Capitolo 40 • Promessa

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«Hai tutto il diritto di non perdonarmi, ma voglio scusarmi per tutto il male che ti ho causato. Non te lo meritavi».

Flo lesse la temperatura registrata dal termometro e sorrise.

«Trentasei virgola cinque. Finalmente ti è scesa».

La fissai in attesa di una risposta che tardò parecchio ad arrivare. Aveva raccolto i capelli in un pratico chignon da cui sfuggivano alcuni ciuffi biondi e mi pareva di intuire che sotto l'abito invernale non avesse il reggiseno. Era come se si fosse precipitata da me nel momento in cui aveva appreso che stavo male, nonostante avesse tutte le ragioni per odiarmi e lasciarmi soffrire.

«D'altronde, tu non mi hai mai fatto promesse. Sono stata io a voler sperare di essere più importante di lei, convinta che ti saresti innamorato di me».

«Ti ho dato modo di illuderti che sarebbe stato così e me ne vergogno. Avrei dovuto chiarire fin dall'inizio che non avevo affatto superato Maddie, anzi. Ho continuato a sperarci in silenzio, quasi con la stessa intensità con cui tu speravi in noi...»

Chiuse gli occhi, addolorata, e mi fece cenno di tacere mentre calde lacrime le rigarono rapidamente le guance. Le donai un po' di rispetto in silenzio, sentendomi in colpa perché non ne avevo mai portato abbastanza per lei.

«Jason sa tutto, comunque. Ti ho dipinto come uno stronzo e ti odiano tutti per questo».

Feci spallucce.

«Per quanto mi piaccia vendermi come un bravo ragazzo, alla fine ti ho fatto più male di un qualunque "bad boy" etichettabile in automatico. Questo fa di me proprio uno stronzo, purtroppo. Mi credi se ti dico, in tutta sincerità, che non avrei mai voluto?»

Lei annuì.

«Se anche volessi, non saresti capace di mentire. Forse, è proprio per questo che non parli tanto, che non prometti: sai già di non essere in grado di mantenere la tua parola».

Incassai senza ribattere. Aveva ragione.

Dopo due giorni barricato nel letto con la febbre alta, finalmente decisi di uscire e Flo mi accompagnò a chiarire con Jason e gli altri al bar dove si erano riuniti tutti quanti per ritrovarsi prima dell'inizio del nuovo semestre, l'indomani.

Naturalmente, pensarono che avessi fatto il lavaggio del cervello a Flo: la vicenda non mi toccò più di tanto. Quel che mi premeva era mettere a tacere i sensi di colpa e, da ultimo, capire cosa stava succedendo a Maddie e aiutarla.

Fu lei, nella maniera più inaspettata possibile, a comparire alle porte del campus.

«Quindi è così che mi ami a distanza, intrattenendoti con la Barbie di Harvard?» mi accusò, per la prima volta dopo tanto tempo con un guizzo vitale ad attraversarla tutta.

Aveva i capelli più corti che uscivano dal berretto nuovo, color prugna, in pendant con lo sciarpone a fantasia scozzese, un lungo cappotto grigio antracite a disegnarle la figura e un paio di pantaloni di pelle nera a fasciarle le gambe, finalmente meno magre di quando non si nutriva. Per concludere, uno stivaletto nero lievemente alto e un fiammante rossetto rosso a contornarle le labbra cariche di insulti e minacce.

Mi parve di sognare: somigliava quasi alla mia Maddie, quella di una volta, prima del declino. Quella di cui mi ero follemente innamorato.

Sfortunatamente, mi aveva beccato a passeggiare per il cortile nella sola compagnia di Flo, che stava accettando suo malgrado che io e lei potessimo essere, al massimo, soltanto amici. Aveva bisogno di tempo per digerire tutto quanto e ridimensionare i suoi sentimenti nei miei confronti, a detta sua, ma io resi chiaro che non era obbligata a starmi vicino. Per lei, sarebbe stato meglio prendere le distanze e mi assicurai che, per un po', avremmo fatto così. Era il momento in cui doveva pensare a se stessa.

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