22 - Kay

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Abbiamo lasciato l'albergo di Roma per raggiungere il lago di Bolsena sulle sponde di Marta e da oltre un'ora, in auto, Virginia non fa che sbuffare.

«Dovevamo andare a San Tropez. Spiegami ancora perché stiamo facendo questa pazzia.»

«Ti porterò ovunque tu voglia, domani, lo prometto.» La bacio piano sul dorso della mano. «Oggi è un giorno di festa, non vuoi festeggiare con la tua famiglia?»

«A cosa serve questa messinscena? Stiamo ufficializzando il nostro rapporto?»

«Non fare così, non dire sciocchezze.»

Lei incassa male la mia schiettezza, e si fa rigida: «Allora perché questo sipario famigliare di cui personalmente farei volentieri a meno? Io non ho voglia di vedere né mia madre, né quell'impiastro di Francesco e meno che mai Elis...»

La interrompo furente: «Io ti sto dando tutto! Sono un uomo che non ti fa mancare nulla e che soddisfa ogni tuo desiderio e tu... ».

«Però non vuoi scoparmi», ringhia, «e né parlarmi del tuo passato. Non so niente di quello che ti affligge ma so che è la cosa che t'impedisce di scoparmi!»

L'autista lancia un'occhiata fugace attraverso il retrovisore e io m'incupisco e le stringo il braccio.

Si ritrae sconvolta e mi fissa tremante. Solo dopo alcuni secondi la vedo deglutire. «Okay, ho esagerato, scusami, Kay, mi dispiace.»

Cerco di fare respiri lunghi. «Sorridi e sii gentile con tua sorella e... con la tua famiglia.»

È interdetta, mi odia per quest'ingiunzione, ma capisce che con me non può vincere. «Sì, va bene, come vuoi tu, ma continuo a non capire cosa te ne frega della mia famiglia di poveracci.»

«Cerca di rilassarti, adesso.»

Appena l'auto entra in paese, lei s'irrigidisce di nuovo.

«Non sento che ti stai rilassando.»

Mugugna: «Ci sto provando, Kay. Ma il pensiero di vedere Elis, tu non la conosci, ma quella è una calamità, attira gli incidenti, da quando ha ammazzato mio padre e mio marito è diventata manesca e irrequieta e ...».

«Basta, rilassati.»

Per una banale coincidenza, le limousine della società convergono nello stesso momento lungo il molo che costeggia il lago, e dalla prima auto scende Elis. La osservo estasiato attraverso il vetro: col vestito che le ho fatto confezionare su misura è divina, una dea bellissima, e naturalmente mi è bastato toccarla e averla in braccio per pochi secondi per intuirne le misure.

Virginia trasale: «Hai mandato tu quella limousine a prendere Elis? E quel vestito dove lo ha preso?».

Mi volto fulmineo e la informo: «Sei tu che l'hai mandata a prendere e le hai regalato quel vestito, tesoro.»

È attonita. «Ma, Kay, lo sai che non voglio contrariarti, ma perché dai tante attenzioni a quell'assassina?»

Non la guardo più e agguanto lo sportello per aprirlo. Scendo mesto senza aspettarla.

Non mi muovo senza di lei, aspetto che scenda. Resto con le mani in tasca a fissare il lago e non volto più lo sguardo su Elis. Ma la fiuto, è inevitabile, la sento arrivare. Sento il suo odore di fragola e di fresco, di fuoco e di passione, e con quel vestitino corto e scampanato sopra le ginocchia e quei lividi sul viso è la ragazzina più erotica e desiderabile del pianeta.

Si lancia su Virginia, appena sopraggiunta al mio fianco, e le aggancia le braccia al collo.

«Grazie, Vinny, grazie! Il vestito mi piace tantissimo e anche le scarpe!»

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