7. non ce la faccio più

108 13 4
                                    

-Louis's pov-

Non ci capivo più niente. Passavo le giornate coi miei amici e il mio ragazzo, andavamo a scuola e poi ci incontravamo fuori: uscivamo insieme, ci divertivamo; le cose con Harry andavano non bene, di più, lui era davvero fantastico e quando stavo con lui mi sentivo leggero e felice, felice davvero. Ma allora perché cazzo ero seduto per terra a piangere? Cosa non andava in me? Io.

Era da quando eravamo tornati dalla gita in montagna che stavo così; all'inizio era una cosa sopportabile, cercavo di non darci troppo peso, ma col tempo peggiorava sempre di più. Ormai non c'era notte in cui non piangessi, piangevo talmente tanto che finivo le lacrime e rimanevo a singhiozzare e tremare; ero felice, ma appena mettevo piede dentro casa, appena venivo lasciato da solo, era come se mi infilassero un pugnale nel petto: venivo travolto da un'ondata di tristezza che mi divorava. Ero stato tentato più e più volte di ferirmi di nuovo, nella speranza di alleviare un minimo tutto quel male che mi avvolgeva il cuore, ma avevo resistito. Avevo resistito per le persone a cui volevo bene. Così senza nemmeno farci caso avevo smesso di nuovo di mangiare. In quegli ultimi mesi ero tornato a fare tutti i pasti regolarmente e anche qualcosa in più, quando un giorno saltai la cena: in quel momento non avevo davvero fame, ero troppo triste per pensare al cibo, e da lì si è iniziato a ripetere sempre di più.

Ero diventato due persone diverse, quando ero con gli altri, specialmente con Harry, ero sempre felice, di buon umore: scherzavo, ridevo, mangiavo, non pensavo a niente e non fingevo, stavo bene per davvero; non appena rimanevo da solo però mi crollava il mondo addosso, tutta la merda della mia vita mi si metteva sulle spalle e non riuscivo a muovermi, mi immobilizzava nel punto più buio del tunnel, dove ero stato per così tanto tempo, ma non volevo tornarci, non di nuovo, non a me. Avevo sempre più paura che questo mio lato potesse iniziare a prevalere da un momento all'altro, condizionando la mia vita anche quando stavo con le persone che amavo; anche quando stavo col mio Harry.

_____________

Non ce la facevo davvero più, non credevo che sarebbe mai potuto succedere, eppure stava accadendo.

Ormai non riuscivo più ad essere felice davvero, la mia depressione stava crescendo a vista d'occhio, giorno dopo giorno. Adesso passavano anche giorni interi senza che mangiassi, e non nego che a volte mi venisse fame: avevo delle fitte fortissime alla pancia (ormai inesistente) che mi facevano piegare in due dal dolore, ma poi passavano, come tutto. No non come tutto; c'era una una cosa che non passava mai ed era la tristezza: l'odio verso me stesso, la convinzione di non meritare niente e la frustrazione nel fallire di continuo mi perseguitavano, ogni giorno più persistenti. Sentivo le voci di tutte quelle persone che mi avevano bullizzato o che avevano abusato di me che mi ricordavano quanto facessi schifo, quanto fossi inutile. Ormai anche quando stavo coi miei amici non riuscivo più ad essere vero, a dare il meglio di me. Stavo lentamente sprofondando in silenzio e da solo: non avrei mai permesso a qualcun altro (specialmente ai ragazzi) di sapere quanto io soffrissi; non volevo che si preoccupassero per me, stessero in pensiero, non volevo vederli soffrire a causa mia. Così mi sforzavo di sorridere alle battute, di ridere agli scherzi e farne a mia volta.

Gli unici momenti in cui riuscivo ad essere ancora davvero felice era quando stavo con Harry: quel ragazzo, il mio ragazzo, era l'unico capace di farmi uscire da quel tunnel di infinita tristezza; con le sue carezze, i suoi sguardi, i suoi baci, quando era con me e mi stringeva a se mi sentivo bene. Peccato che non potessimo stare sempre insieme, voglio dire, se glielo avessi detto probabilmente lui sarebbe rimasto con me 24 ore su 24 ma assolutamente non volevo dirglielo. Non volevo che mi guardasse con pena, che si preoccupasse per me, per quello che avrei potuto fare.

Avevo sentito dire che la depressione ti rovina la vita, ti toglie tutto quello che hai e ti lascia vuoto, talmente vuoto che non hai più ragioni per restare in vita, e all'inizio ci avevo creduto per metà: i primi anni mi aveva rovinato la vita, mi aveva consumato, ma non mi aveva tolto niente perché non avevo niente che potesse venirmi tolto. Ma adesso tutto era diverso: adesso avevo Harry e ogni giorno rischiavo di perderlo, rischiavo che anche lui, l'unico raggio di sole che illuminava il mio tunnel, sbiadisse come il resto del mondo. Ero spaventato per me stesso, per quello che mi stava succedendo e per cosa sarebbe potuto succedere, ma queste preoccupazioni non erano niente in confronto alla paura di perdere Harry; di non riuscire più a donargli tutto il mio amore ogni volta nonostante fosse l'unica cosa che avrei voluto.

Caddi in ginocchio e con la mente offuscata da questi pensieri iniziai a piangere, e piansi, piansi tantissimo. Ero da solo in casa, completamente solo, così oltre a piangere urlai, urlai così tanto e per tutto: urlai per il dolore, per la fame, per l'odio verso me stesso; urlai per la tristezza che avevo dentro e per la paura; urlai forte perché speravo di far uscire anche un po' di dolore, ma la verità (e lo sapevo) era che non se ne sarebbe andato, che nulla sarebbe cambiato. Così urlai più forte, fino a sentire la gola farmi male. A quel punto smisi e mi guardai allo specchio. Guardai dentro a quegli occhi rossi che avevo davanti e nei quali vidi quelli di tutte le persone a me care che mi imploravano di non perdere la testa e di non fare cavolate. Così distolsi lo sguardo e mi alzai.

___________

Mentre camminavo per il corridoio ero come in trans, non sapevo esattamente quello che stavo facendo, ero come guidato da un istinto, i miei piedi conoscevano già la strada e mi stavano guidando, trascinando verso quello che credevo non avrei più fatto. Aprii la porta del bagno senza poi nemmeno richiuderla; afferrai la maniglia del cassetto e lentamente lo feci scivolare in avanti scrutando ogni oggetto al suo interno, pur sapendo fin troppo bene cosa e dove cercare. Con mano tremante afferrai la lametta e senza nemmeno pensarci la feci scivolare sulla pelle. Mentre mi segnavo piangevo, tanto: non credevo lo avrei di nuovo fatto, sentivo il bruciore e allo stesso tempo il sollievo; quel gesto rievocò alla mia mente tutti i ricordi del passato, tutte le volte che lo avevo fatto per sentirmi meglio. Lanciai il rasoio lontano da me e col braccio ancora sanguinante caddi a terra singhiozzando: avevo la testa piena di pensieri, di voci, di ricordi; stavo soffocando nelle mie stesse lacrime, stavo annegando nel mio stesso dolore.

Ero talmente sopraffatto da quello che mi stava succedendo che non sentii nemmeno la porta aprirsi, non percepii i passi sulle scale, non captai la voce che mi chiamava, non mi accorsi di quando una figura si fermò sulla soglia del bagno. Per questo quando sentii due mani prendermi il volto tra le mani rimasi completamente sconvolto, per questo quando vidi il volto del mio ragazzo a pochi centimetri dal mio che mi diceva di calmarmi non seppi che fare; così feci l'unica cosa in cui ero sempre stato bravo, con cui sapevo avrei trovato la pace: così lo guardai negli occhi.

In quegli occhi dilatati dalla paura lessi tanta preoccupazione; vidi tutto quello che non avrei mai voluto accadesse, vidi il mio Hazza spaventato, lo vidi preoccupato per me.

Ci ero riuscito, ero riuscito a rovinare anche la cosa migliore della mia vita.

____________

-Harry's pov-

Tenevo tra le mani la faccia del mio ragazzo che continuava a piangere, e grosse lacrime continuavano a rigargli le guance per poi andare a bagnare le mie mani. Con la coda dell'occhio vedevo il rasoio buttato a terra e il suo braccio sanguinate; la bellissima pelle del mio bellissimo Lou era incisa da tagli e macchiata da chiazze rosse. Non vedevo bene quanto fossero profondi o quanti fossero, perché a pochi centimetri dai miei c'erano gli occhi del ragazzo della mia vita: erano bagnati, quasi completamente rossi e le sue stupende iridi già chiare erano di un color ghiaccio quasi bianco. Leggevo nel suo sguardo la disperazione, il dolore, la tristezza; e nel frattempo potevo percepire la sua paura, paura per me, sentivo che voleva scusarsi, attraverso quello sguardo voleva scusarsi con me.

Non persi altro tempo e lo baciai, avvicinai le mie labbra alle sue e attraverso quel bacio salato cercai di infondergli tutto il mio supporto, tutto il mio amore.

Mi staccai da lui e lo strinsi forte al mio petto: lo sentivo tremare e singhiozzare, lo sentivo stringermi a lui, farsi sempre più piccolo in modo che potessi avvolgerlo ancora di più. Rimasi in quella posizione finché non lo sentii calmarsi completamente; a quel punto lo feci alzare e lo misi a letto senza fargli domande; sapevo che avrebbe dovuto spiegarmi tutto ma in quel momento l'unica cosa di cui aveva bisogno era che gli stessi accanto, che lo supportassi senza diventare un ulteriore peso.

Chiamai Jay e le dissi che sarei rimasto io con Lou quella sera e dopodiché mi infilai a letto al suo fianco. Nonostante fosse sempre stato il contrario mi avvicinai col petto alla sua schiena e lo abbracciai, lo strinsi forte e gli iniziai ad accarezzargli i capelli. Solo quando fui sicuro che si fosse addormentato mi concedetti di rilassarmi; gli presi le mani, infilai la testa nell'incavo del suo collo e lentamente mi addormentai...

Save MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora