Capitolo 2

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La grande sala che si presentò davanti agli occhi di Hylde era mozzafiato, quasi come se l'era sempre immaginata. Era molto buia, ma illuminata abbastanza da un grande focolare centrale, che provvedeva a emanare calore e luce in tutto l'enorme ambiente.

C'erano tantissime persone, distribuite in modo caotico lungo le tavolate riccamente imbandite di cibo e boccali di birra. Notò dei musicisti seduti sui tamburi che poco prima suonavano con trasporto, altri che reggevano degli antichi strumenti a corde. Alcune donne erano sedute sulle gambe dei loro uomini, reggendosi con le braccia attorno al loro collo.

Tutti le puntavano gli occhi addosso con sincera curiosità, come se fosse stata ben più importante della festa appena interrotta, e Hylde, che odiava stare al centro dell'attenzione, si sentì in tremenda soggezione, nonostante facesse di tutto per ostentare una sicurezza per nulla affine al suo reale stato d'animo.

In fondo alla sala svettava, sopra un piccolo palco rialzato, un trono di legno minuziosamente intarsiato. Su di esso sedeva una donna molto affascinante. Hylde la scrutò, mentre veniva fatta avvicinare al palco, davanti alle tavolate: era una donna adulta, segnata dal tempo, con il viso più fiero che avesse mai visto. Aveva gli occhi chiari e i capelli biondi legati in una complicata acconciatura e decorati con una corona d'oro. Portava alle orecchie e sull'elegante vestito blu tante, luccicanti pietre rosse. Anche lei scrutava Hylde attentamente, con faccia seria e imperiosa, come se cercasse di captare le sue intenzioni, come se volesse leggerle dentro. Fece un impercettibile cenno a Torvi, che sguainò obbediente la spada.

Il cuore di Hylde prese a battere a ritmo serrato, si sentì invadere dalla paura. Con le mani legate, tentò istintivamente di coprirsi il volto e il busto, piegandosi su se stessa. Non riuscì neanche a urlare, le parole le morirono in gola.

Con sua grande sorpresa, Torvi le abbassò le mani con fare gentile e tagliò le corde, liberandole i polsi doloranti, con delle ferite superficiali che Hylde si era procurata durante il tragitto, dimenandosi. Tremava come una foglia, nonostante il caldo del focolare, ma si ostinava a mantenere una parvenza di decoro esteriore.

Fu Torvi a rompere il silenzio, spiegando ciò che era accaduto nel bosco, aggiungendo che La Straniera parlava una lingua molto simile alla loro e che conosceva l'idioma sassone. Astrid si unì al discorso, dicendo qualcosa come: «Non potevamo rischiare, quindi l'abbiamo portata qui...», e poi: «Ci ha dato del filo da torcere!», indicandosi il naso, un po' divertita.

La donna sul trono ascoltò tutto senza staccare lo sguardo da Hylde, tenendola d'occhio, analizzandola con occhio critico, cercando di prendere una decisione. Dopo un tempo che parve infinito, chiese: «Come ti chiami? Da dove provieni?».

«Mi chiamo Hylde e vengo da...dalla Danimarca.», scandì bene lei, prima in danese, poi in norvegese, per essere il più chiara possibile e per capire in che lingua venisse compresa meglio.

La donna le fece capire la propria preferenza per il norvegese, quindi Hylde continuò: «Mi sono persa nel bosco.».

Sperava disperatamente che quello fosse uno scherzo, che facesse tutto parte di una macabra Candid Camera, però si sentì di aggiungere, pur col rischio di sembrare una stupida: «Non sono un nemico, non sono una Sassone.». usò lo stesso accento sentito da Torvi e Astrid e parlò col cuore in mano, cercò di trasmettere tutta la sincerità del mondo. Voleva solo esser lasciata in pace, aveva bisogno di dormire, si sentiva scoppiare la testa.

La donna si alzò dal trono e parlò piano e semplice, riservando a Hylde la stessa possibilità di comprensione: «Io sono Lagertha, regina di Kattegat... E ti credo.». La guardò direttamente e aggiunse, incutendo rispetto: «Ma non ti conosco, non posso fidarmi subito.».

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