Capitolo 3

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I ragazzi vennero raggiunti da Floki abbracciato alla moglie Helga. I due li osservarono commossi per un momento, godendosi il suono delle risate.

«Padre...», fece Brandr, accorgendosi della loro presenza: «...questa ragazza è un dono degli dei, ha fatto fare una battuta ad Ivar!».

«E ha fatto ridere te.» completò la madre, accarezzandole i capelli con fare affettuoso.

La coppia invitò le ragazze a seguirli verso casa, immaginando che Hylde fosse molto stanca. Dato che le sembravano delle brave persone, decise di accettare la loro gentile ospitalità e di stare al gioco. Sarebbe comunque partita l'indomani, all'alba, con la luce avrebbe avuto qualche possibilità in più di orientarsi.

Congedarono Ivar e si avviarono. La casa della famiglia di Brandr era situata fuori dalla città, su un'altura che si spogliava lentamente degli alberi della foresta. Era piccola e modesta, con un ambiente centrale più largo, occupato dal focolare ormai spento, ricco di tizzoni, un bel tavolo di legno pesante e poche sedie, completavano il povero arredamento dei rudimentali scaffali e bauli, che probabilmente contenevano utensili da cucina, o del cibo conservato. La casa disponeva anche di due camere da letto, separate dal locale centrale mediante un ritaglio di tessuto leggero, che fungeva da porta. Hylde non osò focalizzarsi sull'assenza del bagno, per non impazzire del tutto, ma avrebbe tanto desiderato potersi fare una doccia calda.

Floki disse che lei avrebbe potuto condividere il letto con Brandr quella notte, ma aggiunse, un po' imbarazzato: «Ne costruirò uno anche per te, promesso!».

Hylde stava per dirgli quanto non fosse necessario, di non disturbarsi, ma lui la invitò a coricarsi e a riposare, chiudendo la conversazione senza nascondere la propria felicità.

Brandr le prestò una veste da notte e, con un sorriso, fece per scusarsi: «Ci ricordi molto la mia sorellina. Papà si fa prendere dall'entusiasmo.». Sembrava un po' imbarazzata. Precedette l'imminente domanda di Hylde dicendo anche: «Si è ammalata qualche anno fa, non ce l'ha fatta.». Si strinse nelle spalle, non era abituata a mostrare palesemente le proprie emozioni.

«Mi dispiace tanto, Brandr.» fu l'unica frase che Hylde si sentì di esprimere, non c'era bisogno di aggiungere altro.

Brandr sembrò apprezzare e confessò, mentre si avvolgeva nelle pesanti coperte: «Siamo felici di averti qui.».

Lei si sentì un verme, consapevole che se ne sarebbe andata via dopo poche ore. «Lo sono anche io.», lo era davvero, non riceveva tutto quell'affetto da troppo tempo e sapeva che sarebbe stato difficile privarsene. Però doveva assolutamente trovare un modo per tornare a casa.

Dopo una notte turbolenta, dominata dal freddo e dal perenne stato di dormiveglia, Hylde si svegliò prima di tutti. Iniziava ad albeggiare proprio in quel momento, quindi non perse tempo: si vestì in fretta, facendo il meno rumore possibile, e quando fu pronta lanciò un ultimo sguardo verso Brandr, in un tacito addio. Uscì piano dalla porta della piccola abitazione e si ritrovò nell'umida aria del mattino. Una leggera nebbiolina aleggiava vicino al suolo.

Hylde si rese conto fin troppo presto della dura realtà. La casa di Floki sorgeva alla base di un promontorio, riusciva a sentire le onde del mare, grazie all'estremo silenzio di quel luogo. Si avvicinò cautamente allo strapiombo e apprese con orrore di ritrovarsi di fronte allo stesso, identico panorama che aveva ammirato per ore il pomeriggio del giorno precedente. Non c'era la panchina, ma riconobbe la forma della costa, i monti circostanti, i fiordi. Osservò bene, era lo stesso posto.

L'unico elemento differente era Kattegat: il giorno prima era una ricca e fiorente città moderna, con un porto pieno di navi e pescherecci a motore, era il tipico centro abitato norvegese, con case alte e colorate. Ora osservava un villaggio vichingo, della città moderna nemmeno una traccia. Le barche erano di legno, munite di remi e vele come unico mezzo di propulsione. Nessun cavo dell'alta tensione, nessun aereo nel cielo. Non poteva esser vero.

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