In occasione della festa di Jason, indossai una camicia lilla con i cactus che mi aveva scelto Maddie quando eravamo andati al centro commerciale, anni prima. Era stato divertente girare per negozi con lei, quella volta: avevo da poco messo su un po' di massa e lei, ignara del fatto che lo facessi apposta per conquistarla, si lamentava sempre che scegliessi maglie e camicie di una taglia più piccola, così che evidenziassero per bene il tono muscolare appena lievitato al livello superiore.
Indeciso sui pantaloni da abbinare, mi tornò in mente il mantra "col nero non si sbaglia mai" e di quella tinta scelsi anche il cappotto: non trovando altre sciarpe in giro, mi accontentai di quella color mattone, non molto sicuro che c'entrasse qualcosa ma fiducioso nella clemenza della platea femminile della festa.
Trascorsi qualcosa come quaranta minuti in bagno a mettere le lenti e sistemare ciuffi quasi invisibili di capelli: averli mossi per natura ne rendeva la gestione decisamente poco banale.
Dopodiché, andai a bussare alla porta di Flo.
«Come sei sexy, Peter» commentò lei, scherzosa.
Sorrisi, un po' imbarazzato. Non ero abituato a ricevere complimenti... Credo che nessun ragazzo lo fosse mai stato: dalla notte dei tempi, tutti i riflettori erano sempre concentrati sullo splendore e la magnificenza delle ragazze, creature meravigliose e divine che camminavano in mezzo a noi con la grazia delle ninfe di Ovidio.
«Ehm... Grazie. Tu sei pronta?»
La domanda poteva sembrare idiota, a giudicare dalla metà della chioma tenuta su disordinatamente da un mollettone, mentre l'altra metà scendeva sulla schiena priva di ponti disolfuro, più dritta di uno spaghetto. Immaginai che, da qualche parte, ci fosse una piastra attaccata alla presa.
Maddie non aveva mai cambiato un granché la propria acconciatura: mossi e poco gestibili anche i suoi capelli, venivano semplicemente spuntati spesso e lasciati liberi ad un taglio scalato che dava loro la possibilità di svegliarla come se avesse dormito sulla spiaggia oppure in mezzo alla giungla, in egual misura. A me piaceva sempre, la trovavo sbarazzina e spontanea.
«Finisco con i capelli e metto il rossetto, poi sono pronta».
Mi grattai il capo, non sapendo bene cosa fare.
Quindi notai la piastra, appoggiata sul comodino al di là del letto, con uno specchio da tavolo accanto.
«Vuoi una mano? So piastrare i capelli, se serve» mi offrii.
Flo si voltò a guardarmi con un sorriso luminoso.
«Sì! Ma come hai imparato? Non che ci sia qualcosa di difficile, ma... Be', molti ragazzi stanno alla larga dalla piastra a prescindere» ridacchiò.
Mi avvicinai e mi feci passare un pettine per definire le ciocche da trattare volta per volta. Quindi tolsi il mollettone e me lo misi in bocca per tenerlo a portata di mano, selezionando una nuova fila di capelli per sottoporla al calore della piastra.
«Maddie non riusciva mai a vedere il retro della testa, quindi ho imparato per aiutarla ogni volta che ne ha avuto bisogno» feci spallucce.
Mentre mi scorrevano i capelli biondi e fini di Flo tra le dita, ne notai la morbidezza, oltre alla lucentezza. Chissà quante energie spendeva in trattamenti di bellezza per pelle e capelli... Nel suo caso, funzionavano alla grande; nel caso di Maddie, niente sarebbe mai riuscito a cancellarmi dalla testa le lamentele e i grugniti infastiditi all'osservare, a fine trattamento, che non era cambiato assolutamente nulla da prima. Avevo tentato più volte di suggerirle che la costanza poteva fare la differenza, ma lei era impaziente e non si fidava ad aspettare mesi prima di vedere un minuscolo risultato. Non avrei mai capito il disprezzo con cui si guardava allo specchio. Per me era sempre stata bellissima. In ogni sua piccola forma, in ogni suo tenero incavo, in ogni sua lentiggine e ogni centimetro di pelle, che fosse secco, grasso, pallido o arrossito dal sole. Il brio che aveva dentro splendeva più di qualsiasi crema idratante, sprigionava più colore di qualsiasi rossetto o brillantino.
Più volte avrei desiderato farla entrare nel mio punto di vista, mostrarle quanto era bella, semplicemente bella, da lì. Radiosa come una stella, a prescindere dalla piega dei capelli, dalla gonna del vestito o dalla borsetta che decideva di abbinare. Voglio dire, mi ero innamorato di lei tra i banchi di scuola, quando era ancora una ragazzina nel suo pieno sviluppo, incapace di controllare gli ormoni e le loro conseguenze: cosa poteva importarmi di un rossetto o di un boccolo venuto male? Nei suoi occhi c'era sempre stata tutta la bellezza di cui aveva bisogno per credere in se stessa.
«Stai parlando al passato» osservò Flo.
Astuta, evitò di fare domande. Esse giacevano lì, in quella affermazione insieme tranquilla e traballante, speranzose che io sollevassi il coperchio e lasciassi sfiatare un po' dell'immensa curiosità che ne ribolliva al di sotto. Aveva imparato a lasciarmi la scelta di cogliere oppure non cogliere l'invito a parlare e dovetti riconoscerle, nel mio intimo, una certa abilità.
«Dall'ultima volta è passato parecchio tempo, in effetti. Presa da tutti gli impegni che la seppelliscono ogni giorno, non ha proprio il tempo di pensare a come sistemarsi i capelli la mattina» glissai.
«Neanche sabato o domenica che sei andato lì da lei? Strano, una ragazza adora prepararsi nella prospettiva di vedere il fidanzato» calcò lei, in risposta.
«E io adoro la mia ragazza in ogni sua forma, quando ci sto insieme. Preferisco che spenda dieci minuti in più con me, piuttosto che rinchiusa in bagno a farsi i capelli che poi verranno comunque disfatti».
Dallo specchio, vidi le sopracciglia di Flo sollevarsi notevolmente, le labbra in lieve schiudimento.
«Ah, sì? Disfatti come?» osò.
Qualcosa, nel suo tono di voce delicato ma graffiante nella curiosità, denso di una femminilità sensuale che anelavo fin troppo, provocò una reazione non indifferente in me.
Mantenni la piastra in aria, senza farci passare alcuna ciocca in mezzo, per qualche secondo: non volevo bruciarle i capelli con quelle mani che prudevano di desiderio.
«Flo...» pronunciai, provato.
Lei alzò una mano e mi sottrasse la piastra per appoggiarla sul comodino, quindi sospirò e si alzò in piedi.
Eravamo oltremodo vicini. Troppo. Troppo per me che pensavo anche occhioni castani di Maddie e mi trovavo mitragliato da due zaffiri taglienti, che sapevano precisamente dove colpire.
Le ciglia nere, nerissime, frusciarono verso il basso, soffiando sulle mie labbra formicolanti. La sua mano piccola e delicata si posò, bollente, sul mio petto.
Ero senza fiato.
Lentamente, alzò gli occhi torbidi su di me, fece danzare le dita sul mio collo, per poi conficcare le unghie nella mia nuca sensibile. Game over. Mi aveva spinto oltre il punto di non ritorno, subdola e sottile come solo lei sapeva essere... Eppure irresistibile.
Fiatarmi vicino, con quel dolce aroma di frutti di bosco addosso, le costò una presa simultanea ai fianchi da parte mia, che mi incollai addosso il suo corpo fine e ben formato, deciso a non pensare più a quanto stessi rischiando con quel mio atteggiamento irrazionale.
Ero stato freddo e logico per una vita intera. In quel momento, pensai di non essere mai stato più me stesso e insieme meno me stesso di allora.
«Tutta tua» sussurrò la tentatrice, provocandomi un brivido accanto al lobo dell'orecchio destro, dove aveva scelto di sedurmi.
«Non aggiungere altro».
__________
Tensione sessuale ne abbiamo?
Al prossimo capitolo per scoprire cosa succede!
Baci ✨
STAI LEGGENDO
Enigmatic
Teen FictionNessuna giacca di pelle, nessuna moto, nessuna sigaretta. Peter era il bravo ragazzo per eccellenza, con una facciata di marmo davanti e il fascino dipinto negli occhi. Pronto a frantumare qualsivoglia speranza di mantenere intatto il tuo cuore. E l...