3. realtà

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-Louis's pov-

Quella sera non riuscivo a dormire, come sempre d'altronde. 

Da quando c'era Harry le mie giornate erano un sacco migliorate, stessa cosa valeva per le sere in cui dormivamo insieme. Le notti che però rimanevo a casa da solo il sonno sembrava non arrivare mai. I ricordi mi scivolavano davanti agli occhi come in un film ed io ero immobile, a guardarli senza poter fare niente.

Iniziai a piangere. Ero stanco, ero davvero tanto stanco.
Guardai la sveglia: "2:33 AM".

Volevo solo dormire e scordarmi di tutto. Mi sforzavo di non pensarci, di pensare a Harry. Cercavo di focalizzarmi sul suo viso, sul suo bellissimo viso, ma ogni volta questo svaniva, sostituito dalle immagini del mio passato...

******

Corsi su per le scale, mi chiusi alle spalle la porta di camera mia e solo allora mi concedetti di piangere; e piansi, piansi talmente tanto da finire le lacrime e da ridurmi a un piccolo essere che singhiozzava inerme sul pavimento. Era successo di nuovo; dovevo aspettarmelo.
Com'era possibile che un ragazzo come Jonathan volesse davvero stare con me. Era assurdo. Io ero una nullità, uno schifo, uno sfigato. Lui invece era popolare, bello, bravo a scuola. Dovevo aspettarmelo, come avrei potuto davvero piacergli?

Mi alzai e andai in bagno per sciacquarmi la faccia e nel mentre mi vidi allo specchio: avevo gli occhi rosso sangue dal pianto e sotto si erano formati due segni altrettanto rossi che non sarebbero andati via tanto presto. I capelli erano un disastro dato che per le scorse 3 ore non avevo fatto altro che torturarli e la mia pelle era più pallida che mai.

*CRASH*

Ora allo specchio non ero da solo, c'erano altre decine di me riflessi nelle sfaccettature del vetro rotto. Mi guardai la mano: avevo le nocche e le dita piene di taglietti e schegge di vetro, ma non mi importava. Mi aveva fatto sentire finalmente un po' meglio. Quel dolore fisico aveva annullato parte di quello psicologico. Mi ero reso conto di preferire il dolore fisico  a quello emotivo; potevo controllarlo, capire esattamente da dove venisse; ma con un cuore spezzato queste cose non le puoi fare.

Mi sciacquai bene la mano e la faccia, raccolsi i vetri sparsi per il bagno e uscii per buttare lo specchio insanguinato. Non volevo che mia madre lo vedesse e si preoccupasse. Le avevo già causato abbastanza problemi essendo ciò che sono...

******

Senza nemmeno accorgermene ero finito in bagno, ero difronte allo specchio.

Guardai la mia immagine riflessa nello specchio: erano passati  quasi due anni ma la situazione non era tanto cambiata; gli occhi rossi dal pianto, la pelle pallida, i capelli torturati dalle mie mani. L'unica differenza era costituita dalla sostituzione dei segni del pianto con delle profonde occhiaie violacee.

Scesi al piano di sotto per bere un bicchier d'acqua nella speranza di poter dimenticare tutto ma non era così facile.

Quella sera i ricordi sembravano non volersene andare; e persistenti continuavano ad arrivare...

******

Mi guardai allo specchio, sempre quel maledettissimo specchio che mi rovinava. Anzi no, ero io a rovinarlo specchiandomici dentro.
Ero orribile; un rifiuto umano. Ero grasso, gobbo, impacciato, BASSO. Ero davvero basso per essere un ragazzo della mia età. 

Odiavo il mio corpo.
Poggiai le mani sui fianchi e le feci scivolare poi sul sedere. Quella non era la forma che avrei dovuto avere. Quelle dannate cadenze femminili non facevano altro che accentuare il mio essere gay. Perché non potevo semplicemente essere uguale agli altri?

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