12. Sincerità

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Levi non aspettò che Petra si svegliasse. Poco dopo l'alba, si liberò dal suo caldo abbraccio e si alzò dal letto con una delicatezza volta a non disturbare il suo sonno tranquillo. La guardò per qualche minuto mentre lentamente si richiudeva a riccio in quel letto ormai più vuoto e leggero; poi, dopo averle accarezzato leggermente la testa, uscì dalla stanza, impreparato a gestire la consapevolezza che avrebbero dovuto discutere seriamente di quello che era successo.

Quel giorno, però, le priorità erano altre, e lui lo sapeva bene. Conscio di dover prestare la sua massima attenzione alle notizie che Erwin e Hanji avrebbero portato, Levi passò buona parte della giornata a pulire il castello da cima a fondo, con l'intenzione di smaltire in quel modo i pensieri che gli appesantivano la testa – e che riguardavano soprattutto la situazione complicata con Petra.

Sapeva di farle un torto ignorandola a quel modo, ma, a essere sincero, non aveva la più pallida idea di come affrontare con lei l'argomento, perché nemmeno lui sapeva bene cosa pensare; né aveva il tempo per arrovellarsi su quella questione come avrebbe voluto e dovuto. Forse sarebbe andato da lei una volta finita la riunione con il gruppo che sarebbe arrivato.

E gli ospiti arrivarono insieme alle loro notizie solo di sera, in ritardo. Levi non sapeva chi diavolo fosse Annie Leonhart. Sapeva solo di volerla morta. Anzi, voleva inferirle tanti di quei colpi da lasciarla al suolo agonizzante, abbastanza da farle un male atroce, ma non troppi, per mantenerla viva e cosciente e farle percepire ogni feroce nota del dolore tremendo che si meritava.

Eren, però, non gli apparve tanto convinto quanto lo era lui. Sembrava incredulo e poco incline a pensare male di quella che per lui doveva essere un'amica. E questo era un problema. Un problema che andava risolto al più presto con una bella lavata di capo.

Il piano, comunque, non prevedeva atroci torture – purtroppo. E per quanto immenso fosse il desiderio di vendetta che muoveva l'animo del capitano, la consapevolezza di dover servire un bene superiore lo superava di gran lunga. Gli ci era voluto un po', ma col tempo aveva imparato a classificare le priorità – e catturare Annie Leonhart viva e vegeta era la prima in assoluto.

«Ora andate a riposare. Partiremo dopodomani» disse Erwin, sciogliendo la riunione.

I ragazzini del 104°, Eren compreso, uscirono dalla sala da pranzo, stranamente taciturni e meditabondi per essere degli adolescenti in pieno sviluppo.

«Cosa ti turba, Levi?»

Il capitano alzò lo sguardo dal tavolo, dove giacevano mappe e documenti per il piano ormai arrotolati su se stessi, per poi posarlo sul volto serio del comandante. I suoi occhi azzurri e algidi come il ghiaccio lo scrutavano intensamente, con quel solito piglio analitico da stratega.

«Quale sarà la mia utilità in questo piano, Erwin?» chiese Levi, poggiando un braccio sullo schienale della sedia e fissando a sua volta il superiore. «Non sono in grado di combattere».

«Lo so. Tuttavia, fa sempre comodo averti intorno se le cose si mettono male».

«Tch. E quale probabilità c'è che si mettano male?»

«Un buon sessanta-settanta per cento» rispose Hanji, sorridendo come se avesse appena detto la cosa più divertente di questo mondo – e il capitano capì che la percentuale era anche più alta.

Tacquero per qualche attimo, in cui Levi si sforzò di contenere il forte desiderio di dare uno scapaccione ben assestato alla compagna d'armi; a sollecitare tanta irritazione era quell'indecente e insopportabile entusiasmo che le ravvivava lo sguardo nei momenti e nei contesti meno adatti.

«Come sta Petra Ral?» domandò Erwin, di punto in bianco.

Levi non batté ciglio, benché avesse perfettamente compreso quale fosse la vera richiesta nascosta in quel quesito di facciata – e ne fu infastidito, se non offeso.

It Happened Quiet || RivetraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora