4. Fiducia

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«Levi, sono tre giorni che non dormi... così non è che l'aiuti».

«Non ci riesco».

«Beviti una camomilla, allora... non puoi stare in queste condizioni. Hai delle occhiaie da spavento, cerca di essere ragionevole».

Il capitano Levi rivolse a Hanji uno sguardo gelido che bastò a zittirla e a farla rintanare nella scomodità della sedia su cui si era accasciata.

Aspettavano da tre giorni che Petra aprisse gli occhi. Il padre e la madre si alternavano nella veglia della figlia, e una volta erano venuti a trovarla anche i tre fratelli minori, così simili a lei: cambiava il colore degli occhi, ma non quello ramato dei capelli, e non il sorriso sbarazzino.

C'era mancato poco che l'aggredisse, la signora Ral. Non appena aveva visto le condizioni pietose della figlia, si era avventata contro di lui coi pugni stretti, insultandolo in ogni modo possibile e immaginabile, finché il marito e il figlio maggiore non l'avevano placata e l'avevano accompagnata fuori.

Il signor Ral da allora si era scusato infinite volte per quell'incidente, ma la verità era che Levi sentiva di meritarsi quegli insulti, benché non l'avessero scalfito in alcun modo: era troppo preoccupato per Petra per badare ad altro che alla sua salute e alla possibilità di vendicare lei e la squadra.

Come quell'uomo riuscisse sempre a sorridergli, poi, era un mistero per Levi. Quando blaterava con ardore di tutte le cose buone che il capitano aveva fatto per la figlia, di quanto lei gli fosse devota, Levi si sentiva più che mai in colpa: il signor Ral si stava impegnando a rassicurare lui, il responsabile delle condizioni della figlia. Non aveva senso. Così Levi aveva compreso da dove derivassero l'altruismo e la gentilezza di Petra.

Quando erano entrati, quella mattina, i due avevano trovato il padre che dormiva sulla sedia accanto al letto e avevano intuito che avesse passato lì la notte. Malgrado il battibecco, poi, non si era svegliato: doveva essere terribilmente stanco e affaticato. Ciò nonostante, rimaneva sempre lì al fianco della figlia, finché la moglie non veniva a dargli il cambio.

«Almeno siediti... la tua gamba...»

«Sta bene» sentenziò Levi, non volendo rinunciare al contatto del muro freddo sulle proprie spalle: lo teneva sveglio.

Hanji si raddrizzò e lo guardò in cagnesco. «Dannazione, Levi, vuoi darmi retta una volta tanto? Smettila di fare i capricci e siediti: non servi a nessuno con la maledetta gamba fuori gioco, quindi fai in modo che guarisca presto!» sbottò lei, seppur in un sussurro, per poi abbandonarsi nuovamente allo schienale, come se quell'accesso d'ira l'avesse esaurita.

Levi tacque. La svitata aveva ragione. Andò dunque a sedersi, ma con l'aria di chi aveva deciso tutto da sé e non per ordine imposto. Aveva bisogno di recuperare le forze quanto prima, per poter tornare in campo ed evitare di perdersi in inutili riflessioni devastanti.

«Capitano, signorina Hanji... siete ancora qui?»

Levi spostò lo sguardo dal viso ferito di Petra a quello stanco del padre e annuì.

«Signor Ral, lei, piuttosto... perché non va in una stanza a riposarsi?» chiese Hanji, sorridendo cordialmente. «Ne abbiamo molte libere, al momento».

«Riuscirò a riposare veramente solo quando si sarà svegliata» replicò lui, accarezzando stancamente la fronte della figlia. «Credo che il capitano capisca cosa intendo».

«Io sono abituato a passare le notti insonni, signor Ral. Lei ha una certa età, ormai, dovrebbe prendersi cura di sé».

«Sei scortese, Levi» lo rimbrottò Hanji.

It Happened Quiet || RivetraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora