Capitolo 12

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Il tempo volò via in un impercettibile battito di ciglia e la stagione calda arrivò prima che Hylde ed Ivar potessero rendersene conto. Le temperature si fecero più clementi e le giornate di sole si palesarono più frequentemente, portando i colori della primavera in quel territorio selvaggio. Le ampie vallate si tinsero di verde grazie ai prati rigogliosi, riempitisi di fiori profumati, e i piccoli corsi d'acqua delle alte montagne, prima ricoperti in superficie da uno spesso strato di ghiaccio, erano tornati a scorrere a pieno ritmo, ricchi di trote, lucci e tantissimi altri pesci d'acqua dolce. Gli animali selvatici tornarono a popolare le foreste coi loro numerosi branchi. I raccolti dei contadini di Kattegat dettero i loro frutti e le condizioni di vita si fecero per tutti più sostenibili.

Si respirava aria di cambiamento in città, accesa da una certa frenesia, mancando ormai solo una settimana alla partenza. Tutti i cittadini lavoravano febbrilmente per prepararsi al meglio per l'inizio di quella spedizione tanto attesa, così voluta per mesi e mesi.

In casa, Hylde percepiva l'entusiasmo di Floki e Brandr, desiderosi di far giustizia contro quei Sassoni che li avevano privati del loro sovrano e amico, coi quali sentivano di aver nulla in comune. Helga, invece, era di spirito più cauto, poiché conosceva perfettamente quali pericoli comportassero spedizioni come quella. Era preoccupata e faticava a nasconderlo, pur tentando di esser partecipe dello spirito generale della famiglia. La sua paura non l'avrebbe mai fatta allontanare dal proposito di rimanere al fianco delle persone a lei più care, avrebbe seguito Floki e Brandr ovunque.

I fratelli Lothbrok erano pervasi dall'adrenalina, che cresceva di pari passo con l'avvicinarsi del giorno in cui le navi avrebbero lasciato finalmente la baia di Kattegat. Erano come intrisi dalla sete di sangue e di vendetta, morivano dalla voglia di far crollare sulle teste dei Sassoni tutta la loro furia vichinga, di non lasciar loro alcuno scampo, esattamente come loro avevano fatto con Ragnar, torturato e lasciato marcire in una fossa piena di serpenti. I porcellini erano pronti a vendicare col sangue le sofferenze del vecchio cinghiale.

Pur cominciando ad essere partecipe dello spirito vichingo, essendoci ormai completamente immersa da mesi, Hylde manteneva ancora una solida parte di sé ben ancorata al modo di pensare moderno e non era facile portare avanti la propria vita avvolta in quella dualità: da una parte, iniziò a provare divertimento, talvolta anche gioia, durante i combattimenti, scontrarsi con Ivar, Brandr e gli altri le faceva provare proprio quell'esaltazione che in quei giorni manteneva energica la maggior parte della popolazione di Kattegat. Tornare a casa di sera, stremata dal lavoro di guaritrice e dall'addestramento, la faceva sentire viva, più di quanto lo fosse stata negli anni precedenti.

Dall'altra parte, invece, non riusciva a comprendere fino in fondo la frenesia incontrollata nel voler far giustizia attraverso la violenza, attraverso la guerra. Non era stata presa in considerazione la via diplomatica, nonostante quella società ne fosse intrisa: Kattegat aveva fatto parecchi accordi per dare vita a quell'immensa armata, perfino con personaggi dalla dubbia affidabilità, come Harald Bellachioma.

Hylde dovette arrendersi all'evidenza, e cioè che quel mondo non si fondava sui principi a cui era stata abituata per tutta la sua esistenza, non le sembrava neanche giusto volerli per forza applicare a quell'epoca così diversa, nonostante le venisse naturale, certe volte. Era un mondo crudo, fatto anche di brutalità, conflitti, discordie. Prima o poi, avrebbe dovuto compiere quel salto che ancora non si sentiva pronta a compiere, per sopravvivere avrebbe fatto bene ad adattarsi a quella cultura che, per quanto l'amasse, sentiva ancora lontana.


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