31 - Elis

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Due settimane dopo


È incredibile come il mio cuore, adesso che funziona, sia così triste.

«Dài, aprilo!», esclama Vinny eccitata. «Te lo metti oggi al party.»

Lui è svanito da quasi quindici giorni e prevedo che sarà così per il resto della mia vita.

Scarto il vestito di tulle rosa che mi ha regalato mia sorella, ormai tornata la Vinny di un tempo, e faccio un'espressione sconvolta.

Lei la coglie subito e si siede accanto a me. Fa la vocina piccola: «Che c'è, sorellina, non ti piace?»

Sono incredula, è identico a quello che indossava Baby nella scena finale del film.

«Non ci posso credere», mormoro tentennante.

Lei ride per l'emozione. «Non sai cosa ho dovuto fare per trovarlo così un po' vintage, ho trascinato Conner in sei boutique. Sei contenta?»

Mi sembra che il cuore mi sia appena stato strappato via dal petto.

L'abbraccio commossa. «Grazie, è fichissimo.»

Lei si mette in piedi e gira per la stanza con l'euforia dell'adolescente. «E le sorprese non sono finite», mi osserva cospiratrice, «saremo in quattro a cena.»

Il cuore torna al suo posto e inizia a suonarmi nel petto.

Lei aggiunge: «Conner porterà un collega. Uno davvero bello e pieno di soldi che non vede l'ora di conoscerti, sorellina.»

Subito smetto di respirare. La delusione mi invade i sensi e faccio uno sforzo enorme per non mostrarle il gesso che mi appanna la testa. So che lei sta facendo di tutto per farmi dimenticare l'uomo che sembrava follemente innamorato di me e che invece mi ha abbandonata con un saluto cordiale e un sorriso. In fondo credo che ne sia stata sollevata, non accettava la sconfitta e quando ha capito che nemmeno io ero riuscita a conquistarlo, una parte di lei deve aver gioito. Ora però ci tiene davvero a trovarmi qualcuno, vuole assolutamente andare a Monte Carlo in quattro.

«Ma Conner ha cinquant'anni...»

Lei ride. «No, ma il suo amico ne ha quaranta, stai tranquilla, se lo vedi ne dimostra trenta.»

«Ma io non cerco un uomo...»

«È solo un party inaugurale per la stagione di campionato, amore, mica il tuo matrimonio. Se non ti piace, lo buttiamo dallo spalto.»

Alla sola idea di andare al Mugello a festeggiare l'inizio di campionato di Ivan Battest mi viene la nausea. Ho il terrore di incontrare Moser e di dover fare i conti con la sua indifferenza.

Sui giornali c'era scritto che ha trascorso le ultime settimane a Colonia e credo sia ancora in Germania. Forse da sua sorella, ma questo non possono saperlo. O magari si è trovato una tedesca, a lui piacciono le naziste. Col volto definitivamente cupo infilo il vestito alla Dirty Dancing e mi sento davvero inadatta. Mi sento davvero in un angolo.

***

Il parterre dell'autodromo è stato allestito con festoni ed enormi bottiglie di Champagne, sono giganti, alte quasi un metro. A girare col vassoio pieno di tartine ci sono ragazze bellissime da far perdere la testa, quasi tutte bionde, pure quelle di colore sono bionde e altissime, tutte modelle. Noi abbiamo i posti riservati in cima agli spalti e Conner a un certo punto mi arriva incontro insieme a un uomo alto, longilineo, pettinato all'indietro col gel e col foularino al collo, come i lord inglesi.

«Elisabetta Loi, lui è Grant Shon, Grant lei è Elisabetta Loi.»

Questo Grant mi prende la mano e con la bocca sfiora il dorso, poi parla con l'accento inglese e la erre francese, tipo damerino uscito da un film che non vedrei neanche pagata. E comunque non ho ascoltato una sillaba dei suoi salamelecchi.

Finalmente ci accomodiamo e l'unica cosa che mi interessa è mangiare le tartine, punto subito salmone e gamberi.

«Non vedrai molto, da quella angolazione», dice Conner, «vieni più vicino a noi», e ammicca orientando lo sguardo sull'amico Grant. Per carità, appiccicata a Grant erre moscia lord?

«No, no, grazie, ci vedo benissimo», fingo di sorridere.

A sapere che il pacemaker sarebbe servito per vivere un incubo, mi sarei lasciata morire quel giorno. Naturalmente ho preferito mettermi in disparte, schiacciata contro la parete dello spalto, e davanti ho due colonne che in effetti mostrano solo una porzione di pista, i piloti nemmeno si distinguono. Vero è che guardare la gara è l'ultimo dei miei pensieri, la consolazione sono queste tartine che si sciolgono sul palato. Mentre lo penso ne divoro una intera, senza nemmeno mordere, e mi riempio la bocca per far incazzare Vinny che mi osserva sconcertata e indica la maionese che mi è rimasta sul labbro superiore. È divertente, con le guance piene mastico come una maleducata, se proprio devo sorbirmi questi ricchi noiosi, voglio metterli a disagio. Certe volte sembro Chicco.

Mentre me la rido sottecchi e rischio di ingoiare un calamaro intero senza masticarlo, in fondo al parterre vedo apparire due spalle tozze e una testa col ciuffo a schiaffo. Deglutisco tutto insieme e quasi mi strozzo, comincio a tossire. Hollistar, il vice di Kay, è qui. Si muove disinvolto, sta parlando con delle persone, stringe mani, annuisce allegro.

Lo fisso. Lo invidio. Lui sa dov'è Kay, lui ci parla con Kay. Vorrei tanto scendere da questa tribuna vip e raggiungerlo, fingermi lieta di vederlo e con fare ammiccante domandare dove sia finito il suo amico. Ma vestita da Baby di Dirty Dancing, con la maionese sulla faccia e questi tre marpioni intorno, penso che mi nasconderò dietro alla colonna, piuttosto.

Un capannello di giornalisti si è assiepato intorno a Ivan Battest, scattano foto, applaudono e lo intervistano, ci sono le telecamere, la televisione, giornaliste più bionde delle modelle con i vassoi. Ora Hollistar gli arriva accanto e gli poggia una mano sulla spalla, sorride e annuisce alle telecamere e lascia che scattino foto anche a lui.

«Cosa guardi?», domanda Vinny, china sul mio orecchio. «Hai intercettato altre tartine?», ridacchia.

«Veramente mi è appena passata la fame», abbasso lo sguardo.

La sua voce mi arriva in testa come uno sparo: «Ma fregatene, è solo un cafone, neanche viene a salutare».

Mi volto corrugata a osservarla: «Hollistar?».

Lei ride. «Figurati. Hollistar non mi salutava neanche quando arrivavo col suo vice.»

«Allora di chi parli?», per un attimo avvampo, alzo lo sguardo.

Kay!

Kay è lì, davanti ai giornalisti, bello come il sole. Le mani in tasca, l'aria sorridente, la giacca, perfetto. E lontano anni luce da me.

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