13. FIORI DI CILIEGIO

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Alla fine della lezione mi avvicino alla professoressa di scienze impaziente di sapere come è andata la mia interrogazione e con la speranza che si faccia uscire il mio voto. Solitamente non succede mai e non ho mai ben capito perché ai professori piaccia così tanto nasconderci i nostri voti.

-Professoressa, mi scusi...- non finisco di pronunciare la domanda perché la sua mano si alza per interrompermi.

-L'interrogazione è andata bene Camilla, ma sono i tuoi occhi che mi preoccupano- la sua voce dolce mi fa perdere l'equilibrio per un po'.

-Cosa?- cerco di mantenere la tranquillità.

Forse non ho capito bene.

-I tuoi occhi sono diversi, sei sicura che va tutto bene? Per qualsiasi cosa non devi esitare a parlarne con uno di noi professori, noi possiamo aiutarti.

Ripenso per un attimo ad Alberto, alla situazione in cui mi trovavo e in cui mi ero infilata in modo stupido e incosciente senza pensare alle conseguenze.

La verità era che nessuno poteva fare niente per me, è così probabilmente sarebbe stato per molto tempo.

Chi avrebbe potuto aiutarmi?

-Non so di cosa parla, io sto bene e va tutto bene anche a casa- fingo un sorriso a trentadue denti e mi allontano dalla classe senza neanche ascoltare la risposta della professoressa.

Appena fuori tiro un sospiro di sollievo come se avessi trattenuto l'aria nei polmoni per troppo tempo e sento il cuore andare alla velocità della luce. Non so perché.

Cerco di calmarmi ma all'improvviso la voce stridula di Carlotta mi trapana un orecchio.

-Mancano due giorni e io penso di morire letteralmente- poggia la mano sulla mia spalla e mi fissa come se avesse visto un fantasma.

-Non credi di esagerare? – alzo un sopracciglio cercando di capire perché si senta così tanto emozionata, è solo un ragazzo.

-Menomale che sei la mia migliore amica, altrimenti ti odierei con tutta me stessa. Dovresti lasciar cadere quel palo che hai su per il culo e goderti la vita. Hai diciotto anni Cami, la vita è bella.

-Che cosa c'entra? Ho semplicemente detto che stai esagerando, se vuoi farti venire l'ansia fattela venire un'ora prima, non quarantotto ore prima.

-Sai, stamattina mi ha scritto che sta contando le ore che ci separano dal nostro incontro- Carlotta mi guarda incantata come se stesse davvero parlando del principe azzurro di Cenerentola.

-Che romantico, per niente banale- alzo gli occhi al cielo e la mia amica accanto a me sbuffa sonoramente.

-Ci vediamo domani- mi saluta allontanandosi sempre di più e io ricambio il saluto sorridendo.

Il punto è che c'è qualcosa di me che comprende le paranoie e l'emozioni di Carlotta nel dover vedere Aldo, perché una piccola parte di me soffre inverosimilmente nell'angoscia di dover condividere anche solo l'aria di Tommaso.

Non mi era mai capitato di sentirmi così per qualcuno e mi faceva paura. Tanta paura. Guardo l'orologio, segna le 15.54. Solo due ore mi separano da Tommaso, due ore e sarò accanto a lui, a credere di essere importante per qualcuno.

Che stupida.

A casa non c'è nessuno, Gianmarco è a lavoro e anche il frigo è abbastanza vuoto. Mi siedo sul divano impaziente e cerco di far passare il tempo giocando a stupidi giochini sul cellulare. Faccio anche un test per sapere che personaggio sono de "La Casa di Carta" e mi esce "Nairobi": forte ma anche fragile, è il sunto della spiegazione.

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