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- Va bene, tranquilla. Ora Ice fa parte della famiglia, vero cosino bianco? - sorrido per lo strambo nome, guardandolo storto.
Vado verso il frigo, e lo apro, prendendo il latte, poi afferro la brocca ancora calda del caffè, e i cereali accanto; infine, con le braccia piene di roba, cerco di afferrare lo zucchero.
Sta per scivolarmi il caffè, ma Cristian, con un rapido movimento, la afferra prontamente - Sta' più attenta - cerco di posare in fretta le cose sul bancone.
Sto per dirgli che ha perfettamente ragione, ma un ricordo si impossessa della mia mente.

Se scendo velocemente le scale, non dovrei incontrare nessuno.
Muovo freneticamente le gambe;sto prendendo tutti i gradini, di solito devo man mano andare più piano.
All'improvviso, sento una pressione abbastanza forte sulla spalla sinistra, così forte, che manco uno scalino, e cado in avanti.
Succede tutto così in fretta che non mi accorgo di essere addosso a Cristian.
Mi guarda come se mi volesse uccidere sul posto, costringendomi ad abbassare gli occhi.
Qualcuno mi ha spinta, ma non voglio minimamente sapere chi sia stato...sarebbe inutile.
La sua voce irritata rompe il silenzio - Sta' attenta - mi scansa freddamente, andandosene in camera sua.
Mi guardo intorno, ma non c'è nessuno...sarà che avrò semplicemente messo male il piede.

Mi luccicano gli occhi, e tutti mi guardano - Che hai? - indietreggio lentamente - Non ho più fame. Vado a vestirmi - con gli occhi di loro ancora puntati addosso, esco dalla cucina, andando in camera mia, e percorrendo le scale del mio ricordo, con un pizzico di inquietudine.
Apro la porta e, come non facevo da tempo, mi ci fiondo dentro.
Le lacrime iniziano a scorrere lentamente sulle mie guance.

Non so esattamente perché io sia in lacrime, so solo che quelle ferite sono ancora troppo fresche per essere dimenticate.
Ad un tratto, la mente mi si riempie di memorie orribili:gli schiaffi, i lividi, le parole, gli sguardi persino.
Fanno male, così tanto male, che è come se avessi una gigantesca voragine nel petto, che sta risucchiando il mio cuore, e tutta la mia felicità.

Perché mi devono ritornare questi ricordi? Perché non si possono semplicemente cancellare, come un errore in matita?
Rimpiangere il proprio passato, però, non è il modo giusto per godersi la vita.
Sono cambiati, e me lo stanno dimostrano passo per passo, quindi non ho nulla di cui preoccuparmi.
Ci vogliamo bene...in fondo, siamo una famiglia.

Qualcuno che bussa alla porta, libera la mia testa da pensieri tristi - Eve, sono Cristian, posso entrare? - sarei tentata di rifiutare, ma non ne ho le forze.
- Si, entra pure - non mi disturbo a ripulirmi il viso, tanto penso si sia capito - Allora? Che hai? - sembra quasi irritato, ma questo dubbio svanisce quando si accovaccia per terra, affianco a me - Se vuoi puoi spiegarmi, o possiamo semplicemente rimanere in silenzio. Voglio solo aiutarti, sorellina - non mi va di parlare, scommetto che mi si bloccherebbe la voce dopo due parole.

Mi avvicino a lui, lentamente, e appoggio la testa sulla sua spalla, per poi essere stretta tra le sue forti braccia - Non voglio parlarne, preferisco rimanere così per un po' - è uno degli abbracci più belli che io abbia mai ricevuto - D'accordo, va bene - non ha più la voce da "duro" che usa solitamente, questa è più calma e gentile, quasi come un sussurro.

- Sai, quando avevo la tua età, avevo bisogno solo di sfogarmi, e non di litigi, tensioni, o nervosismo. Ho capito solo ora che prendermela con te per anni, non mi serviva a far sbollire la rabbia:mi faceva solo odiare me stesso ancora di più. Ora voglio farti capire che io ci sono, per te, e che non dovrai più avere paura - sorrido, per poi sentirlo quasi rabbrividire.

È chiaro che anche lui abbia un cuore, ma a volte tende a metterlo da parte, perché usare la testa è più facile.
Io, ad esempio, non sono mai riuscita ad usare nessuno dei due.
- Voi per me siete tutto, anche se avete commesso degli errori. Purtroppo non potrò mai dimenticarli, ma si può rimediare con il tempo - per la prima volta in vita mia, credo di vederlo con gli occhi lucidi.

Piano piano, sento che sposta la testa, sulla mia spalla, prendendomi da davanti, e costringendomi a mettermi in ginocchio.
È come se la parte da bambino che è in lui, ora sia ferita, e che io sia la sua unica "medicina".
Il silenzio che regna tra noi, è il rumore dei nostri pensieri che elaborano teorie su teorie.

- So che sembro un egoista insensibile di merda, ma ti assicuro che anche io provo delle emozioni - gli accarezzo la testa - Sei più fragile di quanto sembri, ma questo non è un difetto, è qualcosa che tu devi trasformare con il tempo nel migliore dei tuoi pregi - ci accasciamo sempre di più, fino ad assomigliare ad una goccia.

DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora