14. Casa

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Era quasi buio quando Petra imboccò finalmente la via di casa, stanca e stremata dal suo solito allenamento pomeridiano e dalla matassa inestricabile di pensieri che se ne stava aggrovigliata nella sua mente.

Nonostante stesse vivendo una vita apparentemente serena e normale da un paio di settimane, ormai, non riusciva a non pensare a Levi e chiedersi se stesse bene, se fosse tutto andato secondo i piani. Le mancava, più di quanto avesse immaginato nel momento in cui aveva proposto l'idea del congedo, ma avrebbe aspettato con pazienza di essere abbastanza forte per tornare da lui. In fondo, sperava ancora di riuscire a recuperare i ricordi incatenati nella sua mente, per tornare a essere quella Petra di una volta che solo lui riusciva a vedere in lei.

Giunta a casa, condusse Hasel nel fienile che condivideva con Daisy, la mula che aveva degnamente succeduto Fleury dopo la sua morte – anche lei, però, non era più giovane come una volta. Canticchiando le dolci note di una ninna nanna che la madre le cantava quando era piccola, Petra spogliò Hasel dei finimenti e spazzolò con cura il suo manto color nocciola e la sua criniera bionda. Era una cavalla bellissima e di una dolcezza rara.

«Oggi niente mele, Hasel. Quell'idiota di Bruno le ha portate in bottega e se le è mangiate tutte insieme a Ebert» le disse, accarezzandole il muso con affetto, per poi lasciare a lei e a Daisy una consistente porzione di avena.

«Sorellona!»

Non appena Petra varcò la porta sul retro che collegava la cucina e il fienile, il piccolo Leo le corse incontro, sorridendo allegramente e stringendole la vita con le sue braccia mingherline.

«Ehi, quanto affetto» disse lei, arruffando i capelli ramati del fratellino. «Scusate il ritardo».

«Non dovresti esercitarti così tanto, finirai per farti male di nuovo» la rimproverò la madre, armeggiando intorno ai fornelli in vista della cena.

«Tranquilla, non tocco mai il limite» rispose la figlia, avvicinandosi a lei con il fratello ancora attaccato alla vita e schioccandole un tenero bacio su una guancia. «Oggi chi cena a casa?»

«Tutti quanti. I ragazzi dovrebbero arrivare a momenti».

«Bene. Allora io e Leo apparecchiamo la tavola».

«Oh, uffa» protestò il fratellino, alzando al cielo gli occhi, ambrati come quelli della sorella – una caratteristica che avevano ereditato dal padre, perché la madre aveva delle splendide iridi di un verde brillante che aveva donato solo al secondogenito Bruno e al terzogenito Ebert e di cui Petra aveva conservato solo qualche sfumatura evanescente.

Il signor Ral arrivò poco dopo insieme ai figli; lavoravano nella bottega di falegnameria appartenente alla famiglia Ral da un paio di generazioni. La bravura del padre era ben nota nei dintorni e molti si affidavano a lui per la creazione di mobili semplici, ma ben rifiniti. Aveva insegnato il mestiere anche a Bruno, che era tecnicamente eccellente, e a Ebert, che primeggiava nell'ideazione dei modelli: i due fratelli, nonostante le enormi differenze caratteriali, lavoravano perfettamente in simbiosi.

Petra non ricordava gli anni di servizio nel Corpo di Ricerca, eppure aveva comunque la sensazione di aver passato davvero poco tempo con la sua famiglia, soprattutto con Leo: come le avevano raccontato, il più piccolo aveva solo due anni quando lei era partita per l'addestramento, e da allora l'aveva visto solo nelle rare occasioni dei congedi che aveva ottenuto durante gli anni.

Proprio per questo ascoltava con piacere ogni suo racconto entusiastico sulle avventure con i suoi amici e sulle cose imparate a scuola, quasi a voler recuperare tutto quel tempo perso. A dire il vero, ascoltava chiunque avesse voglia di raccontarle una qualunque cosa su quella vita normale che lei aveva deciso di rifiutare otto anni prima.

It Happened Quiet || RivetraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora