1. Solo due birre

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Era sera e come al solito, allo stesso orario, Niccolò spense il cellulare, inforcò i soliti occhiali da sole scuri, si accese una sigaretta e prese a camminare per la città.
Il sole era ormai tramontato, lasciando in mostra solo le sue ultime poche luci.
Era solo, come sempre negli ultimi cinque anni ormai, con la mente spenta a percorrere il ponte della città, il loro ponte. Si lasciava  trasportare dai propri passi, consapevole che l'avrebbero portato al solito posto, percorrendo sempre la stessa strada.
Mentre camminava si guardava attorno con occhi spenti, tristi e assopiti, come quelli dipinti delle bambole. Quegli occhioni che un tempo brillavano di speranza e luce propria, si erano spenti e consumati, sempre socchiusi poiché troppo stanchi per aprirli del tutto, e vuoti, costantemente vuoti e persi ovunque.
Non si sorprendeva più di niente, non reagiva quasi mai a nulla e non scambiava parola con nessuno.
Ogni tanto, quelle poche volte che guardava il telefono, capitava di rispondere a qualche chiamata da parte di sua madre che, preoccupata e avvilita per il costante umore del figlio, cercava di farsi sentire sempre presente, nonostante la poca distanza che li separava; o leggere qualche messaggio da parte di quei pochi amici che gli erano rimasti che però rimanevano sempre senza risposta.
Da quel giorno nessuno, oltre lui, mise più piede dentro casa sua, sempre se così si poteva chiamare. Essa era ricoperta dalla penombra, sporca e disordinata, più che una casa sembrava una caverna in cui un orso si era abbandonato a sé stesso, aspettando ormai da troppo tempo che schioccasse la sua ora.

Senza che se ne accorgesse, ecco che come al solito i suoi piedi l'avevano portato di fronte alla solita lapide, la sua lapide. Di fronte la solita foto, di fronte il solito sorriso, di forte i soliti capelli rossicci, di fronte i soliti occhi blu.
Tirò un sospiro di rammarico, come per darsi forza, dopodiché si piegò e le lasciò la solita rosa bianca, mettendola insieme alle altre, sostituendo quelle ormai secche.

-volevo portartene due ma il fioraio le aveva finite, questa era l'ultima- si giustificò con voce leggermente roca, dovuta al fatto che quelle furono le prime parole del giorno.

Si baciò le dita e le posò sulla foto ormai sbiadita, accarezzandola delicatamente.
Fece leva sulle ginocchia e si tirò su, asciugandosi quella piccola lacrima che minacciava di scendere. Proseguì per i suoi passi, giungendo alla seconda tappa del suo solito percorso: il parco dietro al cimitero. Un senso di malinconia lo pervase, spense la sigaretta ormai consumata e si andò a sedere su una  panchina sotto la quercia, la loro panchina. Sfiorò con cura le loro iniziali incise sopra e si lasciò sfuggire un sorriso amaro. Quell'atto così infantile all'epoca, ora gli sembrava la cosa più cara e tenera del mondo. Si voltò verso il grande albero e scosse la testa scacciando via il ricordo che subito gli si presentò davanti.

-Ní è presto! Perché mi hai portata qui a quest'ora?- rise la ragazza stupita dal gesto del ragazzo.

Erano le 6.00 di mattina e Niccolò l'aveva portata fuori casa, facendole indossare la prima felpa che trovava sopra il pigiama, con la scusa di mostrarle una cosa troppo importante.

"eh no, non parlo dell'alba. O meglio, non solo" le disse precedendo la sua domanda e, a quelle parole, la ragazza si convinse a seguirlo, incuriosita da ciò che aveva in mente.

-ti ricordi quando incidemmo le nostre iniziali sopra questa panchina?- prese parola il ragazzo girando attorno all'oggetto indicato, sotto lo sguardo attento della ragazza che annuì

-ci giurammo amore eterno e decidemmo che da quel giorno questa sarebbe stata la nostra panchina e quello il nostro vischio- indicò l'albero sotto al quale aveva preso posto la ragazza

-ecco ora...voglio rifarlo, solo...in modo un po' più ufficiale- spiegò tirando fuori dalla tasca della felpa nera una piccola scatolina e sorrise alla vista degli occhi emozionati della giovane

-vuoi sposarmi?-

-hey, mi scusi signore- aprí gli occhi sentendosi scuotere da una spalla, realizzando di essersi addormentato inconsciamente.

-va tutto bene? Ha bisogno di riparo?- sentí domandare dalla stessa voce di prima, capendo si trattasse di una ragazza non poco più piccola di lui.

-che m'hai preso per un senzatetto?- domandò forse un po' troppo scorbutico

-ah non lo so vedi tu! Stavi dormendo su una panchina sotto la pioggia, cosa avrei dovuto pensare?- domandò in risposta la ragazza e Niccolò si decise a mettersi seduto e guardarla in faccia, portandosi una mano sopra gli occhiali per vedere meglio.

Sembrava avere più o meno la sua stessa età, portava uno zaino sulle spalle e reggeva l'ombrello in una mano. I capelli erano raccolti in uno chignon disordinato, coperto dal cappuccio del ki-wei che indossava; gli occhi sembravano essere neri, ma forse risultavano solo più scuri per via della poca luce che c'era, senza contare che con la pioggia non si notava granché. Il resto non osò guardarlo nemmeno, non si interessò né del fisico e né del resto del viso. Gli bastava sapere che quella non era lei, il ché lo portava a non interessarsi ulteriormente.
Da quel giorno chiuse ogni rapporto con ogni ragazza che gli capitasse a tiro, che si trattasse di una relazione, si una scopata, o semplicemente una conversazione.
Sapeva che non era giusto, che non aveva senso continuare così, che avrebbe dovuto passare avanti e godersi gli anni che la vita gli offriva, soprattutto dopo aver visto coi propri occhi quanto questa possa essere stronza, ma non ci riusciva. Non riusciva ad immaginarsi nel letto con un'altra donna che non fosse lei, non riusciva ad immaginare la sua felicità con altre persone, sapendo che lei ormai non c'era più. Sbagliava, ne era consapevole, ma non riusciva a farci nulla.

-senti se non vuoi degnarmi di nessun'altra tua parola ok, ma almeno togliti di qui prima che ti prenda un malanno!- lo convinse la ragazza tirandolo su da un braccio, tirando fuori tutta quella confidenza che non sapeva di avere

-che te frega?- sputò acido Niccolò, tirandosi su il cappuccio della felpa, cominciando a dare retta ai primi allarmi della sua ipocondria.

-semplicemente non vorrei ritrovarti nei corridoi dell'ospedale tra i miei pazienti-

-sei un'infermiera?- domandò il ragazzo lasciandosi sfuggire quella piccola curiosità. Sentendo la parola "ospedale" il discorso cominciò ad interessargli tutto d'un tratto.

-una specie, faccio un corso di infermeria  nella scuola qui di fronte e sto studiando per diventare medico- spiegò aggiustando i libri che portava in braccio, a cui prima Niccolò non aveva fatto caso.

Hanno anche costruito una scuola? Quante cose mi sono perso in sti giorni?

-che ci facevi qui a quest'ora sotto la pioggia?- domandò curiosa

-cazzi miei- rispose secco abbassando lo sguardo

-come vuoi, Alessia comunque, piacere- si presentò porgendogli la mano cordiale, ignorando il tono usato dal ragazzo

-Niccolò- rispose senza ricambiare la stretta di mano

-ti va se ci fermiamo in un pub qui vicino?  Il tempo che smetta di piovere- propose la ragazza portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio

-solo due birre, tanto ci sarei andato comunque - acconsentí prendendo un sospiro.

Sapeva che attaccare bottone con la ragazza non rientrava nei suoi piani, ma pioveva e ormai i nomi se li erano scambiati. S'incaminò raggiungendo il solito pub di ogni sera, consapevole di star per essere investito nuovamente da una marea di ricordi.

Ciao ciao ❤️
-Fla :)

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