4. TI PAGO IL DOPPIO

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Da piccola mi chiedevo sempre quanto realmente fossero lontane da noi le stelle, non mi capacitavo di non riuscire ad avere una distanza concreta da poter misurare. Non facevo altro che domandare ai miei genitori cose assurde riguardanti l'universo e loro, anche se svogliatamente, cercavano sempre di rispondere adeguatamente ai quesiti impossibili che ponevo loro.

Una volta mia madre pur di non avermi più nelle orecchie mi diede una palla arancione e mi disse che quella era una stella solidificata. Ora non so se ridere per quello che si era inventata o del fatto che io a sei anni ci avessi creduto.

In questo momento vorrei tanto essere una luminosa stella lontana anni luce da questo momento e dalla mia vita, o magari una di quelle stelline attaccate al muro accanto al mio letto, inermi e prive di emozioni, che si illuminano solo quando fa buio.

Tommaso in piedi davanti a me non dice nemmeno una parola e mi guarda da almeno venti minuti, mi sento in imbarazzo e vorrei che queste ore passassero il più velocemente possibile. Guardo l'orologio sul mio polso, niente da fare. Ne avremo ancora per molto.

-Ora puoi dirmi che cosa ci fai qui una volta per tutte?- sento le guance accaldarsi e vorrei sprofondare la testa nel cuscino e soffocarmi.

-Te l'ho detto, passo del tempo in tua compagnia, funzionano così gli appuntamenti no?- alza un sopracciglio e si appoggia al muro incrociando le braccia.

Mi infastidiscono le sue ripetute e continue domande sugli appuntamenti e su di me, con gli altri è tutto molto più facile, nessuno chiede niente e si fanno gli affari loro.

Ma Tommaso a quanto pare è diverso, non mi ero mai sentita così sofferente in presenza di qualcuno, vorrei solo scappare via ma non posso, una sola cosa negativa e nessuno più mi avrebbe pagato, Alberto lo ripete in continuazione.

-Tu non vuoi fare nulla con me, potresti risparmiare i soldi e impiegare in altre maniere il tuo tempo- la voce mi esce quasi come un sussurro- non so, non hai degli hobby?

Lo sento ridere e quasi mi vien voglia di seguirlo a ruota ma non faccio in tempo che Tommaso si avvicina e con due dita mi alza la faccia costringendomi a guardarlo negli occhi.

Oh madre mia, aiutami.

I suoi occhi sono troppo belli da vicino e mi sento mancare il fiato, quasi quasi non respiro più mentre il suo naso sfiora leggermente il mio.

-Non mi interessano le tue mutandine- sussurra e io sto per svenire.

Letteralmente.

Mi scanso e mi alzo dal letto controllando di nuovo l'orologio. Mezz'ora, mezz'ora e questa tortura sarà finita.

Respira Camilla. Puoi farcela.

-Hai altri appuntamenti dopo di me?- domanda passandosi una mano tra i capelli scompigliati.

Continua il suo fastidioso interrogatorio da detective incallito, uno di quelli che nei film non riescono a risolvere nemmeno un caso eppure si sentono i più bravi del mondo.

Non sei Poirot, vorrei dirgli ma decido di evitare.

Non rispondo subito ma il modo in cui mi fissa mi mette quasi paura per cui per qualche strana ragione mi sento in dovere di dargli una risposta.

-No, devo solo tornare a casa e riposare un po'. Sono stanca.

Vorrei avere anche io la sua stessa sfacciataggine e riempirlo continuamente di domande su domande, sapere di più, cosa fa nella vita, qual è il suo colore preferito, se vive da solo, se ha paura di qualcosa. Domande banali, cose che generalmente non conosco dei miei clienti. Eppure di Tommaso vorrei sapere vita, morte e miracoli.

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