27 - Elis

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Credo di aver sognato. C'era un uomo col camice e lo stetoscopio al collo, era un uomo robusto e con la barba e la voce rassicurante. Mi muoveva e mi toccava e poi parlava del mio difetto cardiaco, della cartella clinica che si è fatto inviare per saperne di più. Accanto a lui c'era una donna tonda, dalle curve morbide e una crocchia alta sulla testa, paffuta e sulla sessantina, col grembiule, e anche lei rassicurante, quasi una balia uscita da una favola Disney, e mi passava qualcosa sulla fronte e mi rimboccava le coperte. Non ci sono abituata, nessuno si prende cura di me con questa delicatezza e apprensione da almeno dieci anni, sì, da quando ho provocato la morte di mio papà e di mio cognato. Da allora sono diventata un anatema, una piaga, una seccatura, una squilibrata, e a nessuno è più venuto in mente di farmi una carezza, figuriamoci rimboccarmi le coperte. Ma adesso devo svegliarmi, il sogno è durato anche troppo, devo tornare alla realtà, quella in cui mi chiedevo se gettarmi dal dirupo ma qualcosa me lo ha impedito. Non qualcosa, qualcuno. Kay Moser. Un altro prodotto della mia fantasia, sono sicura che quest'uomo non sia reale e che tra poco aprirò gli occhi e scoprirò di averlo creato io. È troppo perfetto, troppo eccitante per essere reale.

Apro gli occhi.

Sopra di me il tetto è spiovente, come mi trovassi in una grondaia, ma una grondaia di lusso, e calda, accogliente. C'è un lucernario che proietta luce lunare, deve essere sera. Questo forse fa parte del sogno, dormire su un soppalco a cui si accede da una scala a chiocciola di legno. Ogni oggetto d'arredo possiede intagli e decorazioni tipici dello stile tirolese, mi pare di essere finita nella casetta degli gnomi nello spot Loacker. Le travi che svettano sulla mia testa sono solide e di faggio e il letto è enorme, immagino a tre piazze, a meno che non sia finita in Alice in Wonderland e mi sia rimpicciolita io. Probabilmente prima di addormentarmi stavo raccontando questa favola a Chicco e ora ci sono finita in un delirio.

I miei vestiti, anzi i vestiti di Marco, sono adagiati e piegati su una sedia a dondolo in vimini, e più in là una balaustra proietta vita dal piano di sotto: il crepitio di un fuoco, il calore e il colore caldo che potrebbero provenire da un caminetto. Una musica soft, pianoforte e archi, a volume basso. L'odore inequivocabile di arrosto e patate al forno. Non ricordavo che Alice avesse anche cenato, mi pareva che fosse capitata solo all'ora del tè tra un buon non-compleanno e una danza di teiere animate. Mi sa tanto di essere in Hansel e Gretel, sarebbe più in tema con l'arredo, e non so cosa sia peggio, se incontrare la strega cattiva che mi divorerà dopo avermi rimpinzata di cibo, oppure la Regina di cuori che farà del mio cuore il suo trofeo.

Qualcuno sta salendo lungo la scala avvitata su se stessa, passi cadenzati. Forse l'orco cattivo? Il lupo travestito da nonnina?

Spalanco gli occhi: no, è il principe azzurro.

«Ti sei svegliata, mein kind?», dice il pezzo d'uomo che mi arriva davanti con la camicia aperta su addominali tratteggiati dal chiaroscuro della stanza. Gli osservo la peluria scura che finisce nella cinta dei jeans e qualcosa in me pulsa.

Chi lo avrebbe mai detto?

A quanto pare sono la bella addormentata nel bosco.

«L'incantesimo si spezza col bacio, non so come abbia fatto a svegliarmi da sola, forse sto ancora sognando», bofonchio stralunata.

L'uomo magnifico sorride.

«Non ho capito, vuoi che ti baci?»

Torno in me e mi tiro su a sedere con uno scatto tremante.

«Non voglio rischiare di prendermi un altro schiaffo, mein kind.»

«Kay!»

«Chi altri?», si siede sul letto e mi prende la mano.

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