Capitolo 4 • Dubbi

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Once upon a time we had it all
Somewhere down the line we ran and lost it

La radio sembrò farlo apposta.

Non chiesi al tassista di cambiare stazione per non risultare arrogante, ma dentro di me avvertii un certo malessere crescere ad ogni verso.

Avevamo avuto l'amore, il rispetto, la fiducia, la pazienza, l'impegno, la forza di volontà forse anche la fortuna... Poi qualcosa era andato storto.

Da quando avevo cominciato a frequentare le lezioni, iniziò a pervadermi una sensazione di inquietudine che aveva origine dai messaggi che mi inviava Maddie. Io, la persona meno emotiva che conoscessi, captavo un cambiamento nel tono della conversazione che partiva da New York e si propagava in tutta Boston, in ogni passo che facevo, in ogni edificio in cui entravo, in ogni diapositiva che proiettava il docente di statistica, in ogni foglio su cui prendevo appunti. Nella mia stessa mano tremante, da cui scaturiva una scrittura disordinata che faceva impazzire il mio cervello ordinato e analitico. Stavo male. Stavo male e se ne rese conto anche lei.

«Quando tornerai?» domandò un giorno, leggermente più allegra del solito, in videochiamata.

Mi aveva ringraziato per aver trovato il tempo di dedicarle una videochiamata. Mi aveva ringraziato. Come se io l'avessi concepito come uno sforzo. Una parte di me si era sentita pietrificata dall'orrore: era quella l'impressione che davo? O, forse, era sarcastica, perché quella a non trovare un attimo per rispondermi stava cominciando a diventare lei. Non la biasimavo: sgobbare da un tavolo all'altro del bar dove lavorava e seguire lezioni di psicologia e antropologia confluivano in uno sforzo fisico e mentale che la sfiniva. A casa, assumeva il ruolo di una madre che quella legittima non era in grado di svolgere, affetta dalla depressione post divorzio, e controllava che il fratellino Charlie rigasse dritto a scuola. Il padre pareva essersi quasi volatilizzato, con visite che si attenevano giusto ai termini legali stabiliti dal giudice.

«Temo che prima di Halloween mi sia impossibile. Il docente di diritto ha elencato una pila di volumi da procurarsi e studiare, in vista dell'esonero di metà novembre, che mi conviene cominciare a studiare, soprattutto durante il finesettimana».

«Nessuno ti ha già invitato a festini esclusivi?» si stupì lei.

Alzai gli occhi al cielo.

«Secondo te muoio dalla voglia di ubriacarmi e fare cose stupide?» sbuffai.

«Non hai risposto alla mia domanda» replicò lei, rigida.

Scossi il capo, incredulo che stessimo avendo una conversazione del genere. Da quando non si fidava di me? Non avevo mai guardato nessun'altra, nemmeno prima che stessimo insieme.

«Sì, una ragazza mi ha invitato, ma che importa? Non interessa a me, quindi non dovrebbe interessare neanche te, no?»

Maddie fece una smorfia.

«Come fa a non interessarti una fotomodella bionda con gli occhi azzurri che, oltre a correre da un servizio fotografico all'altro, ha pure il tempo di essere abbastanza intelligente da studiare economia ad Harvard? E non basta, perché potrebbe anche avere un nome osceno, invece è aggraziato come lei! Flo di Flower? Lo senti come suona bene? Mi infastidisce talmente tanto che...»

«Ti vuoi dare una calmata?» sbottai, «Di che diavolo stai parlando? Perché ti stai facendo tutte queste paranoie su una tizia che nemmeno esiste, per me?»

Maddie abbassò lo sguardo, colpevole.

«E poi, come fai a sapere tutte queste cose?»

«Ti lascia un sacco di like alle foto» confessò.

«Ne ho pubblicate cinque. Di cui tre con te» protestai, al limite della sopportazione per quelle fesserie.

Lei non abbandonò l'aria costernata.

«Vuoi dirmi perché passi il tempo a controllare social che non fanno altro che mentire e darti un'idea distorta della realtà – a cominciare dalle foto di Flo, che dal vivo è un essere umano comunissimo, come tutti gli altri – invece di rispondere ai miei messaggi e chiedere direttamente a me che cosa ti lascia perplessa?» la rimproverai.

«Dal momento che la chiami Flo, deduco che ci sia una certa confidenza fra voi...»

«Hai sentito almeno una parola di tutto quello che ho detto? Del fatto che provo a parlare con te – io, renditi conto – mentre tu ti barrichi dietro mura di insicurezze che ti affliggono per chissà quale assurdo motivo? O vuoi concentrarti sul fatto che Flo si chiama Florence e che non le piace essere chiamata come una città?»

«Una città bellissima, ovviamente. Come poteva essere altrimenti?» sbuffò Maddie.

Non ebbi la forza di rispondere.

Che cosa potevo aggiungere?

Onestamente, reputai inconcepibile che ad ogni mio tentativo di dimostrare concretamente di esserci, di voler comunicare nonostante odiassi farlo, Maddie non facesse altro che appigliarsi a questo o a quel dettaglio della fantomatica Flo, una mia compagna di corso come tante altre. Certo, bella quanto le pare, ma pur sempre una normalissima ragazza. Come tante altre. Che non mi interessavano minimamente.

Io mi ero trasferito a Boston per molteplici motivazioni, ma in nessuna di esse rientrava il desiderio di conoscere un'altra ragazza come avevo conosciuto Maddie, né di sostituirla, tradirla o arrecarle preoccupazioni e dispiaceri. E trovavo profondamente ingiusto che lei cercasse di piantare in me germogli di sensi di colpa dove non c'era altro che arida fedeltà. Mi arrabbiai. Mi arrabbiai molto ma, come sovente capitava, lo nascosi.

«D'accordo, perdonami. Non ho motivo di dubitare di te. È che lei è perfetta... Affascinante, intelligente, ricca, con un nome grazioso e, probabilmente, pure simpatica e gentile. Quelle come lei lo sono sempre, perché la natura è generosa con loro e le rende grate di avere tutto ciò che gli altri vorrebbero. Mi sbaglio?»

La voce mogia di Maddie premette il tasto "tenerezza" dentro di me.

«Non lo so e non mi interessa, può essere anche la Madonna scesa in terra, per quel che mi riguarda. Io amo te e non voglio nessun'altra. Ficcatelo in quella testolina bacata» chiarii, lapidario.

Un timido sorriso le illuminò il volto, come un raggio di sole nel bel mezzo di un cielo coperto.

«Anch'io ti amo. E questa videochiamata non fa altro che accrescere la mia consapevolezza che non ti merito».

Repressi l'istinto di ucciderla.

«Smettila, non è affatto vero. Dovresti essere l'unica che non ci crede, quando provo ad ingannare gli altri con la mia "aria di superiorità", come mi disse qualcuna una volta» la citai.

L'umorismo l'ebbe vinta, a quel giro, perché Maddie scoppiò a ridere e ci lanciammo in un tunnel di ricordi da cui uscimmo carichi di ottimismo e speranze per il futuro.

Non seppi nemmeno come descrivere quella sensazione di benessere che si impadroniva di me dopo aver anche solo parlato con lei. Il suo sorriso si rifletteva sul mio e viceversa, la sua dolcezza agiva come un balsamo su di me e la sua espressione, finalmente distesa, faceva scomparire tutte le pieghe formatesi nell'arco di settimane nella mia routine. Per la prima volta da quando mi ero trasferito, dormii sereno.

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Primo litigio per via della distanza. Primo di tanti 😂

Come trovate il punto di vista di Peter?

Al prossimo capitolo!

Baci ✨

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