Oltrepassare il limite

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Era sulla spiaggia e stava salendo con calma la passerella fino in cima, per tornare sulla nave. Era davvero stanca quel giorno. Non ne poteva più, si era rivelata più pesante del previsto. Però tutto sarebbe finito al più presto.
“Finito…” si ripeté nella testa.
Si voltò per rivedere la spiaggia che accoglieva le onde, sentire il vento tra i capelli, l’odore di erba nell’aria. Per un secondo si chiese se tirasse un piccolo venticello anche in cella. Era sicura che se si fosse consegnata alla Marina, l’unica cosa che il destino le avrebbe riservato era solo una misera prigione, da cui non avrebbe rivisto il mare neppure dalla finestra. Un po’ le dispiaceva, amava troppo il mare per rifiutarlo ed abbandonarlo.
I suoi pensieri vennero interrotti dal contatto di una mano. Si girò per vedere che la stesse chiamando e incontrò lo sguardo malinconico di Ace. Non ci voleva un genio per capire cosa stesse pensando il ragazzo.
-Alias, ti prego, lasciami parlare.- iniziò lui subito per non rischiare che la ragazza scappasse prima.
Lei lo guardò per un attimo per poi riprendere la camminata sulla passerella per tornare sulla nave, sorpassandolo -Non c’è niente di cui parlare.- precisò.
Ace non poteva permettere che la ragazza gli sfuggisse ancora quindi parlò lo stesso, per farsi ascoltare -Capisco che tu ce l’abbia con me. Ma non consegnarti alla Marina per questo.- esclamò diretto.
Lei bloccò la sua camminata verso l’alto, ma non si girò per guardarlo.
-Non lasciare che l’abbiano vinta su di te!- continuò lui.
Un piccolo momento di silenzio si susseguì, che per loro fu eterno. Si sentiva solo il suono lontano di uomini che lavoravano sul ponte sistemando le provviste appena prese e quello del vento che soffiava sulla costa.
-E per cosa?- controbatté lei -Per qualche giorno in più? Lo sappiamo entrambi Ace. Non posso vincere, sto soltanto allungando il giorno della mia cattura. Prima o poi succederà, meglio sbrigarsi e farla finita.- affermò secca.
Detto quello non disse altro, si avviò verso la propria cabina chiudendosi al suo interno. Del tutto ignara che da terra qualcuno aveva visto la scena, anche se non aveva sentito la conversazione. E in quel momento stava ribollendo di rabbia.
 

Ore dopo venne chiamata per la cena. Così prese su la spada in fodera, mettendosela in spalla ed uscì dalla cabina. Non se ne separava mai, per poi scese in cambusa, nella mensa. Come al solito l’aria di festa sprizzava da tutti, per un attimo si chiese cosa centrasse lei lì in mezzo a tutta quell’allegria, cosa ci facesse lì.
Alias si sedette al suo solito tavolo, salutando gentilmente Teach e qualche altro compagno che si era aggregato alla compagnia da un po’ di tempo.
Quando Ace entrò in mensa invece di incamminarsi verso il suo solito posto, con sorpresa di tutti, si sedette alla tavola dei capitani. Questi lo guardarono sconcertati, smettendo di mangiare per osservare ogni singolo movimento del ragazzo che teneva gli occhi bassi e che tranquillamente iniziava a trangugiare dal suo piatto.
Alias fece finta di niente, non lo guardò nemmeno, continuò a mangiare con totale calma e rilassatezza.
-Tutto bene?- chiese Teach alla ragazza osservandola mangiare forzatamente, lanciando qualche occhiata ogni tanto su Pugno di Fuoco che stava in silenzio al tavolo dall’altra parte della stanza.
Lei smise di gustarsi la cena e guardalo interrogativa -Sì, perché?- chiese tranquilla.
-Pensavo che le cose tra te ed Ace si sarebbero aggiustate, ma sembra che stia accadendo l’incontrario.- fece notare, non sorridendo, tanto da sembrare preoccupato per la questione.
Lei gli sorrise sinceramente come per dirgli che andava tutto bene, non le andava di farlo preoccupare. Lui ricambiò subito, sentendosi meglio e tornò a mangiare.

Dall’altra parte i capitani erano confusi per gli ultimi evolversi degli eventi. Pugno di Fuoco se ne stava zitto mentre mangiava, non si ingozzava neppure voracemente come al suo solito.
-Ace, perché stai qui?- chiese Izo confuso da quel cambiamento improvviso.
Ace non alzò neppure lo sguardo dal suo piatto -Che c’è, hai problemi se mi metto qui?- chiese scontroso.
Izo sobbalzò sorpreso. Non era possibile, prima rompeva che poteva sedersi dove gli pareva, poi ritornava lì. Un bambino capriccioso, ecco cos’era.
-Sai, ho notato che è dall’ultima isola che tu ed Alias non andate d’accordo… è successo qualcosa?- chiese Marco curioso.
-Niente. Oggi mi va di mangiare qui, punto.- rispose subito il moro iniziando ad ingozzarsi come al suo solito.
Sembrò che l’interrogatorio fosse finito, quando Satch aprì bocca dall’altra parte del tavolo -Domanda veloce, cosa c’è tra te e lei?- chiese di botto puntandogli la forchetta contro e guardandolo interrogativo -Ti vedo sempre con lei, ti preoccupi, la sorvegli, sembra che ci tieni…- iniziò a dire calcando le ultime parole, come per insinuare qualcosa.
-Davvero?!?!?- chiesero in coro Rakuyo e Namur sorpresi. Possibile non si fossero accorti di nulla?
Ace si fermò un secondo dal mangiare, irrigidendosi. Avrebbe voluto dire ai suoi compagni tutto, raccontargli dei suoi problemi con lei, cercare un consiglio, ma sarebbe stato pericoloso per Alias e lui non aveva nessuna intenzione di metterla in pericolo.
-Niente.- ripeté ancora.
-Allora cosa sono tutte quelle attenzioni?- chiese malizioso Vista.
Ace pensò alla cosa più naturale da dire e riprese a mangiare -Semplice. L’ho salvata io dalla Marina, facendolo mi sono preso la responsabilità di proteggerla. È come una sorella per me.- disse con viso inespressivo.
“Una sorella che mi piace portare a letto...” concluse mentalmente poi.

Ribellarsi al fato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora