5. Paura

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«Sei più andato a trovarla, da ieri mattina?» gli chiese Hanji, mentre sellava i cavalli per sé e per Erwin. Il silenzio di Levi fu una chiara risposta, che la fece sospirare. «Ah, Levi... mi dispiace davvero tanto».

«Tch. Anche se ti dispiace, non cambia la realtà dei fatti» replicò lui. «Vedete di non metterci troppo a trovare quello stronzo. Ho bisogno di fare qualcosa».

«Prenditi cura di lei. Ecco cosa puoi fare, mentre aspetti pazientemente».

«Non sono una balia, né un'infermiera».

«Sei il suo capitano, sei la persona che la conosce meglio di chiunque altro nelle vesti di soldato. Non l'abbandonare ora, non dopo tutti gli sforzi che ha fatto per rimanere viva come le hai chiesto. Ormai ti conosco, Levi. Sei sempre attento nei confronti dei sottoposti e aiuteresti chiunque ne avesse bisogno. Se non si trattasse di Petra, non esiteresti nemmeno un attimo e faresti tutto il possibile. Invece, proprio perché si tratta di lei, hai paura. Mi sbaglio?»

Levi tacque, piuttosto snervato dal modo in cui la Quattrocchi riusciva sempre a mettergli in subbuglio tutti i pensieri.

«So che fa male, ma non avercela con lei» aggiunse lei, posando entrambe le mani sulle sue spalle e guardandolo con severità. «Hai sentito cosa ha detto il dottore. Lì dentro, da qualche parte, c'è ancora la tua Petra. Aiutala a uscire».

«Siamo pronti?» chiese Erwin, non appena si affacciò nelle stalle.

Hanji annuì, lasciando la presa su Levi e lanciandogli un'ultima occhiata allusiva prima di uscire con lui e i cavalli che teneva per le briglie.

«Ti informeremo subito, non appena scopriremo qualcosa» gli disse Erwin, salendo a cavallo. «Tu intanto tieni d'occhio Eren. Sono certo che lo convocheranno alla capitale, dopo questo fallimento. E abbi cura di te, mi servi in forma quanto prima».

Levi annuì, per poi guardare la caposquadra con serietà. «Vedi di spremere bene le tue meningi, Quattrocchi, e non pensare solo alle solite cazzate. Non farmi marcire qui».

«Tu ricorda quello che ti ho detto, Levi» replicò lei, sospirando. «Dico sul serio».

E mentre i due si allontanavano a gran velocità, Levi chiuse gli occhi, maledicendo la condizione d'inerzia cui era stato condannato. Ripensò alle parole di Hanji e schioccò la lingua nel rendersi conto che, per l'ennesima volta, aveva ragione su tutto, proprio come la sera prima della spedizione.

Sospirando si incamminò verso il castello, percorrendo con riluttanza i corridoi che conducevano alla nuova stanza di Petra, al piano terreno. Infine, si fermò sulla soglia, incerto se varcarla o meno, finché non si accorse che Petra stava dormendo.

Beh, forse è meglio così, pensò, mentre con passo leggero, per non svegliarla, le si avvicinava. Delle garze coprivano le sue guance rosee e delle bende fasciavano la sua testa e le sue piccole mani, indurite da anni di combattimenti, ma che lui aveva sempre trovato più morbide e delicate delle sue.

Respirava rantolando leggermente e sollevando a ogni respiro una piccola ciocca della frangia che le era ricaduta vicino al naso; con delicatezza Levi la raccolse e la portò al suo posto. Petra sembrava così serena nel sonno, che Levi non poteva fare a meno di chiedersi se non fosse meglio così, se non fosse meglio per lei dimenticare tutti gli orrori che aveva vissuto... dimenticare quelle parole che gli aveva rivolto nella foresta.

It Happened Quiet || RivetraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora