10 - Kay

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Il rinfresco è stato organizzato alle spalle di Palazzo Farnese, nella villa che si affaccia su Capodimonte e vede l'intero perimetro del lago di Bolsena. La prima cosa che hanno chiesto quando sono arrivato è stata: come si sente un uomo abituato a cavalcare il vento, a muoversi in sedia a rotelle? Me lo ha chiesto Tamara, del Post, una arrivista che ho scopato e non ha gradito di essere subito scaricata. Ma è la regola: se le scopo le mollo. Non me lo ha mai perdonato e ogni volta fa domande del cazzo per mettermi in difficoltà. Stavolta le ho riso in faccia reclamando i miei diritti come disabile, e l'ho fatta avvampare di vergogna.

«Ci sono le tartine all'aragosta, non te le puoi perdere, si sciolgono in bocca», Hollistar è già a bocca piena e piatto in mano e spinge con la pancia la mia sedia facendola sbandare a destra.

Il giardino è apparecchiato a festa, sembra di essere a un matrimonio. Non credevo sarebbe stata una cerimonia così pomposa, devo solo lanciare un software per gli addetti ai lavori, e invece è intervenuta la stampa al completo, vogliono ricamare tutti quanti sul mio incidente.

«Oh, mio caro, carissimo Moser», Rita Dellevi, la settantenne proprietaria di questo maniero, si china su di me per baciarmi la fronte, e la sua collana di gigantesche perle mi arriva in bocca. «Come ti hanno ridotto!», esclama allarmata. «Ma ti rimetterai in piedi, vero?»

Hollistar la scansa con un gesto veloce e sbuffa. «Non è paralitico, Rita. È solo convalescente.»

Mi sposta fino a un gazebo in ombra, il sole sta tramontando e per qualche ragione inspiegabile l'aria è più torrida che a mezzogiorno. Fa cenno agli addetti alla sicurezza di non far avvicinare nessuno a meno che non sia lui a dare l'assenso.

Mi parcheggia in una posizione strategica che impedisce alla gente di scattarmi foto o fissarmi corrugata, e mentre si accomoda su una poltrona di vimini tracannando Champagne, fa il resoconto degli invitati alle mie spalle.

«C'è pure il vice di Nensi, quello lo dovresti salutare. Ah, e c'è Burrati, se gli fai la faccia sofferente stavolta ti fa avere una medaglia al valore. Aspetta, aspetta, si avvicina quella con cui stavi a Malta, la figa di Vogue.»

Fa lo stronzo e dà l'assenso ai bodyguard. Scrolla le spalle: «Che vuoi farci, ho un debole per le storie d'amore».

Sfilo subito il cellulare dalla tasca e mi fingo impegnato in una accesa conversazione in tedesco. Lei arriva, mi osserva, mostra scoramento per la mia condizione, mi accarezza un ginocchio e io alzo la voce e calco parole che lei non capisce, finché si ritrae davanti alla mia indifferenza e finalmente si decide a tornare sui suoi passi.

Hollistar ride. «Che cazzo stavi dicendo con quell'accento nazista?»

«In realtà parlavo a lei: torna alle paillettes, non ho tempo da perdere con una arrampicatrice sociale senza cervello e cose del genere.»

Lui scoppia a ridere. «Sei tremendo. Quella ti guardava estasiata e addolorata e tu la stavi insultando.»

Agguanto un flute di Champagne. «Invece sai chi è promettente?»

Lui mi fissa malizioso. «Chi? La rossa della reception che prima ti divorava con gli occhi?»

«No. La sorella della mia investitrice, Virginia la cavallona. È venuta a trovarmi in clinica, ha parlato mezz'ora di motori, lo sai che è laureata in ingegneria meccanica? E poi... beh, mi ha schiaffato la lingua in bocca, non era molto a suo agio ma ci ho visto del potenziale.»

Hollistar mi fissa corrugato: «Ma chi, la strega? Smettila, quella non ti fa né caldo e né freddo. Guarda che ti ho capito benissimo, lo so dove vuoi arrivare e ti consiglio, in quanto tuo consulente fidato, di trovare un'altra strada per raggiungere l'obiettivo Elisabetta».

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