Giovedì arrivò prima che io potessi capire in che cosa mi stavo cacciando. Non ero riuscita a parlarne ancora con nessuno e non sapevo come muovermi. Cercai di pensare che fosse una cena di lavoro, ma nemmeno il fatto che si trattasse di una ragazzina minorenne riusciva a troncare le mie fantasie. Mi vestii elegante, tacchi e tailleur e mi sentii molto stupida per essere andata anche dal parrucchiere. Il risultato fu piuttosto soddisfacente e mi resi conto che la mia vita di stenti alimentari in fondo non era così deleteria per il mio fisico. Portai dei fiori e una bottiglia di vino, non si va mai a casa di una signora a mani vuote.
Avevano una villa molto bella sulle colline vicino all'ospedale. Erano sicuramente anche ricchi di famiglia e probabilmente questo non faceva altro che rendere ancora più disdicevole l'atteggiamento della figlia.
Mi aprii la signora, signora che avrà avuto al massimo 5 anni più di me, molto più giovane del marito.
Riconobbi in lei molto dei lineamenti e del fisico di Celeste. Le porsi i fiori e mi fece accomodare.
Ci sedemmo in salotto in un imbarazzatissimo silenzio.
"Mio marito sarà qui a momenti, è andato a scegliere il vino in cantina"
"Non dovevate disturbarvi..."
I suoi occhi si fissarono nei miei e allungò una mano sul mio braccio.
"Mio marito ha stima di lei dottoressa, anche se noi non... non condividiamo certe scelte di vita ci siamo resi conto che forse potrebbe aiutare Celeste a crescere. Con noi ha smesso di parlare, di ascoltarci..."
Arrossii molto
"Forse noi abbiamo sbagliato, abbiamo dato per scontato molte cose, l'abbiamo fatta più matura di quanto non sia..."
"Forse non siamo i modelli a cui vuole aspirare, sicuramente qualcosa di fuori dalle righe è più allettante... buona sera Bianca"
Mi alzai per stringergli la mano non sapendo che dire gli feci i complimenti per la casa. Ci versò il vino ma sfortunatamente questo non bastò a terminare l'argomento.
Mi fecero una panoramica completa di come la figlia non studiasse, fosse piena di insufficienze, rispondesse male ai professori e non andasse nemmeno a scuola. La cosa diventò se possibile ancora peggiore quando si passò al capitolo serate, ragazzi e fidanzati. Mi venne quasi il dubbio che fossero arrivati al punto di pensare meglio lesbica che troia.
Fortunatamente non si aspettavano risposte e terminato l'excursus sulla vita della figlia ci alzammo per andare a tavola.
Celeste ci aspettava svogliata stesa sul dondolo. Era un ottobre caldissimo e si poteva ancora cenare all'aperto.
Non si alzò nemmeno quando li vide ma non riuscì a nascondere lo stupore di vedere me, lì. La salutai e lei arrossii cosa che temo vide anche suo padre e questo non fece che peggiorare la tensione tra di noi.
Si sforzò di parlare di lavoro, Celeste più che mangiare spezzettava il cibo nel piatto e la moglie rimaneva al suo posto in perfetto stile casalinga. Immaginai che questo esempio non si confacesse a una personalità più decisa.
Non fu una serata piacevole, non eravamo mai andati oltre un aggiornamento in reparto o al massimo a condividere un tavolo molto ricco di altri ortopedici e il motivo era evidente. Battibeccammo persino sulla presentazione di un caso al prossimo congresso ma nessuno dei due fu troppo veemente.
Quando finimmo di mangiare li ringraziai e provai a congedarmi, ma sentivo i suoi occhi addosso in un modo che quasi mi mandava a fuoco.
"Celeste perchè non accompagni la dottoressa?" Sospirò la madre molto accigliata.
Lei si alzò di scatto guardandoci molto sospettosa poi decise di lasciare perdere e si avviò dentro.
Quando mi girai per salutarli vidi i loro sguardi tutt'altro che amichevoli. Stavo camminando su un filo molto sottile e nemmeno potevo biasimarmi visto che non ci ero salita di mia volontà.
Quando arrivai alla porta lei mi seguii fuori sedendosi sulla mia moto nel vialetto.
"Hai una sigaretta?"
"Non credo proprio Celeste, ma se anche la avessi non sarebbe adeguato che te la offrissi non trovi?"
Accavallò le gambe facendo scoprire un po' di coscia. Continuai a guardarla in faccia.
"Mi porti a fare un giro?"
"Non stasera, magari un'altra volta"
Accarezzò il manubrio imbronciata
"Perchè mio padre ti ha invitata a cena?"
"Abbiamo un congresso tra qualche settimana"
Mi guardò perplessa dando gas alla moto spenta.
"Strano, mia madre odia le lesbiche, pensavo anche mio padre"
Aprii il bauletto per prendere il casco
"Questa cosa dell'orientamento sessuale proprio non ti va giù eh" e ridacchiai
"Pensavo di non essere la sola fino a stasera"
Misi la borsa dentro al bauletto chiudendolo con una botta secca, lei scese con un saltino.
"Non è naturale"
"Mhh dici?"
E mi avvicinai un po', non si spostava ma continuava a fissarmi con quel vago aspetto supponente. Mi allungai a inserire le chiavi nel cruscotto azzerando la distanza tra di noi, sentivo il suo petto sul mio braccio. Si spostò di scatto
"Non capisco cosa ci sia di divertente" e fece spallucce, mi infilai il caso e salii sulla moto
"Oh c'è molto di divertente, ma non dire ai tuoi che te l'ho detto"
Mi tirai giù la visiera e accesi la moto
"Comunque dovresti farmi fare un giro"
"Al primo otto che prendi"
"Ma sei seria?"
"Ti assicuro che è raro che io voglia scherzare"
"Un otto quindi? E mi porti dove voglio?"
"Questo non l'ho mai detto. Un otto e ti porto a fare un giro"
"Va bene"
Diedi gas
"In ginnastica o arte non conta"
E me ne andai.
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Passarono alcuni giorni nei quali evitai accuratamente di incontrare Franceschini per i corridoi, lui faceva lo stesso facilitandomi il compito enormemente. Mi lasciò sulla scrivania il foglio delle credenziali del registro elettronico di sua figlia senza commenti. La sera decisi di darci un'occhiata davanti ad un bicchiere di vino.
Era un disastro totale tra assenze e insufficienze ed era appena iniziato l'anno. Lessi le sue note, disturbava in classe, rispondeva ai professori e polemizzava sui voti. Mi cadde l'occhio sul nome della sua insegnante di matematica, proprio la materia in cui pareva andare peggio e non potei trattenere uno sorrisetto.
La conoscevo bene la professoressa De Laurentis e probabilmente era un po' che lei non conosceva di nuovo qualcuno stando all'astio che trapelava da quel registro.
Proprio appena i pensieri poco adeguati sulla ragazzina erano stati dirottati verso qualcun altro mi apparse la notifica di una novità. Otto meno in scienze, scritto.
Sospirai, il destino ce l'aveva con me, chissà come mi sarebbe stata bene la divisa da carcerata.
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Scelsi l'effetto sorpresa e l'aspettai fuori dalla palestra. Avevo la tuta da moto apposta per evitare mi si riconoscesse, comunque lei mi vide subito. La accesi puntandole la luce contro e sgasai. Vidi il suo imbarazzo crescere visibilmente quando le sue amiche si girarono a guardarmi e mi venne incontro.
Le allungai il casco senza dire niente, se lo mise e le potei parlare col bluetooth.
"Apri il baule e mettiti la giacca"
"Cosa ci fai qui?!"
"Ti porto a fare un giro"
"Adesso?"
"Adesso, hai di meglio da fare?"
"No..."
"Sbrigati dai che ci stanno guardando tutti" dallo specchietto la vidi infilarsi la giacca e mettere a posto la sacca. Salì e misi in moto.
"Tieniti che se cadi tuo padre mi ammazza"
La sentii ridere e rigidamente si avvicinò a me.
Il suo corpo così vicino mi fece impazzire, partii con una sgasata che la costrinse a stringermi.
Presi sicuramente tutte le multe possibili sui viali ma non volevo mi si allontanasse. Salii verso san Luca e poi proseguii un po' fino ad un punto abbastanza panoramico.
Mi fermai sulla piazzola e lei scese. Ci togliemmo il casco e mi avvicinai al parapetto, lei si sedette di nuovo sulla moto guardando il cellulare.
"Mi stanno chiedendo tutti chi mi sia venuto a prendere"
Mi girai a guardarla
"Chi mi è venuto a prendere?"
Sollevai un sopracciglio
"Una collega di papà?"
Ridacchiò "dicono che sei Figo"
"Figo? Ah si? E ce n'è qualcuna di maggiorenne?"
Annaspò tornando subito molto a disagio, si sistemò sulla moto tornando a guardare il telefono.
"Sto scherzando Celeste"
Annuì sbuffando "pensavo non scherzassi spesso"
"Ogni tanto provo, dici sia meglio rimanga -frigida-?"
Ormai era buio ma anche così vedevo il suo imbarazzo.
"Su che cos'era la verifica di scienze?"
"Un riepilogo sul corpo umano"
"Bhe brava non doveva essere facile"
"Mhh papà avrebbe detto che era una cazzata"
Mi schiarii la voce "una cosa?"
"Una stronzata"
"Celeste parla bene"
Sbuffò "madonna ti preferivo lesbica"
"Sono sempre lesbica ma mi farebbe piacere parlassi adeguatamente, comunque sei stata brava e io ho mantenuto la promessa"
Alzò gli occhi al cielo e contro ogni aspettativa mise via il telefono e si spostò a guardare il panorama. Rimasi al mio posto per un po' poi le dissi che si era fatto tardi, risalì senza protestare e si strinse a me.
"Che moto è questa?"
"Una Yamaha"
"Cilindrata?"
Mi misi a ridere
"Un 900"
Rimase zitta e decisi di rincarare la dose
"Non la possono guidare i tuoi amichetti, a meno che tu non ne abbia di vecchi ma spero per te di no"
"No, mi fanno schifo"
"Brava, qual é il prossimo compito?"
"Minchia se mi metti ansia"
"Celeste se ti sento un'altra volta dire una parolaccia mi arrabbio"
"Non sei mica mia madre"
"Appunto"
"E che cosa fai se ti arrabbi? Ho proprio paura"
Accostai sul ciglio della strada mi voltai verso di lei e mi sollevai la visiera. Sollevai anche la sua tenendola vicina a me dal casco.
"Sono certa che tu non lo voglia scoprire"
Rimase di stucco ma ribattè facendomi molto innervosire. La strattonai per il casco sollevandole bene la faccia.
"Non farmi arrabbiare, davvero, non farlo"
Scese dalla moto
"Chiamo papà"
"Certo, poi passamelo però"
Vidi i suoi occhi allargarsi un po' spaventata
"Adesso risali che siamo in mezzo alla strada"
Lo fece e ripartii.
Rimanemmo zitte fino a casa sua. Parcheggiai appena prima dell'ingresso.
Scendemmo, le tolsi il casco e la sua faccia era assolutamente impagabile.
"Sei stata una brava passeggera, magari passo una prossima volta"
Le sollevai il mento con due dita "vuoi?"
Diventó rossa di nuovo, si spostò ma annui.
"Latino comunque, venerdì"
Le diedi la sacca e rimisi dentro la giacca e il casco che le avevo prestato.
"Era la mia materia preferita al liceo"
"Mi fa schifo"
La guardai seria
"Neanche schifo si può dire?!"
"Abituati a parlare meglio Celeste così poi sarai in grado di adeguarti al contesto"
Sbuffò vistosamente
"Vai male di solito in latino vero?"
"Molto"
"Che cosa vuoi per prendere sette?"
"Che cos'è questo?"
"Un gioco a premi?"
"Perché dovresti fare un gioco a premi con me? È... inquietante"
"Inquietante? Ti preoccupa?"
E mi avvicinai a lei sforzandomi di rimanere tranquilla.
"Non capisco perché"
"Ci sono un sacco di cose che non capirai, ti dò una mano"
"A fare cosa?"
"A renderti migliore"
"Migliore? Sai cosa? Sei proprio stronza!"
Le serrai il polso e la tirai a me.
"Non ti permettere mai più bambina"
Provò a divincolarsi ma la tenni più stretta
"Non puoi tenermi qui! Chiamo i miei!"
"Pensi veramente che se non potessi ti terrei così a due metri da casa tua?"
Rimase zitta.
"Adesso Celeste io fingerò di aver dimenticato questo piccolo battibecco e tu mi dirai con che cosa baratterai il tuo sette in latino"
"Voglio andare a una festa sabato"
"Quale festa?"
"Una festa al Matisse coi miei amici"
"Va bene"
"Voglio tornare quando mi pare però"
Sospirai e immaginai la mia domenica a riprendermi dagli orari di una diciassettenne.
"Sette e torni quando ti pare"
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Educazione
RomanceBianca è un chirurgo in carriera, non ammette distrazioni e farebbe di tutto per prendere il posto del primario del reparto, perciò quando lui le chiederà un favore molto particolare lei non si tirerà certo indietro. Celeste è all'ultimo anno di li...