Capitolo 29 • Segreto

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«Scusate, a voi come ha valutato l'elaborato? Una C mi sembra... un insulto?»

Io e Flo ci scambiammo un'occhiata confusa quando Jason sbottò a mensa, posando il proprio vassoio senza porre particolare attenzione e rischiando, così, che il passato di verdure strabordasse dal piatto. Ci aveva raggiunti per ultimo perché, come suo solito, ci aveva messo il triplo del tempo di un essere umano normale a scegliere come comporre il pranzo. Persino Flo, che stava attenta alla linea bilanciando alla perfezione l'apporto di carboidrati, proteine, grassi e vitamine, risultava molto più rapida.

«Io ho ricevuto una A: ci ho speso parecchio tempo sopra» mi espressi.

Peter fece un cenno sbrigativo, come a dire che non avrebbe mai formulato un'ipotesi differente, quindi si voltò verso Flo.

«Idem» fece spallucce lei.

«Tu non ci hai speso così tanto tempo sopra. La sera sparisci sempre e, dopo lezione, passi due ore in palestra se non ci sono Callie ed Erin a trascinarti con loro da qualche parte» replicò lui, seccato, assottigliando gli occhi.

Trovai molto difficile rimanere impassibile al "la sera sparisci sempre": sovente, eravamo insieme, in gran segreto. Insomma... Sid lo sapeva e, con una discrezione che solo lui era capace di mostrare, si trovava un impegno che lo tenesse lontano dalla camera una o due sere a settimana: mi chiesi se non si fosse costretto a socializzare, pur di darmi modo di avere un po' di privacy con Flo. Non sapevo neanche come mostrarmi grato a sufficienza per la tolleranza che aveva nei miei confronti. Speravo che avvisarlo per tempo e tenere la stanza in ordine perfetto in qualsiasi momento fosse un inizio.

Anche Callie ed Erin erano venute a conoscenza della sottospecie di relazione che avevamo io e Flo da qualche settimana a quella parte: non sarebbe mai sopravvissuto un segreto di tale entità fra loro. Mi chiedevo ogni singola volta cosa doveva aver pensato Erin a scoprirlo.

Jason non aveva più sospetti di quanti ne avesse avuti prima che essi venissero confermati, perché alla sua festa di compleanno si era ubriacato a tal punto da consentire alla sua mente di sfumare i ricordi e lasciare che ciò che gli veniva raccontato avesse più valenza delle sue stesse convinzioni.

Naturalmente, erano tutti contrari a quella segretezza a cui io tenevo così gelosamente... Flo per prima: avrebbe voluto urlare ai quattro venti che proprio io, l'incorruttibile, l'impassibile, colui che riusciva a studiare anche quando lei giaceva nuda lì a fianco, avevo ceduto al suo fascino tanto decantato per i corridoi di Harvard. Dirle che tenevo ai sentimenti di Jason mi era sembrato meno grave che confessarle che, in realtà, pensavo ancora a Maddie e che non me la sentivo di voltare pagina con ufficiosità. In fondo al mio cuore indecifrabile, tanto freddo all'apparenza quanto sensibile in realtà, era ancora annidata la speranza che tornassimo insieme.

«Non sapevo che ti fossi mangiato la mia agenda. Aggiornati, però: faccio anche ricerche e lavori extra in tutto il tempo in cui dici che sparisco o in cui, semplicemente, non riesci a spiarmi perché forse hai una vita anche tu».

«Io non sono uno stalker» si giustificò Jason, poco scalfito dall'acidità di Flo.

Avvertii sottopelle la certezza che era con me che avrebbe voluto prendersela. Probabilmente, anche lui avrebbe voluto prendersela con me: aveva preso l'abitudine di considerarmi un classico "tipo con la faccia da schiaffi", anche se sapeva che non ero solito flirtare con tante ragazze e trattarle come trofei da mostrare quella settimana, come invece adoravano fare altri nostri colleghi.

«E spiegami, allora, Mr Non-Stalker, come sarei riuscita a prendere A senza mai passare ore a documentarmi e spremere le meningi davanti al portatile» continuò Flo.

«Grazie al tuo charme, ovviamente. Persino i professori ti guardano con adorazione».

In quel momento, Flo scoppiò in una risatina amara e mi lanciò un'occhiata fugace.

«Peccato che a me non interessa che lo facciano loro».

Cominciai a sentirmi decisamente a disagio.

Io non ero mai stato il tipo di ragazzo che inondava la propria partner di complimenti, frasi dolci e sguardi da cucciolo intenerito. A me piaceva prenderla un po' in giro, scherzare insieme, aiutarla e fare le cose insieme... baciarla, scendere nell'intimità. Dirle che, anche se non sembrava, la stimavo molto e la ammiravo.

«Okay, okay, era solo uno scherzo... Non prendertela. C'è qualcosa che non va?» si preoccupò Jason.

Flo scosse il capo.

«Sicura? A me sembra...»

«Non ho niente» tagliò corto lei.

Poco dopo, terminò il suo pasto e se ne andò dicendo che le sue amiche avevano bisogno di lei. Probabilmente, era l'esatto contrario.

«Pete, sei sicuro di non averle detto niente che l'abbia fatta rimanere male?» si informò Jason.

Mi voltai ferito, ripensando alle volte in cui mi era capitato, prima di Flo, di dire a Maddie cose che la facevano soffrire e che non mi era parso potessero sortire un effetto così devastante. Chloe mi aveva rimproverato più volte per questo e, purtroppo, ero migliorato poco... Tuttavia, non mi sembrava quello il caso: una relazione segreta era decisamente più impegnativa da sopportare di una frase tagliente e i sensi di colpa si fecero via via più invadenti. Mi sentivo in difetto nei confronti di Flo perché aveva il diritto di essere trattata come una principessa e mi sentivo responsabile dei sentimenti che Maddie, forse, provava ancora per me e non volevo farle del male.

Gradualmente, si accentuò in me la sensazione di essere al centro dell'attenzione, protagonista di una vicenda in cui avevo troppo potere dal punto di vista emotivo e non sapevo come gestirlo senza recare danno a nessuno. Una spessa coltre di ansia mi annebbiò i pensieri, avvolse le mie membra permeando da pori che non sapevo neanche di avere e mi scosse da dentro con forza crescente. Non sapevo se dall'esterno mi si vedesse tremare: sapevo solo i miei punti di riferimento stavano traballando e che non mi sentivo per niente stabile. Ero preda di un radicato senso di irrequietezza, con lo sguardo di Jason inchiodato addosso che non faceva che scuotermi dentro con veemenza ancor maggiore e mi rendeva difficile respirare normalmente.

Scattai in piedi e cercai una via d'uscita.

«I-io... Torno s-subito. S-scus-sami...» balbettai, allontanandomi alla ricerca di aria.

Dovevo andare via. Dovevo uscire fuori. Dovevo trovare ossigeno, dare al mio cervello il tempo di ristabilire l'ordine a cui mi aggrappavo così saldamente di norma. Prima che finisse tutto. Prima che finisse l'amore.

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Salveeeee 🙆🏻‍♀️

Spero stiate trascorrendo gioiosamente le feste 🥳

Domani è l'ultimo dell'anno 😳 fate qualcosa o siete anche voi negativi circondati da positivi che cercano di sopravvivere chiusi in casa ugualmente? 😂

Baci ✨

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