8. Il giorno dopo

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-Louis's pov-

Aprii lentamente gli occhi sbattendo ripetutamente le palpebre per abituarmi alla luce: mi faceva male la testa e non mi ricordavo quasi niente della sera precedente. Mi rigirai nervosamente nel letto ma nel momento in cui misi il peso sul braccio sinistro sentii una scarica di dolore attraversarmelo, così mi misi a sedere di slancio ed alzai il braccio per capire il perché di quel male improvviso. Quando ne vidi la causa  rimasi paralizzato e per un momento credetti di star sognando: non potevo averlo fatto, non di nuovo, non sul serio. D'un tratto i ricordi del giorno prima si affollarono persistenti nella mia testa, uno dopo l'altro: il pianto, la ricaduta, Harry che arriva, mi tranquillizza e mi mette a letto. Harry.

Nel momento stesso la porta si spalancò ed il mio ragazzo si affacciò lentamente, credendomi ancora addormentato. Non appena mi vide seduto e si fu quindi accertato del fatto che fossi sveglio, si incamminò verso il letto e si sedette accanto a me sul materasso. Subito  abbassai il braccio nonostante fosse palese che lui li avesse già visti, e mentre si sistemava cercai di pensare a cosa dire.

"Allora... vuoi parlarne?"- la verità era che no, non avrei voluto; non avrei voluto scaricare il mio peso su qualcun altro ma ormai che importanza aveva? Sapeva già tutto, lo aveva visto con i suoi stessi occhi. Aprii la bocca con l'intento di parlare ma non riuscii a dire niente: non avevo la più pallida idea di cosa dire, da dove iniziare, se essere completamente sincero o cercare di salvare il salvabile.
"Lou, amore, parlami ti prego. Non ti giudicherò, non dirò niente se vuoi ma ti prego parlami. Ti prego boo"- mentre pronunciava questa parole era quasi in lacrime. Aveva la voce rotta e gli occhi lucidi; occhi nei quali leggevo tutto il dolore e la preoccupazione che IO gli causavo. Non potevo vedere il mio Hazza triste.

"È iniziato tutto anni fa. Da quando c'eri tu andava meglio, andava meglio te lo giuro. Ma poi è tornata, come un boomerang è tornata nella mia vita e io non la voglio: io voglio sorridere e scherzare con te, con i ragazzi. Si è intrufolata di nuovo nella mia vita senza che me ne accorgessi, senza un motivo preciso perché questa volta ero felice, felice per davvero. È iniziato tutto anni fa, il giorno del mio coming out. Ero felice prima..."

**********

Scesi di corsa le scale non appena sentii mia madre chiamarmi, ero emozionato più che mai, avevo deciso che quella sera avrei detto a tutti la verità su di me; finalmente avrei fatto coming out con la mia famiglia.
Se solo avessi saputo come sarebbero finite le cose...

Mi sedetti a tavola al mio solito posto e come sempre mangiai tutte le squisitezze che mia madre aveva preparato; finché, una volta arrivati al momento della frutta non mi diedi coraggio:
"Mamma, papà, ragazze, devo dirvi una cosa, una cosa abbastanza importante."
"Certo amore dicci tutto"- disse mia madre entusiasta.
"Beh ecco, ho pensato molto a questo discorso, finché non ho capito che non c'è un modo semplice o delicato per dirlo. Quindi beh, ecco, quello che volevo dirvi è che beh, io, si ecco io uhm, io sono gay. Mi piacciono i ragazzi."- dissi l'ultima frase praticamente sussurrando: avevo detto tutto d'un fiato e se prima avevo trovato il coraggio per espormi completamente, adesso tremavo come una foglia e all'improvviso iniziai a trovare la mela sul mio piatto particolarmente interessante.

Ci fu qualche minuto di silenzio (che a me sembrarono ore) e la prima a rompere il silenzio fu mia sorella Lottie "ok e quindi? Solo questo, hai finito?"- Lottie aveva solo 10 anni e non credo comprendesse davvero ciò che stava succedendo, fatto sta che quel commento servì a sciogliere un po' l'atmosfera e portare mia madre a rispondere a sua volta:
"Beh tesoro è una cosa un po' strana da metabolizzare, e non ti nascondo che mi ci vorrà un po' prima di abituarmici, ma se sei felice tu lo sono anche io amore. Dai fatti abbracciare su"- e dicendo questo si alzò e mi venne a stringere tra le sue braccia. Era tutto perfetto, era andato tutto così bene. Non mi sembrava vero.
E infatti non lo era.
All'improvviso sentimmo un rumore fortissimo provenire dal lato opposto del tavolo e facemmo giusto in tempo a girarci per vedere mio padre alzarsi di scatto dalla sedia e iniziare ad urlare:
"Ma si può sapere cosa vi prende a tutti?! Abbracci?? Baci?? BOTTE!! Ecco cosa meriterebbe questo frocio di merda!! Cazzo non ci posso credere Louis. Un figlio stupido, brutto e pure finocchio mi è toccato! Sei una delusione, una delusione CAZZO!!"- quelle parole gli uscirono così spontanee dalla bocca, mi traumatizzarono talmente tanto che rimasi come incosciente a ciò che successe negli istanti successivi.

A passi veloci mio padre attraversò la piccola cucina e si avvicinò sempre di più a me finché non arrivò a qualche centimetro di distanza.
Uno schiocco. Non sentii quasi male quando la sua possente mano si scontrò vigorosa con la mia guancia inerme. Quello che sentii bene fu, però, il grido spaventato di mia madre alla vista di quel gesto così cruento. A lui non sembrò interessare gran che perché mi afferrò per il per il collo e mi sbatté al muro. Mentre ero appeso alla sua mano, i piedi sollevati da terra e la gola schiacciata dalla presa fin troppo forte, mi ringhiò a due centimetri di distanza: "Fai schifo lo sai? Mi fai davvero schifo, le persone come te dovrebbero morire, siete una razza vergognosa tu e i tuoi amici succhiacazzo. Credevi forse che avresti ricevuto amore e affetto? Beh scordatelo. Te lo giuro che farò in modo di punirti fino a quando potrò, fino a quando non ti deciderai a cambiare idea a fare il figlio normale."- finalmente mi lasciò andare e io mi accasciai inerme sul pavimento portandomi una mano alla gola nel vano tentativo di respirare più aria. Sentivo ancora la presa sul collo, dove il giorno dopo sarebbero comparsi non pochi lividi e non tanto facili da nascondere.

"Cosa cazzo dirò ai miei amici, ai miei colleghi. Un cazzo di figlio frocio, MEGLIO MALATO CHE FINOCCHIO CAZZO!"- mentre mio padre camminava avanti e indietro per tutta la stanza mi guardai intorno: mia madre aveva fatto andare a letto le mie sorelle e adesso era appoggiata alla colonna a piangere, non l'avevo mai vista piangere tanto. Si avvicinò lentamente a mio padre, sempre singhiozzando.
"Si può sapere che cosa ti prende? È tuo figlio porca miseria, cosa ti salta in mente? Che cosa diavolo ti sta succedendo, cal-"
"Zitta prima che meni anche te!"- urlò lui alzando una mano in aria, facendo indietreggiare mia madre -"Davvero non capisci? È una disgrazia Johanna, UNA DISGRAZIA! Rovinerà per sempre la tua e la mia reputazione; d'ora in poi saremo etichettati come i genitori di quello frocio. Cosa abbiamo fatto di male per meritarcelo... dove ho sbagliato cristo!"

Non sentii più nient'altro perché corsi in camera mia e mi chiusi dentro. Inizialmente sentii per qualche minuto mio padre tentare di entrare ma dopo un po' si rassegnò. Quando finalmente non sentii più alcun rumore, solo allora mi concessi di metabolizzare ciò che era appena successo, e allora scoppiai a piangere e piansi per tutta la notte, senza interruzione. Era tutto un casino, era tutto una merda, IO ero una merda, mio padre aveva ragione: facevo schifo, non mi meritavo di vivere. Ero una delusione, una delusione per lui, per mia madre, per la famiglia; ero la rovina dei Tomlinson.

********

"Lou... amore mi-mi dispiace così tanto, io non ne avevo idea"- disse Harry mentre, con le lacrime agli occhi, mi stringeva in un abbraccio. Ero rimasto impassibile tutto il tempo: quei ricordi mi avevano rotto, rotto dentro, ma ormai c'era rimasto così poco da distruggere; ero formato interamente da pezzi separati e non sapevo se sarei mai riuscito a rimetterli insieme.

Però in quel momento, nell'abbraccio di Harry, tra le braccia del mio ragazzo, del ragazzo che mi amava per quello che ero; a quel punto mi concessi di piangere: giusto un pochino, qualche lacrima, e strinsi forte le mani della ragione della mia felicità.

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