16. Racconto

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La cena di quella sera fu probabilmente una delle più imbarazzanti cui Petra avesse mai partecipato. Non si era resa conto di quanto la sua famiglia fosse vivace e chiassosa, in una maniera quasi fastidiosa, finché il taciturno capitano Levi non si era seduto alla loro tavola, aprendo bocca solo per mangiare e rispondere a domande troppo spesso inopportune.

La peggiore fu quella di Leo, che, dall'alto della sua rinomata curiosità, abbinata a un'infantile mancanza di tatto, aveva chiesto se Petra e Levi fossero sposati, per poi essere prontamente sgridato da tutti i parenti.

Dopo la cena, l'intera famiglia, intuendo l'ordine implicito dietro gli sguardi omicidi della ragazza, si era ritirata al piano superiore, salutando allegramente i due e lasciandoli soli. La madre, però, prima di andarsene, aveva lanciato al capitano una tacita occhiata minatoria di cui la figlia conosceva perfettamente il significato e che la fece arrossire, esasperata.

«Hai voglia di raccontarmi cos'è successo da quando me ne sono andata?» disse Petra, mentre finiva di preparare il loro consueto tè del dopocena. «O preferisci riposare?»

«No, te ne parlo ora. Ovviamente niente è andato secondo i piani, siamo pur sempre il fottuto Corpo di Ricerca».

Petra sorrise, consapevole della verità dietro quelle parole: non erano mai stati particolarmente fortunati. Dopo che ebbe versato il tè fumante in due tazze ed ebbe tagliato in parti uguali ciò che era rimasto della torta di mele, si concentrò sul resoconto di Levi di tutto quello che era successo da che erano partiti per Stohess, compresi il motivo per cui era rimasto a Trost a badare a un prete del Culto delle Mura, i due scongiurati rapimenti di Eren, il motivo del colpo di stato e della nomina di una nuova regina.

Forse erano state troppe notizie tutte insieme, perché Petra si sentì improvvisamente debole e terribilmente scoraggiata, nonostante molte fossero novità positive. Eppure non poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe affrontato tutto quello senza i suoi fidati compagni. Quei quattro erano sempre stati sintonizzati sullo stesso modo di pensare, di agire. Dove avrebbe trovato dei compagni così? Quando avrebbe potuto ricominciare a fidarsi di qualcuno così profondamente – Levi escluso?

«Non riuscirò mai più a combattere come una volta» rifletté, rendendosi conto solo in un secondo momento di averlo fatto ad alta voce.

«Mh mh, lo so» rispose lui, e sembrò capire perfettamente cosa intendesse la ramata. «Ma non deve essere in negativo. Puoi sempre combattere meglio di quanto tu abbia fatto finora. Tch. Meglio, devi».

Petra ricordò la sensazione di terrore che aveva provato nel momento in cui aveva realizzato che quasi sicuramente sarebbe morta, ricordò l'incapacità di mantenere i nervi saldi e di rimettersi in piedi per fare ciò che doveva. Inutile. Era stata inutile. Ma non lo sarebbe stata più. Avrebbe fatto tesoro di quegli errori madornali che le avevano portato via i suoi amici e sarebbe tornata più forte di prima. O almeno, di questo voleva convincersi.

«Comunque, mi sembra di aver capito che ci sono nuove speranze» disse, cercando di scrollarsi di dosso quel pessimismo che non faceva e non doveva far parte del suo carattere. «Qual è la prossima mossa?»

«Ripareremo il Wall Maria. O meglio, proteggeremo Eren mentre lo farà».

«Povero Eren... quanta responsabilità per una persona sola...» mormorò Petra, pensando a quante ne aveva passate e quante ancora avrebbe dovuto affrontarne, nonostante la tenera età.

«Non guardarlo come un cucciolo. È un moccioso, testardo come un mulo, sì, ma è estremamente determinato e fa tutto quello che sa di dover fare. Non gli viene chiesto nulla che non sia in grado di fare: se non ne è capace, lo diventa».

It Happened Quiet || RivetraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora