Capitolo 35 • Sogni

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«Sei un idiota. Ci hanno scoperti. Come fai a rimanere così, con quell'aria da ebete?»

Elizabeth mi stava ancora rimproverando, mentre Chloe si scusava per la milionesima volta di non aver saputo tenere d'occhio Maddie e Liam alla festa di Capodanno dove erano andati fino alla fine.

«Avevo bisogno di rivederla, tutto qua».

«Sì, ma potevi scegliere un altro momento! Ci avrebbero denunciati, se lei fosse stata un briciolo più sveglia e se lui non avesse nascosto in bagno una marea di psicofarmaci illegali».

Io e Chloe ci voltammo di scatto insieme, rischiando di scontrarci.

«Psicofarmaci?»

«C'è qualcosa di losco in corso, ragazzi. Sembra che in quella casa non viva nessuno, per davvero. È come se facessero finta. Voglio dire, la madre dov'è?»

Chloe fece spallucce, ricordando che Maddie si era chiusa parecchio in se stessa nell'ultimo periodo.

Elizabeth ci fissò per qualche istante, valutando un'idea di cui non ci rese partecipi subito.

«Non la possiamo pedinare» dedussi.

«Voi sicuramente no. Lasciate fare a me, che sono l'unica di cui non sospetta».

Era riuscita, infatti, ad uscire dall'abitazione prima che arrivassero Maddie e Liam e, dal momento che io avevo tenuto il cellulare in tasca per tutto il tempo, nessuno dei due aveva avuto l'opportunità di leggere il suo nome fra i messaggi che mi erano arrivati per avvisarmi di fuggire. Per quanto ne sapeva Maddie, Elizabeth era un lontano ricordo delle superiori.

«Abbiamo scelta?» domandò Chloe.

L'amica sollevò le sopracciglia, come ad invitarla a partorire idee migliori.

Formulai il pensiero di riavvicinarmi personalmente a Maddie, facendo leva su quell'intimo abbraccio che ci eravamo scambiati, ma ricordai l'onnipresente Liam e la sua pesantezza sulla mia fragile amata: nel caso in cui lui la stesse manipolando, chiedere informazioni in maniera così diretta equivaleva a rischiare fin troppo e rovinare tutta l'operazione.

«In questo momento, mi fido più di te che di me stesso e sai quanto mi costa ammetterlo» ragionai ad alta voce, guardando Elizabeth.

La diretta interessata non riuscì a trattenere un sorrisino soddisfatto, quindi ci scaricò alle rispettive abitazioni e ci augurò un felice anno nuovo. Ricambiammo per inerzia.

Giunto a casa, diedi finalmente un'occhiata ai messaggi che mi erano arrivati e notai l'assenza del nome di Flo tra i mittenti. Probabilmente, era troppo arrabbiata per contattarmi e non potevo pretendere nulla di diverso.

Fui io a scriverle, per ricevere una conferma di lettura asciutta e triste. Non avevo il diritto di lamentarmi, dopotutto: mi ero comportato davvero male nei suoi confronti e non potevo esigere che un messaggino di auguri sistemasse le cose.

Trascorsi gran parte della giornata a vagare da una stanza all'altra della casa senza un senso vero e proprio, soffermandomi più volte davanti alla finestra del salotto a fissare un panorama nuvoloso e cupo. Era cominciato un nuovo anno sotto il mio naso e io non me n'ero neanche reso conto: se fosse stato per me, l'orologio sarebbe potuto rimanere fermo dal giorno in cui Maddie aveva chiuso con me.

Intrattenermi con Flo non avrebbe mai potuto cancellare la mancanza tangibile che avevo di colei che amavo sul serio, né soffocare i costanti pensieri che mi evocava ogni dettaglio della mia vita che collegavo a lei.

Piansi un po' in silenzio, da solo. Non sapevo come fossi riuscito a trattenermi fino a quel momento, ma mi sentii infinitamente più leggero dopo aver tramutato le mie emozioni in singhiozzi. E ringraziai che i miei genitori fossero in Europa a festeggiare, perché non avrei sopportato che mi avessero visto versare lacrime neanche per sbaglio.

La verità era che non riuscivo a togliermi dalla testa il profumo di Maddie, la sensazione di stringerla forte tra le braccia, la sua fronte umida e la pelle nivea. Mi mancava da morire.

Quando appoggiai la testa sul cuscino, me la ritrovai in sogno. Bella come lo era sempre stata, ma con quel guizzo vitale in più del periodo prima che ci allontanassimo per via della distanza, un sorriso dolce in volto e la voce bassa, melodiosa. Rideva per niente, mi prendeva per mano, mi baciava... E facevamo l'amore a lungo. Proprio un sogno.

Improvvisamente, cambiò lo scenario. Ci trovavamo alle porte dell'Inferno, i vestiti lacerati e la pelle macchiata di sporco, cosparsa di polvere. Lo sguardo di Maddie, quando si voltò verso di me, era fuoco vivo, scoppiettava di scintille autentiche. Quando provai a parlarle, si colorò di verde, i suoi capelli persero il loro naturale colore ramato e si dipinsero di un nero corvino che cominciò a farmi paura.

Mi avvicinai con cautela e, dopo alcuni passi, si eressero attorno a me sbarre d'acciaio sulle quali colava di continuo lava rovente, eppure non mi bruciava i piedi ma si disintegrava al contatto col suolo cinereo.

«Vorresti che fosse così facile, eh?» mi schernì una voce familiare alle mie spalle.

In quel sogno dalle sensazioni così realistiche, Flo era rannicchiata in un angolino della cella, i capelli biondi spettinati e una vestaglia color panna addosso, come se l'avessi svegliata dal sonno a propria volta. Con le ginocchia al petto e le braccia che le circondavano, l'espressione ostile, rappresentava il rancore in persona.

«Vorrei che tutto fosse più semplice di com'è realmente» sospirai, affranto.

Fu soltanto in quel momento che mi accorsi che aveva gli occhi iniettati di sangue, in netto contrasto con il candore angelico del suo abito.

«Sei un egoista, Peter. Non fai altro che calpestare i sentimenti altrui per il tuo benessere e poi ti stupisci che la gente sia risentita nei tuoi confronti. Pensi che Maddie avrebbe voluto questo? Imprigionare me e te dietro sbarre di lava? Maddie avrebbe voluto stare con te qui dentro, tirarti fuori, condurti in Paradiso e non lasciarti andare mai più».

Era proprio un sogno: Flo non avrebbe pronunciato parole nemmeno lontanamente simili neppure sotto tortura cinese.

Sul punto di accanirmi contro di lei, la mia voce uscì invece rotta. Ero a pezzi.

«E perché non mi vuole, ora? Perché non mi ama?» domandai, disperato.

Flo nel sogno chiuse gli occhi per un momento e, quando li riaprì, erano diventati trasparenti, l'immagine della purezza.

«Lei ti ama, ma l'amore non basta per far funzionare le cose. La sua famiglia le ha gettato addosso un peso insostenibile per una ragazza appena uscita dalle superiori che punta a costruirsi un futuro... Lasciarsi piegare dalle difficoltà è umano. Ti ha chiesto aiuto e non hai saputo darglielo nel modo giusto: ti sorprendi che si sia allontanata nel momento in cui qualcun altro invece lo ha fatto?»

Dalle catene smise di scendere la lava e, lentamente, cominciò a prendere il suo posto uno spesso strato di cenere che polverizzava a terra.

«Sì, ma adesso come faccio a riprendermela? Quel Liam ce l'ha in pugno...» piagnucolai.

Flo mi diede una pacca sulla spalla, quindi incrociò le braccia al petto e scosse il capo, come a non voler credere che fossi così ottuso.

«E da quando in qua si parte dagli effetti e non dalle cause per risolvere un problema? Su, Peter, ti facevo una persona intelligente: non perderti in un bicchiere d'acqua».

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I sogni, a volte, parlano. Vi è mai capitato?

Come reagirà Peter al risveglio?

Appuntamento al prossimo capitolo per scoprirlo!

Baci ✨

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