23. Vuoto

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Aprire gli occhi e trovare Petra già sveglia era qualcosa di strano. Nelle ultime settimane Levi aveva fatto sua l'abitudine di osservarla e studiare ogni minimo dettaglio del suo viso e del suo corpo, fino al momento del suo risveglio, seguito dal suo solito sorriso bonario. Eppure quel giorno non fu così. Quando aprì gli occhi, Petra, al suo fianco, stava fissando il soffitto con un'aria assorta che lo inquietò.

«Petra?»

«Oh, sei sveglio» disse, voltandosi e abbandonando quell'espressione pensosa per sorridergli come sempre. «Cominci a dormire tanto, capitano».

«O sei tu a svegliarti troppo presto?» ribatté Levi, ancora sospettoso di quella stranezza.

«Chi lo sa? Forse entrambe» replicò lei, accarezzandogli la linea della mandibola con i polpastrelli, per poi sporgersi su di lui e baciarlo con dolcezza. «Così la smetti di fissarmi, la mattina».

«Tch».

Petra ridacchiò e gli schioccò un altro bacio. «Comunque dico davvero, forse hai raggiunto le quattro ore di sonno».

«È merito tuo. Mi esasperi così tanto che tre ore non mi bastano più».

«Santo cielo, ho sentito bene? Era forse una specie di battuta?» esclamò Petra, poggiandosi sui gomiti per guardarlo in viso con un'espressione sorpresa e divertita nel contempo. «Ti sto proprio rovinando, eh, capitano? Se sarò abbastanza brava, forse un giorno riuscirai a ringraziare e a chiedere le cose "per favore" senza stringere i denti».

«Non credo proprio» replicò lui, alzando gli occhi al cielo.

Petra sorrise e, appoggiata al suo petto, gli accarezzò il viso con dolcezza. «Ma poi che me ne farei di un Levi garbato e mansueto... non saresti più tu. Sarebbe davvero noioso».

Levi la strinse a sé senza dire nulla. Era Petra ad avere sempre la risposta pronta, a parlare quando lui non ne aveva alcuna voglia, a ravvivargli le giornate con la sua parlantina vivace. A lui bastava ascoltarla per sentirsi meglio e a lei bastava un suo qualunque gesto d'affetto per sorridergli con tutto l'amore che provava e che era nettamente ricambiato. Nessuno dei due pretendeva dall'altro la luna.

«Senti, Levi...» disse Petra a un tratto. Levi lanciò un'occhiata fugace al volto posato sul suo petto: di colpo il suo sorriso era scomparso. «C'è una cosa che dovrei dirti...» mormorò, non accennando a guardarlo in viso.

«Tch. Ecco cos'era quella faccia, prima» borbottò lui, passando una mano tra i suoi capelli arruffati. «Ti ascolto».

Dei colpi alla porta, però, li interruppero.

«Ragazzi, sono Hanji».

Levi sbuffò e si alzò dal letto vestendosi alla bell'e meglio, per poi andare alla porta e aprirla con un'aria visibilmente scocciata. La Quattrocchi aveva un tempismo tutto suo.

«Che diavolo vuoi?» sbottò Levi, riservandole un'occhiata truce.

«Scusate, sapete quanto ci tengo a non disturbare la vostra privacy...» disse Hanji, sorridendo imbarazzata.

«Tch. Me ne sono accorto».

«Mi manda Erwin, dice che la regina vuole vederti dopo la colazione per parlarti di quei progetti che avevate in mente».

«E perché sei venuta tu?»

«Credeva che con me vi sareste sentiti meno in imbarazzo... soprattutto Petra. Sempre meglio io che una recluta pettegola qualunque, giusto?»

«Che premurosi che siete» commentò Levi con uno sbuffo. «Bene, ti ringrazio per il messaggio. Ora sparisci».

«Certo, ci vediamo a colazione. Petra, sappi solo che stai facendo un lavoro egregio con lui. "Ti ringrazio"... suona proprio strano detto da te, Levi».

It Happened Quiet || RivetraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora