Cap. 14

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 Dal termine dell'orario di visita, Wendy era rimasta sola in quella stanza d'ospedale. Dawon e lo sconosciuto ragazzo della sparatoria giacevano ancora privi di sensi sulle rispettive barelle. Il silenzio assoluto era interrotto solo dal rumore intermittente dei macchinari che riportavano sui monitor le funzioni vitali dei due pazienti. Wendy si alzò dalla sedia, lasciandola accanto al letto di Dawon, e si affacciò alla finestra. Il sole era calato quasi del tutto e la stanza era illuminata a malapena dalla luce arancione del sole, che si rifletteva sugli edifici e sulle auto nel parcheggio della clinica. Tutta quella quiete la angosciava e le impediva di mettere un freno al flusso dei propri pensieri. Si rese conto che aveva iniziato a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza. E se Dawon non si fosse più risvegliato? No, non c'era nemmeno da pensarlo. La sua ferita era una cosa di poco conto, non era certo mortale e lei lo sapeva bene. Cinque anni di servizio come agente erano stati sufficienti per vederne di ogni. Eppure, non riusciva a darsi pace. Come poteva essere successo?
Ripercorse con la mente ogni istante della sparatoria. Quel gruppo di ragazzi che aveva tutta l'aria di essere composto da due bande di quartiere in lotta tra loro. Gli attacchi verbali volavano nell'aria già da prima che i due voltassero l'angolo, tutto lasciava pensare che la rissa fosse in corso da un po', ma non c'era nessun ferito. La cosa aveva poco senso. Una rissa con coltelli e armi da fuoco in cui nessuno spara e nessuno viene colpito da una lama affilata? Non aveva per nulla senso! C'erano troppe cose che non le tornavano. Quei ragazzi si erano accorti subito della loro presenza, appena avevano svoltato l'angolo, come se li stessero aspettando. Erano appena all'inizio della via quando alcuni di loro avevano iniziato a sparare colpi intimidatori verso lei e Dawon. In quello stesso momento avevano perso le tracce del sospettato Kang TaeYoo. Eppure lo stavano seguendo a una distanza abbastanza ravvicinata. Lo avevano visto chiaramente svoltare in quella via e lo avrebbero raggiunto appena qualche secondo dopo se non fosse sparito nel nulla. Probabilmente era entrato in qualche bar nelle vicinanze, ma allora perché a lui non avevano sparato? Era passato davanti agli occhi di quei teppistelli da quattro soldi senza essere degnato nemmeno di uno sguardo. O era stato ignorato di proposito?
Wendy, dopo essere stata attaccata, ricordava di aver urlato "Cosa state facendo?!" e di aver puntato la pistola contro i ragazzi per poi correre dietro a un riparo. Forse era stato questo a far rivolgere le loro armi contro Dawon? Temevano che anche lui avesse una pistola? Il senso di colpa la pervase ancora una volta. Poi le tornò in mente che, quando lei era uscita di nuovo allo scoperto e aveva aperto il fuoco, colpendo il ragazzo ora ricoverato in quella stessa stanza, loro non le avevano sparato. Certo, la sua reazione era stata imprevista e tempestiva, ma avrebbero benissimo potuto contrattaccare, spavaldi com'erano. Invece no, erano fuggiti. Forse non si aspettavano questo capovolgimento della situazione. Già, perché sicuramente qualcosa, anche se diverso, se lo aspettavano. Più ci pensava, più ne era convinta. Quei ragazzi erano stati mandati da qualcuno e non avevano previsto che lei sarebbe stata armata. L'unico che poteva darle delle risposte era il ragazzo che aveva colpito alla gamba. Un po' di pazienza e l'indomani, quando si sarebbe risvegliato, lei e Iris gli avrebbero fatto alcune domande.
La conclusione a cui era arrivata aveva placato almeno in parte le sue preoccupazioni. In quel momento il suo stomaco brontolò, ricordandole che l'orario di cena era passato da un pezzo. Guardò di nuovo fuori dalla finestra, si era fatto buio. Per sicurezza decise di non allontanarsi troppo e prendere qualcosa alle macchinette dell'ospedale. Mangiò in fretta la cena e tornò a sedersi accanto a Dawon, finendo per addormentarsi, esausta, con la testa appoggiata alle braccia incrociate sul bordo della barella.

La nottata sembrava procedere tranquillamente, ma, verso le tre di mattina, qualcuno entrò nella camera d'ospedale. Con passo cauto e leggero raggiunse il letto del ragazzo della sparatoria, che era il più vicino alla porta. Frugò nella tasca del suo camice bianco, causando un leggero fruscio, e ne estrasse una siringa e una provetta contenente del liquido. Aiutando la vista soltanto con la debole luce dei macchinari, riempì la siringa, eliminò l'aria in eccesso e iniettò il liquido nella flebo. A operazione conclusa, controllò che l'ago attaccato all'altra estremità del sacchetto di plastica fosse ben inserito nel braccio della vittima e rivolse lo sguardo verso Dawon. Appena si accorse della presenza di una terza persona il suo cuore mancò un battito. Al suo arrivo nella stanza, il sonno leggero di Wendy era stato interrotto e ora la ragazza, ancora non del tutto vigile, lo stava fissando da oltre il letto di Dawon.

Improvvisamente, Wendy sentì qualcosa di molto simile a una scossa percorrerle la testa da un lato all'altro. Il suo intuito le stava segnalando un pericolo, c'erano una serie di dettagli fuori posto. Oltre all'orario inusuale, l'uomo che aveva di fronte sembrava un medico, ma stava facendo qualcosa di strano e il suo volto era coperto da una mascherina bianca.
«Ehi! Chi sei? Che ci fai qui?» disse, alzandosi di scatto dalla sedia, pronta a inseguirlo. L'individuo sconosciuto si voltò di scatto e corse fuori dalla stanza. Wendy tentò di raggiungerlo, ma inciampò su un basso sgabello abbandonato in mezzo alla camera e cadde rovinosamente a terra. «Ahi! Accidenti!» La ragazza si rialzò per correre ad avvertire la sicurezza, ma non fece in tempo a lasciare la stanza che il macchinario a cui era attaccato il ragazzo della sparatoria iniziò a emettere un rumore acuto e continuo. Stava andando in arresto cardiaco.
Wendy si voltò a guardarlo con aria confusa «C-cosa?» Senza perdere tempo corse a chiamare gli infermieri.
«Cosa succede? Signorina, tutto a posto?»
«Non lo so, un medico ha toccato qualcosa e all'improvviso il sensore si è messo a suonare!» spiegò in modo confuso, indicando il ragazzo della sparatoria.
«Un medico? Strano, eravamo tutti nella sala del personale fino a poco fa.»
«Presto! Sta andando in arresto cardiaco!» urlò un altro infermiere, entrando nella stanza con un defibrillatore. «Dobbiamo rianimarlo!»
Non c'era tempo per le spiegazioni. I due infermieri provarono con una, due, tre scosse, ma non ci fu nulla da fare. Il segnale vitale si interruppe.
«Ora del decesso: tre e quindici.»
«Ora sarà ancora più difficile identificarlo.» osservò l'infermiera «Nessuno lo ha cercato finora. Possiamo solo portarlo in obitorio per un'autopsia.»
Poco dopo li raggiunse anche il medico di turno quella notte, il quale accertò il decesso del ragazzo prima che lo portassero via. Poi visitò Dawon, constatando che era a posto. Per un tempo che le sembrò infinito, Wendy rimase abbracciata a Dawon, sconvolta e terribilmente preoccupata che potesse succedere qualcosa anche a lui. L'adrenalina accumulata la teneva ben sveglia e, ragionando lucidamente su quello che era successo, si rese conto che non poteva trattarsi di una coincidenza. Qualcuno aveva volontariamente tolto di mezzo quel ragazzino e se non si fosse svegliata in tempo anche Dawon avrebbe fatto la stessa fine. Nella peggiore delle ipotesi quell'ignoto individuo vestito da dottore avrebbe ucciso nel sonno anche lei.
Passata la paura del momento, Wendy decise di mandare un messaggio a Iris per avvertirla di ciò che era successo e chiederle di controllare le telecamere dell'ospedale. L'amica, sentendo il telefono squillare, si svegliò di soprassalto. Quando lo prese in mano si rese conto che non si trattava di una chiamata. Inserì il codice di sblocco, lesse il messaggio di Wendy e la chiamò immediatamente.
«Ciao, ho visto il tuo messaggio. Domani cercherò di controllare le telecamere. Tu e Dawon state bene?»
«Sì tutto bene. Scusa se ti ho svegliata, ma è così strano... credo sia tutto collegato, ma non capisco se sono professionisti o no, e perché vogliano uccidere Dawon e il ragazzo della sparatoria. Qualcosa non torna.»
«Se c'è modo, chiuditi in camera fino a domattina. È pericoloso restare sola... Pensi sia meglio tenerlo nascosto agli altri?»
«Sì, non dirlo a Taeoh... potrebbe esserci sotto qualcosa di grosso. E non parlarne neanche a Lizzy. Non sarebbe comunque di aiuto.»
«Ok, scopriranno del decesso una volta arrivati in ospedale. Penseremo domani a come gestire la situazione.» concluse Iris, riferendosi al fatto che con tutta probabilità qualcuno aveva tentato volontariamente di uccidere Dawon, credendolo in qualche modo connesso alle agenti, e che di conseguenza anche Taeoh e gli altri erano in pericolo.
«Va bene. Buona notte.»
«Notte.»




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