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Sono passati 10 minuti, e non faccio altro che fissare i dintorni del parchetto.
Guardo l'albero vicino ad una panchina, delle altalene, e poi per terra, proprio dritto sui miei stivaletti neri.
Sto per sbuffare, quando mi inizio a sentire osservata.
Alzo subito la testa, per poi pentirmene un istante dopo: quel ragazzo di prima mi sta fissando.
Cosa dovrei fare? I nostri sguardi ormai si sono già incrociati.

Con un gesto lento e controllato, afferra un pacchetto di sigarette, tirandone fuori una, e portandosela alle labbra.
Quando la accende, il fumo gli copre metà viso, permettendomi di staccare gli occhi da lui.
Zack sta parlando di quando andavano a scuola tutti insieme, e di quanto si divertivano...che noia.
Mi volto, e comincio a fare piccoli passi verso una di quelle altalene che prima stavo tanto fissando.

Mi siedo, ripensando a quante volte io sia caduta facendomi spingere da uno dei miei fratelli. Con il polso, strofino gli occhi, che si stanno appesantendo sempre di più; guardando il lato positivo, adesso ho sonno - Non sei un po' cresciuta per questi affari? - vedo una sagoma indicare l'altalena su cui sono sopra...noto che è la voce del ragazzo di prima - A me piace - è di fronte a me, a pochi metri - Quanti anni hai? - si strofina la testa, facendo un'espressione "preoccupata" - Ho 16 anni - ad un tratto, viene a sedersi accanto a me, nell'altra altalena.

- Io 19 - sospiro, annuendo - E come tu chiami? - non so come mai, ma ho l'impressione di averlo fatto sorridere - Sono Edoardo - mi trattengo da chiedergli anche il cognome - Hai origini italiane? - si accende una sigaretta - Mio padre è italiano, ma vive qui da molto tempo - immagino che non gli piaccia parlare di sé, o della sua famiglia - Hai fratelli o sorelle? - mi chiede, facendomi salire l'ansia - Si, ho 3 fratelli - alzo la testa, vedendo la sua reazione - Tutti più grandi? - annuisco, vedendo che si sistema il ciuffo scuro.

Sento la voce di Zack che mi chiama - Dai Eve andiamo, che poi inizieranno ad insospettirsi i tuoi - ma che bella recitazione, dovrebbe fare un provino per una probabile carriera da attore. Mi alzo - Ciao Edoardo, è stato un piacere scambiare due chiacchere con te. Ora devo andare, alla prossima! - allontanandomi, gli faccio il saluto con la mano (ma col cavolo "alla prossima", ci manca solo che mi metta a frequentare tossici).

2 ore dopo

Se ripenso alla strana conversazione che ho avuto con Edoardo, mi spunta un sorriso, ma non so come mai. Questa cosa mi disturba parecchio: perché mai dovrei pensare a lui? Cosa ci dovrei trovare nei suoi occhi fissi sui miei, alle sue labbra attorno alla sigaretta, alle sue ciocche spettinate che gli ricadevano sulla fronte? Ah era proprio... - NO NON DEVE SUCCEDERE! Non devo, non voglio e non posso innamorarmi.
Se fosse così facile parlare al cuore, a questo punto starei già dormendo, senza farfalle nello stomaco.

Predo un cuscino, mettendone lo in faccia, e cercando di nascondere a me stessa questi strani sentimenti.
Mi piace? Forse. È un bel ragazzo? Si. Sono davvero sicura di voler conoscerlo? Credo di sì.
Sospiro, cadendo inconsciamente in un sonno profondo.

Vedo tutto nero.
Sono al buio, in una stanza.
Mi guardo intorno, ma non c'è nessuno: sono sola.
Ad un tratto mi giro, sentendo delle voci, e mi ritrovo in un ospedale.
Sono in un corridoio, e sembra che nessuno mi veda.
Avanzo, mi guardo attorno, e poi mi vedo.
Sono su un letto, con gli occhi chiusi, e la pelle pallida come i muri della camera, con una flebo attaccata al braccio.
Ci sono pure loro; sono seduti su delle poltroncine azzurre, tranne Derek, che è in piedi, accanto a me, e mi tiene la mano.
Entro nella stanza, guardando meglio la scena. Noto che ho una benda attorno al petto, ed è lì che i ricordi cominciano a rifarsi vivi.
È successo un paio di anni fa, quando ho tentato il suicidio...mi ricordo solo le voci dei medici dicevano ai miei fratelli - Questa ragazza è fortunata: pochi centimetri e avrebbe preso il cuore - .
Ritorno lì, guardando quella scena.
Sapevo tutti i rischi che correvo, ma non mi interessava...volevo cercare di fare male a loro, e "fargliela pagare". Se ci ripenso adesso, mi viene solo una domanda da pormi: a quale prezzo? Perché dover rinunciare alla vita, quando la vita non ha mai rinunciato a me?
Tutto sparisce di colpo, facendomi ritrovare nuovamente sola.
Mi rendo conto all'improvviso che la cosa che mi fa più paura, è la solitudine: quella sensazione di vuoto che si prova quando si perde qualcuno...nel mio caso, ho perso me stessa.

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