Mi dovetti contraddire: Maddie era capace di farmi sentire il re del mondo oppure uno straccio per pulire i vetri. Quel sabato mattina, scelse lo straccio.
Avevo fatto l'impossibile per arrivare alle nove spaccate davanti alla porta di casa sua: studio fino alle nove di sera, cena rapida e nanna alle dieci, pronto per dormire soltanto sei ore e vedere il sole sorgere alla guida. Non ero andato particolarmente veloce, ma sicuramente spedito, facendo attenzione a non cedere agli sbadigli e a prendermi una pausa di venti minuti buoni dopo due ore di percorso. Un po' stanco ma felice di vedere la ragazza che amavo, avevo fatto un'ultima tappa da Buttery, un bar dove ci eravamo trovati più volte con Chloe e Steve a fare colazione prima di andare a scuola. Avevo preso dei muffin di vari gusti e due caffè da asporto, quindi avevo parcheggiato e bussato alla porta.
Maddie, in pigiama e visibilmente irritata, si era presentata con le braccia conserte e un gracchiatissimo "non vogliamo pubblicità".
«Maddie... Sono io. Peter» farfugliai, confuso.
«Ah. Non sono sicura che Flo abiti qui, sai? Potresti provare a fare un giro a Manhattan o in un altro posto da ricca sfondata superchic. O, almeno, questo è tutto quello che mi ha insegnato Gossip Girl. Bionda uguale, non lo trovi esilarante?»
Trovavo quella scenetta assolutamente ridicola, ma sapevo di essere nei guai fino al collo e non avevo alcuna giustificazione valida. Mi ero comportato da idiota e ne stavo subendo le conseguenze.
«Tu lo trovi esilarante?» rigirai la domanda.
Maddie andò su tutte le furie, calciando via l'aria da sbruffona che emanava quando sapeva di avere ragione in una disputa. Avevo perso il conto di quante volte avrei voluto strozzarla e baciarla allo stesso tempo. In quel momento, mi sarei accontentato volentieri di sparire soltanto.
«No, per niente. Non so se te ne sei reso conto, ma la figura della cornuta ce la faccio io» sibilò, a braccia conserte.
Mi accorsi solo in quel frangente di avere ancora la colazione in mano.
«T-ti ho p-portato... Dei muffin. E un caffè. E... le mie scuse, se cerchi bene in fondo al sacchetto» tentai di salvarmi, sdrammatizzando seppur sul filo del rasoio.
Lei resse il gioco, ma il taglio crudele dello sguardo mi avvertì che non potevo ancora proclamare vittoria. Cominciò a frugare nel sacchetto, dapprima seriamente e poi soltanto fissando il mio volto con durezza.
«Che c'è?» domandai, ingenuo.
Sbuffò.
«Non trovo la cosa più importante... Eppure, deve essercene almeno una briciola... Tu che dici?»
Ahia. Si metteva male. Anzi, malissimo. Una profonda sensazione di disagio emerse dalle mie membra e si insinuò ovunque, confluì nel sangue e ne attraversò tutta la circolazione, facendomi rabbrividire come poche volte nella mia vita avevo sperimentato.
Respirare divenne un'azione difficoltosa da compiere, più che un riflesso involontario. Avevo il cuore a mille, il cervello in black-out e, se Maddie avesse continuato a fissarmi con silente cattiveria, mi si sarebbe presto annebbiata la vista.
«Oh! L'ho trovato... L'ultimo, piccolo, fragile e tremante rimasuglio di rispetto che mi hai portato. Grazie. Dev'essere stato pesante da trasportare fino a qui. Quindi grazie, davvero, per tutta la fatica che hai fatto. Vuoi un po' d'acqua? Ti vedo affannato» continuò a recitare Maddie, perdendo di vista la serietà della mia condizione psicofisica.
«Non è un gioco» mormorai, afflitto.
Lei sollevò un angolo delle labbra.
«Perché, io sì? Guarda, prenditi questa patetica colazione e mangiatela da solo, che ne hai bisogno. Se ti calano troppo gli zuccheri poi svieni e rimani bloccato qui, lontano dalla tua preziosissima Flo e oh, non sia mai!»
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Enigmatic
Teen FictionNessuna giacca di pelle, nessuna moto, nessuna sigaretta. Peter era il bravo ragazzo per eccellenza, con una facciata di marmo davanti e il fascino dipinto negli occhi. Pronto a frantumare qualsivoglia speranza di mantenere intatto il tuo cuore. E l...