Capitolo 11

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«Aryaa!»

Sento ancora la voce di Gabriele che mi chiama ma ovviamente mi rifiuto di girarmi, so che il mio primo giorno ma oggi non ho proprio voglia di continuare le lezioni quindi finita la ricreazione prendo la mia borsa dall'aula e proprio mentre sto per uscire vengo afferrata per un polso.

Merda che dolore!

È Gabriele, tiene il mio polso stretto nella sua mano e mi sta facendo un male cane anche se non sta applicando nessuna forza.

«Lasciami!» dico senza nemmeno guardarlo negli occhi.

La sua presa si fa più salda e mi trascina nel parcheggio della scuola, apre lo sportello della sua macchina e mi costringe a salire. Sono troppo presa dal dolore al polso per uscire dalla macchina tanto mi prenderebbe di nuovo e mi farebbe ancora più maschio.

Senza dire niente si mette in moto ed esce dal parcheggio.

«Beh, si può sapere che vuoi?» chiedo in tono freddo.

«Piantala di fare la bambina non hai cinque anni.» risponde.

Davvero si sta mettendo sulla difensiva?

«Non faccio la bambina e ora dimmi che vuoi!» dico alzando il tono di voce, lui volta il capo verso di me in modo serio; è impassibile, e se devo essere sincera mi fa un po' paura ma non voglio dargliela vinta.

«Allora?» dico per la terza volta, lui continua a non rispondere e si limita a guidare. Questo ragazzo mi da i nervi.

Restiamo in silenzio per tutto il tempo del tragitto, non so nemmeno dove stiamo andando e non mi importa, voglio solo stare lontana da lui.

Dopo circa venti minuti arriviamo a destinazione, mi ha portata in spiaggia. È molto distante da casa nostra.

Scende dalla macchina e lo imito, sta volta se non parla lo ammazzo! Iniziamo a camminare sulla spiaggia arrivando alla riva.

«Si può sapere che cazzo di problema hai? Perché mi hai iscritta a quel fottuto club, lo sai che non faccio più ginnastica!» dico.

Lui non guarda me ma il mare.

«Arya, fammi vedere le mani?» dice serio.

Faccio finta di non aver capito. «Cosa?»

«Le mani Arya, fammi vedere le tue cazzo di mani!» questa volta il suo tono e duro, talmente tanto che ho paura. Faccio come dice e gli mostro le mie mani con il palmo rivolto verso il basso, lui le afferra dai polsi per girarle e istintivamente faccio una smorfia di dolore.

Gabriele toglie abilmente i bracciali e tira su le maniche della camicia. Il suo sguardo è vuoto, non so che dire e istintivamente ritraggo le braccia ma lui è attento e le riafferra prima che possa metterle lungo i fianchi.

«Ahia!» esclamo per il dolore della sua stretta.

«Che cazzo sono questi!» grida. «Arya, sei impazzita per caso?»

Non riesco a guardarlo negli occhi, rischio di piangere e non voglio così mi limito a guardare le mie converse.

«Arya! Cazzo guardami!» dice mettendomi una mano sotto al mento per costringermi a guardarlo.

«Perché?» chiede ma non rispondo. Sento le guance inumidirsi, non so che dirgli.

«Arya, sto per perdere la pazienza. Dimmi perché!» grida l'ultima parte della frase facendomi sussultare.

«Io..» inizio a dire ma la mia voce si blocca. Mi libero dalla sua presa e inizio a correre verso la macchina, non posso dirglielo, non capirebbe.

Non faccio in tempo a raggiungere metà tragitto che una mano mi afferra per la vita e mi costringe a fermarmi, la presa di Gabriele è salda su di me, mette il viso tra l'incavo del mio collo e sussurra «Tu non vai da nessuna parte finchè non mi avrai spiegato tutto, a costo di legarti, sono stato chiaro?» dice in tono intimidatorio. Mi limito ad annuire e lo sento staccarsi da me. Già mi manca averlo vicino.

Mai più sola.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora