19. UNA FESTA DA INCUBO

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Mi guardo ancora allo specchio, un'altra volta. Il vestitino corto mi scende morbido sulle gambe e mi sento quasi in imbarazzo ad indossarlo. Alberto me l'ha fatto recapitare alla porta qualche ora prima, chiaro segno di doverlo per forza mettere alla festa. Tiro su un paio di sospiri desiderosa di perdere quanto più tempo è possibile per ritardare, per non presentarmi. Farei qualsiasi cosa pur di restare a casa stasera.

All'improvviso anche ascoltare le lamentele di mio fratello mi sembrano più interessanti e divertenti ma non credo di avere un'altra scelta.

Il telefono che vibra sul comodino attira la mia attenzione. Lo prendo e leggo dallo schermo il messaggio di Tommaso.

Tommaso: "Sono stato invitato a una festa da tu sai chi...dimmi che non ci andrai."

Vorrei tanto potergli dire quello che vuole ma purtroppo io a quella festa sto per andarci e la cosa mi tormenta. È la prima volta che capita una cosa del genere da quando faccio parte di questo mondo e ne sono profondamente spaventata, non so cosa mi aspetta, non so chi ci sarà. Decido di non rispondere al messaggio di Tommaso perché non saprei nemmeno che cosa dirgli di preciso, prendo la giacca e la borsa ed esco.

Il luogo in cui si tiene la festa è un vecchio palazzo, molto antico, nel centro della città. È tutto illuminato a festa con tante luci simili a quelle natalizie. C'è un uomo grande e grosso all'entrata che controlla i nomi degli invitati su un foglio bianco, mi avvicino con cautela e quello mi squadra dalla testa ai piedi.

-Nome?- domanda soffermandosi un po' troppo sulle mie gambe.

-Stella- rispondo imbarazzata.

Controlla sui fogli e poi apre il portone gigante dietro di sé facendomi entrare in un lungo corridoio un po' scuro. Alla fine c'è un'altra porta dietro la quale si cela la vera e proprio festa di questa sera. Ci sono tantissime ragazze seminude che girano per il locale abbracciate con uomini diversi. 

Improvvisamente quello che fino a poco tempo fa era stato il mio mondo, la mia zona confortevole ora mi fa venire il voltastomaco. Mi sento incredibilmente fuori luogo con questo mini abito e tutte le gambe scoperte. Mi sento osservata mentre percorro il locale affollato, mi sembra come se tutti stessero guardando me in questo momento. 

Sento il desiderio di voler scappare via a gambe levate, tornare a casa, mettermi un pigiamone e sprofondare sotto le coperte per dormire un'infinità di giorni. 

-Hey bambolina- la voce dietro di me sembra estremamente vomitevole. 

Mi volto mentre sorseggio il primo drink che mi sono trovata davanti. Decido di non rispondere, magari se faccio così questo se ne va. 

E' un uomo non troppo anziano, ma comunque esageratamente più grande di me. Guardandomi in giro mi rendo conto che non c'è nessuno che abbia sommariamente l'età di Tommaso. 

-Io sono Vittorio- mi dice improvvisamente facendomi tornare con i piedi per terra. Si avvicina un po' di più e io indietreggio - sai, sei davvero bella. Mi chiedo come ho fatto a non  accorgermi prima di te. 

So che il mio "lavoro" prevede che io debba stare al suo gioco, provocarlo, e cercare in quale modo di portarmelo a letto prima che lo faccia qualcun altra. Ma il solo pensiero di dover stare con questo Vittorio mi fa venire i crampi allo stomaco. 

Voglio solo andare via.

-Perché non parli?- Vittorio continua a insistere e con un dito mi sfiora i capelli. Non ho più spazio per indietreggiare e sono così costretta a subire il suo tocco sulla mia pelle. 

-Ci sono tante ragazze qui- gli faccio notare, ma il suo sorriso inquietante rimane invariato sul suo volto un po' pallido. 

-Nessuna è bella come te, tu sembri così pura. 

Si, pura un cazzo.

Decido di non rispondere più sperando che prima o poi si arrenda e vada cercare la pagnotta altrove. Ma ciò non accade. 

-Che ne dici di metterci un po' in disparte? - i suoi occhi sono pieni di desiderio. Mi tira per un braccio trascinandomi con sé fino a quelli che credo siano i bagni. 

Intorno a me sento solo tantissime voci offuscate, che si mescolano alla musica. Riesco a distinguere gemiti e urla di piacere. Rabbrividisco. 

-Ora tu devi fare quello che dico- mi mette la mano sul collo guardandomi dritto negli occhi come se fosse uno che non accetta un no come risposta - o dirò ad Alberto che farebbe meglio a prendere provvedimenti con te, Stella giusto? 

Non riesco a pronunciare nessuna parola, la voce mi si è bloccata in gola e vorrei urlare fino a soffocare. Sono sotto ricatto, forse lo sono sempre stata. 

-Dai piccolina, divertiamoci. E' pur sempre una festa!- prima ride e poi mi bacia avidamente il collo. 

-Per te è una festa, per me è un fottuto incubo!- mi faccio forza e lo allontano spingendolo via con le mani. 

Ne pagherò le conseguenze con Alberto, di questo sono sicura. Eppure mentre esco dal bagno non ho alcun dubbio che quello che ho fatto è assolutamente la cosa giusta. Vittorio però esce dal bagno immediatamente dopo di me e  mi segue. 

Mi sento come un topo in trappola, come se non potessi uscire dalla gabbia dorata in cui mi sono chiusa da sola. Non c'è via di uscita. Non c'è via di scampo. 

Proprio mentre sto pensando di essere finita, e sto già immaginando le mani sporche e violente di Vittorio sul mio corpo qualcuno urla dalla porta. 

-Ci sono gli sbirri!- e immediatamente si crea un panico generale, un gran caos dove l'unico obiettivo è quello di non farsi beccare. 

Perché chi cazzo glielo spiega che nel tempo libero una ragazzina come me fa quello che fa? 

Mentre rifletto su tutte quelle persone che stanno correndo per non farsi trovare, per non farsi scoprire, per lasciare inalterata la cornice d'argento di cui sono contornati, mi ritrovo fuori dalla porta sul retro. Non vedo più Vittorio, non vedo più nessuno. Sono tutti scappati via, perché tutti hanno qualcosa da perdere. Tutti, tutti eccetto me. Che sono rimasta immobile, appoggiata al muro, a chiedermi se ho anche io qualcosa da perdere ce l'ho.

Chiudo gli occhi e tiro un sospiro di sollievo. Mi incammino piano verso casa, o forse senza realmente una meta. 

Dove sto andando? In generale, nella vita, dico...

Il telefono vibra nella borsetta, lo prendo e leggo sul display il nome di Tommaso. 

Tommaso: "Stai bene?"

Digito il messaggio 10 volte prima di inviarlo. Scrivo e cancello. Riscrivo e cancello di nuovo. Alla fine decido di scrivergli quello che si aspetta. Una bugia. 

Camilla: "Si. "

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