Capitolo 5 • Panico

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«I miei genitori si sono conosciuti proprio qui, fra queste aule e questi corridoi monumentali, ma è in Italia che hanno lasciato il cuore. I miei trisnonni paterni sono emigrati tantissimo tempo fa dalla Toscana, un luogo davvero magico se lo si visita adesso, lambito dal mare e baciato dal sole, con un alito di venticello fresco che ti impedisce di sudare tutto il tempo. Certo, se cominci a ripercorrere le vie degli Etruschi nell'entroterra, l'afa si fa sentire, eccome!»

«E ti hanno chiamata proprio Florence perché...?»

«Perché è lì che sono stata concepita,» ridacchiò Flo «Difatti, si sono sposati in fretta e furia: sarebbe stato uno scandalo se fossi nata prima della cerimonia di nozze».

Jason pendeva dalle labbra di Flo. Non riuscii ad evitare di assumere un'aria seccata, perché mi sembrava di rivivere il liceo, con Steve che sospirava ad ogni attenzione concessagli da Chloe. E, esattamente come Steve, anche Jason era un po' invidioso di me, perché Flo mi sedeva sempre accanto a lezione e mi cercava di continuo per studiare insieme.

Formavamo un trio che accigliava studenti e docenti: io, un ragazzo studioso e riservato che poteva essere benissimo etichettato come "secchione", Jason, un ragazzo di colore che avrebbe sicuramente portato lustro alla squadra di nuoto di Harvard, ma tristemente visto come un comunissimo "nero", e Flo, la classica ragazza di bell'aspetto ma fornita di un cervello che si piazzava in cima alle fantasie erotiche di chiunque trovasse attraenti le femmine, riassumibile con un discutibilissimo ed altresì popolare termine che la descriveva come "figa".

Io non li avevo conosciuti in quei termini: trovavo profondamente idiota valutare Jason soltanto in base al suo colore di pelle e non considerare quanto fosse divertente, invece, caratteristica che attestava come fosse entrato ad Harvard anche grazie ad un discreto quoziente intellettivo, oltre che alla posizione lavorativa dei genitori (proprietari di una grande catena di abbigliamento vintage) e ad un curriculum che mancava soltanto della misura dell'ampiezza delle sue spalle per dimostrare quanto fosse portato per lo sport.

Consideravo, oltretutto, superficiale oltre ogni misura fermarsi ai capelli biondi di Flo e al suo sorriso smagliante per trarre un giudizio inerente alla sua persona. Appresi in fretta che il suo potenziale in quanto risorsa economica per gli Stati Uniti era il suo intuito, un grandissimo jolly nel mondo degli affari: una frana in calcoli statistici, ma una veggente se si parlava di tendenze e mode che avrebbe adottato la gente. Dopotutto, l'unico stereotipo a cui credevo era proprio quello che si riferiva al sesto senso delle donne. Maddie stessa ne era sempre stata una conferma.

«I miei genitori rappresentano un caso fortuito a cui faticherete a credere» esordì Jason, attirando la mia attenzione «Erano obbligati a sposarsi perché i miei nonni li avevano assortiti in base alla posizione sociale e al reddito, ma scoprirono che non avevano scelto poi così male... Neanche da soli avrebbero saputo far di meglio» rise.

Accennai un sorriso, perché nella marea di libri che avevo letto, quelli ambientati in secoli precedenti a quello corrente raccontavano spesso di matrimoni combinati che originavano soltanto disastri. Spesso, una forte motivazione era l'impegno sentimentale già promesso ad altri. Maddie adorava guardare film su ricchi e poveri che si intrecciavano in storie d'amore impossibili, perché era ben cosciente del lieto fine che l'attendeva e, in parte, le piaceva illudersi che anche nel mondo reale potesse funzionare così.

«E i tuoi, Peter?» domandò Flo, gli occhi vivaci di un concreto interesse.

Allarme "domande personali": stato di emergenza in corso di attivazione. Veloci, in centrale: serriamo le mandibole, raddrizziamo la schiena, socchiudiamo lo sguardo. Rigidità in fase di espansione. Sull'attenti: silenzio.

Jason evitò di fissarmi per non farmi sentire più a disagio di quanto già non fossi e, tacitamente, lo apprezzai. Anche Steve aveva imparato a riconoscere quando non pressarmi, ma riconobbi che la rapidità di Jason ad apprenderlo fu decisamente maggiore. Questo denotò un'intelligenza emotiva che reputai davvero preziosa.

Non potei dire lo stesso di Flo: "la curiosità è donna", mi venne in mente.

Sospirai.

Fabbricazione in corso della spiegazione meno esaustiva possibile, al tono più aspro a disposizione. Attendere il completamento dell'operazione... Tre, due, uno... Ci siamo. Pronti a difendere la rocca.

«I miei non si sono mai amati. Questo è tutto quello che ho da dire» sintetizzai, con una certa drasticità.

I miei interlocutori rimasero a bocca aperta, ma non osarono porre altre domande. Mi permisi di respirare e abbassare il petto.

Pericolo scampato. Avviso a tutti i sensori, ripeto, avviso a tutti i sensori: sciogliere la tensione, rilassare i muscoli, consentire la libera circolazione dell'ossigeno nelle vie respiratorie.

Né Jason né Flo si accorsero del sospiro di sollievo che emisi: si erano già lanciati in un'altra conversazione, ma ne captai ben poco. Per me, la sensazione di essere stato sulle spine agiva come un piccolo shock e impiegavo un po' di tempo a riabituarmi all'interazione sociale.

Avvertii un forte desiderio di stare da solo.

Terminai il caffè che avevo ordinato insieme a loro e raccattai i miei effetti personali, quindi mi alzai.

«Ah, ce ne stiamo andando?» si stupì Flo.

Jason aggrottò la fronte.

«No, ragazzi, voi rimanete pure. Io... Io vado, ci vediamo dopo in aula».

«Abbiamo sbagliato qualcosa?»

Scossi il capo in direzione di Flo, guardandola espressivamente negli occhi per cercare di farle capire che non doveva sentirsi in colpa.

«Magari ha solo nostalgia di Maddie» ipotizzò Jason.

Nonostante quella fosse una verità incontestabile, non potevo utilizzare una costante come una variabile casuale, perciò non dissi nulla. Lasciai che Flo gli credesse, di modo che evitasse di spingersi fra le mie braccia: erano conserte, sarebbe caduta e si sarebbe fatta un gran male. Sempre che le sue attenzioni nei miei confronti fossero motivate in quel senso. Mi aggrappai alla speranza che, invece, si stesse semplicemente comportando da buona amica, quindi me ne andai.

Aria, avevo tanto bisogno di aria.

Il fatto che Jason avesse nominato Maddie intensificò la nostalgia che, in effetti, provavo. Ammisi a me stesso, con notevole scomodità, che quel sentimento si stava impadronendo di me, perciò controllai che ore fossero e decisi che valeva la pena far squillare il cellulare della mia ragazza.

Cercai il suo contatto, feci scivolare il dito sullo schermo e attesi impazientemente.

Ogni secondo che trascorreva senza ricevere una risposta parve soffocarmi. La gola mi si strinse a tal punto che gettai il telefono alla rinfusa tra i libri, chiusi malamente lo zaino e corsi a perdifiato verso la prima toilette nel raggio di cinquecento metri.

Mi chiusi in bagno e lasciai cadere lo zaino per terra, non curandomi di appoggiarlo con la solita cura che riservavo a tutti i miei averi. Finalmente potevo piangere.

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Sotto sotto è un cucciolo di panda, vedete? Ho proprio un debole per lui.

Qualcuno di voi si è rivisto nell'ansia sociale che prova Peter?

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Baci ✨

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