che provo ad afferrarla.

Mi sento più o meno come quando sono in compagnia di Tommaso, anche lui brucia dentro di me e scivola via ogni volta che provo ad afferrarlo. Non so mai quanto tempo resterà e se mai tornerò a vederlo.

La prossima volta.

Sono le uniche parole che mi vengono in mente del pomeriggio trascorso ieri in sua compagnia. Ci sarà una prossima volta, e io non vedo l'ora.

- Eccoti, finalmente ti ho trovata!- Carlotta si siede accanto a me sprofondando nella sabbia calda e interrompe tutti i miei pensieri.

A volte la mattina presto, prima di entrare a scuola, mi piace tanto venire qui e di solito la mia migliore amica mi fa compagnia, è il posto in cui ritrovo me stessa quando mi perdo, anche se ultimamente ho paura di perdermi un po' troppo spesso senza trovare più la via.

-Dove sei stata ieri pomeriggio? Ti ho cercato per tutto il giorno...- domanda sorridendo e facendo un grosso sospiro come per assaporare tutta l'aria pulita.

-Sono andata al cimitero a trovare i miei genitori- dico sottovoce. Di solito è una cosa che non riesco a dire ad alta voce e non ho mai capito bene il perché.

-Ci sei andata da sola?- Carlotta mi guarda con pietà, l'emozione che più odio vedere sul volto degli altri. La pietà che contraddistingue le persone quando sanno della mia triste storia.

Quella storia uscita addirittura sui giornali, quella prima pagina: "Scontro auto- camion, muoiono moglie e marito lasciando due figli di 20 e 10 anni".

Annuisco rispondendo alla domanda di Carlotta e continuo a fissare l'orizzonte davanti a me.

-Tu invece, perché mi hai cercato tutto il giorno?- chiedo di rimando.

-Volevo chiederti una cosa di matematica, tranquilla- leggo un velo di tristezza nei suoi occhi, perciò non sono del tutto convinta che la sua risposta corrispondi alla verità.

Riesco a capire quando Carlotta dice una bugia, ci conosciamo praticamente da sempre, e una persona che conosci da sempre riesci a leggerla dentro.

E a differenza mia lei non è per niente capace di dire bugie.

-Sei una pessima bugiarda, lo sai vero?- chiedo sorridendo mentre ci alziamo per camminare verso scuola, poco più avanti.

Lei mi fissa incredula poi però ammette che ho ragione scuotendo la testa.

-È che con tutti i problemi che hai e la tua sofferenza, mi sento così stupida a dirti certe cose.

-Oh, sai che odio essere commiserata. Che ti è successo?- le prendo la mano per farle capire che non deve preoccuparsi di niente, non deve preoccuparsi di me, e che io ci sono per lei esattamente come lei c'è sempre stata per me indipendentemente dai problemi che ci affliggono.

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