26. Hai da accendere?

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C'era aria di tensione.
Nessuno osava spiccicare parola, alcuni temevano addirittura di scambiarsi sguardi di troppo.
Niccolò e Adriano si fissavano come se fossero confusi sconosciuti o perfetti nemici, non sapevano nemmeno loro come interpretare l'uno lo sguardo dell'altro, ma di sicuro non era quello che si scambiavano cinque anni fa, non era quello che si scambiavano per trovare intesa, comprensione, gioia o conforto, c'era solo tanto disprezzo.

-che ci fa lui qui?- si rivolse Niccolò a Gabriele, spingendolo in un angolo in modo da isolarsi dagli altri.

-mi ero scordato di avvisarti che sarebbe tornato oggi, scusa colpa mia- si giustificò grattandosi la nuca imbarazzato, prevedendo già una serata piena di rancori e tensioni.
Lo vide sbuffare con nervoso ed intuì che probabilmente aveva i suoi stessi presentimenti.

-piuttosto dovevamo chiarire una cosa io e te- gli ricordò non dimenticandosi il motivo per cui l'aveva invitato, attirando il suo sguardo confuso (ovviamente sempre nascosto dalle solite lenti nere).

-andiamo non farmi quella faccia, sai benissimo a cosa mi sto riferendo-

-ma de che stai a parla', ma che sei matto- continuò a fare il vago, nonostante qualche presentimento gli stesse crescendo in petto.

-ascolta forse gli altri se ne saranno già dimenticati, ma io me lo ricordo ancora, ok? E anche molto bene aggiungerei- insistette

-ma si sono dimenticati cosa? Ma me dici che t'è preso?-

-che m'è preso? A me? Mi dici dov'eri ieri sera?- domandò incrociando le braccia in petto curioso e, allo stesso tempo, preoccupato della risposta.

Quella domanda sembrò congelare il tempo per vari secondi, secondi in cui Niccolò si guardava attorno e boccheggiava in cerca di parole giuste da dire.

-ero da Alessia- giunse finalmente alla risposta, omettendo forse il dettaglio più importante ma con la coscienza a posto per aver detto la verità. -perché?- chiese poi, pentendosi già di aver bevuto quella sera e di essersi lasciato scappare una frase così importante; pentendosi di aver fatto trapelare un'altra frase sbagliata al quanto fraintendibile.

-Ni' ascolta- lo richiamò Gabriele dopo aver preso un respiro e aver inchiodato bene i suoi occhi nei suoi -io...io in realtà non so neanche cosa dirti, la verità la sappiamo entrambi e tu sei consapevole che io la conosca, per cui sarebbe anche inutile girarci intorno ma ti capisco. Capisco che magari per te è più difficile parlarne che pensarci e che magari...non lo so, ti imbarazza come argomento o quel che vuoi, ma sappi che mi dispiace non aver mosso un dito l'altra sera, ok? Mi dispiace tantissimo e ringrazio chiunque per averti ancora qui stasera, sul serio-.
Niccolò accennò un sorriso.

-tranquillo, non mi aspettavo che qualcuno facesse qualcosa in quelle condizioni, d'altronde ho scelto quella sera non a caso- lo giustificò, ancora meravigliato dal ricordo che gli era rimasto impresso. Non si aspettava che qualcuno se lo sarebbe ricordato.

-ao regà mo possiamo almeno ordina' le pizze però giusto? Almeno ordinalle- si lamentò Gianmarco affacciandosi sulla cucina con già pronto il cellulare in mano.

-sì, ora possiamo ordinare, cominciate a prendere posto a tavola e stateve zitti. Mamma mia oh sembrate degli affamati ogni vorta!- gli concesse Gabriele alzando gli occhi al cielo allontanandosi di poco da Niccolò, per poi lanciargli un ultimo sguardo, come se gli avesse chiesto se avesse afferrato il concetto.

"sì Gabrie', l'ho capito che stavo per fa na cosa stupida nun c'è bisogno che me guardi torvo tutta 'a serata; ce stanno già mi madre e quell' indiscreta de Alessia per rinfacciarmelo" sarebbe stata la risposta del ragazzo, ma preferì tenersi questo suo pensiero per sé.

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