17 - Elis

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La bicicletta non è stata una mia idea, me l'ha suggerita la Morante, di ritorno da una battuta di caccia ai funghi commestibili di stagione. Mi ha prestato la sua Graziella di vent'anni fa che pare nuova e corre che è una bellezza. Devo stare attenta a queste radici sul sentiero, ai dossi e allo smottamento del terreno, il viale per raggiungere la Colonia è impervio e bisogna tagliare per il bosco per far prima, ma è divertente. Scampanello a gambe tese e mi lancio sulla discesa. Quasi non mi riconosco mentre rido di me.

«Senza mani! Senza mani!», vado giù in picchiata.

So perché non ho mai avuto una bicicletta, so cosa direbbe mamma se mi vedesse adesso: il mio cuore, il mio stupido cuore non si può mettere sotto sforzo troppo a lungo, figuriamoci andata e ritorno in salita col peso dello zaino macigno di Chicco e con Chicco, che di chili ne pesa diciotto. Ma non m'importa, mi godo la discesa tra i pini e le querce, il suono delle ruote e il canto degli uccelli, e mi pare di volare. Il mio fratellino è stato così felice di sapere che oggi sarei andata a prenderlo io e che non sarebbe tornato con quel pulmino puzzolente, dice che odora di cacca. Ho fissato mezz'ora la Panda parcheggiata sul retro e poi ho afferrato la bici. Temo che la mia macchina finirà rottamata se non mi decido a farla partire, almeno per non far scaricare la batteria, come mi ricorda continuamente Vinny.

Vinny.

Rallento la marcia e m'incupisco. Non ho sue notizie da tre settimane. Ultimamente è sempre insieme a Kay Moser, lo accompagna sulle piste del Mugello dove fanno non so quali esercitazioni estive, la domenica alle colazioni con gli sponsor, il sabato sera agli incontri mondani. È già finita otto volte sui giornali, paparazzata al suo fianco. Lui non è più sulla sedia a rotelle, ora cammina e solo raramente è fotografato con le grucce, e non ho mai smesso di sentirmi colpevole per questo, ma una parte di me è felice: ho trovato l'amore a mia sorella. E non un uomo comune, ma un bellissimo, intelligentissimo uomo ricco. Sorrido beffarda, chissà cosa ci trova in lei, a giudicare dalle foto che li ritraggono, Moser non sorride mai, ha il tormento costante disegnato sul volto, è fotografato di spalle o di profilo, a volte al suo fianco, oppure accanto all'auto supersonica con cui gareggia la sua scuderia, e lui è come un arcangelo frustrato che fissa il vuoto e non riesce a smettere di essere carnale e vero e profondo anche in questo vuoto.

Ma Vinny nelle foto è felice, ride sempre, ha perso quell'aura incazzosa che l'ha avvolta per un decennio. Almeno adesso una di noi due è felice. Ma non ha cambiato atteggiamento nei miei confronti: non mi umilia da giorni, ma come potrebbe, non si è più fatta viva. Spero solo che mantenga la parola e che torni ad essere la mia sorellina di un tempo. Lo spero davvero, dal profondo del mio cuore. Nessuno può capire quale devastante senso di colpa ti stritoli le viscere se sei la causa dell'infelicità di qualcuno. Io le ho ucciso il marito, loro si amavano fin da ragazzini. Non posso nemmeno immaginare il dolore che Vinny può aver provato, ma sono consapevole che tutto quel dolore si è tramutato nell'odio che prova per me. Adesso che ha Kay Moser forse metterà da parte il risentimento e riuscirà a perdonarmi. E non ha idea di quanto mi costi il suo perdono, perché quell'uomo mi invade i sogni da settimane, perché non riesco a farlo uscire dai miei incubi notturni, perché non riesco più a dormire al pensiero che non ha mai risposto al mio ultimo messaggio. Sapevo di averlo provocato, gli ho chiesto di farmi pagare un prezzo ed era chiaro che non mi riferivo ai soldi, cioè non era chiaro per me fin quando non ho dovuto fare i conti col suo prolungato silenzio. Con la sua evidente indifferenza. Forse ha riso di me.

Ora so che gli avrei dato il mio tempo, i miei sorrisi, la mia voce, pur di avere in cambio la sua.

Poi m'illumino di emozione: vedo la scuola, la destinazione è raggiunta.

Non faccio in tempo a mollare la bici contro un albero, che dal cortile sento arrivare delle urla. M'incammino solerte fino alla recinzione e resto sconvolta alla vista di mio fratello che spinge urlante la maestra dandole della troia. Ha detto troia. Voglio sotterrarmi.

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