16. Les Lumières

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"Les Lumières". Un insegna grande e illuminata da LED gialli presentava il locale che i suoi amici avevano prenotato e Niccolò, ancora una volta, maledí il destino per avergli rovinato ulteriormente la serata.
Evidentemente la forte nostalgia di Wendy e il pensiero di sembrare triste e fallito quella sera non bastavano, dato che quel locale era il preferito della rossa e fu anche il luogo dove si tenne la loro ultima cena insieme prima dei giorni rinchiusi all'ospedale.

Si ricordava bene quella sera, eccome se la ricordava. Faceva freddo fuori, tirava un vento talmente gelido capace di far congelare le mani persino con i guanti.
Niccolò e Wendy erano a casa, ma non c'era più l'armonia e l'aria accogliente che qualche mese prima ingombravano quella casa. Niccolò era seduto al pianoforte, intento nel comporre qualcosa di nuovo, senza però riuscirci subito, dato le scartoffie arricciate e gettate alla rinfusa per casa. Wendy invece era chiusa in camera, da un paio di giorni ormai, ma non per volere del medico, per volere di nessuno in realtà. Semplicemente non aveva più la voglia di uscire, anche solo dalla stanza, non trovava il minimo senso nel fare qualcosa "se tanto poi tutto finirà".
Usciva solo durante i pasti, giusto per far compagnia al  ragazzo che non meritava di essere trascurato per nulla al mondo.
Eppure non era la stessa cosa. Per lui era come mangiare da solo. Lei non sorrideva più, le sue labbra erano sempre chiuse e curvate all'ingiù, si era dimagrita talmente tanto che anche una semplice canotta le andava come vestito, gli occhi erano sempre ricoperti da un leggero luccichio di tristezza e disperazione, e la notte era divisa in urla strazianti e conati di vomito. Era arrabbiata, costantemente arrabbiata, persino con se stessa nonostante sapesse che non c'entrasse nulla. Niccolò aveva provato varie volte a farle amare quei piccoli particolari ancora visibili sul suo corpo di cui un tempo andava fiera, ma puntualmente ogni volta la figura calva e triste riflessa sullo specchio non faceva altro che aumentare il suo senso di nausea.
Apprezzava quello che il ragazzo stava facendo per lei, apprezzava che nonostante tutto lui fosse ancora lì con lei, apprezzava che nonostante la sua mancata voglia di vivere lui cercava sempre di farla ridere o rendere partecipe di qualsiasi cosa. Talvolta si forzava di sorridere solo per compiacerlo, per fargli credere che i suoi sforzi non erano invani e che sarebbe andato realmente tutto bene, ma ormai entrambi erano giunti alla stessa conclusione: non sarebbe andato tutto bene.

-amore- Niccolò entrò come al solito, allo stesso orario, nella camera da letto, ormai stufo della sua assenza.

-hey- ricambiò il saluto ammiccando un lieve sorriso. Certo era felicissima di vederlo, ma quel lieve e piccolo sorriso non era niente in confronto ai sorrisoni luminosi e gioiosi di prima, e di questo se ne accorse anche Niccolò che era ormai stanco di non vederla più sorridere.

-tutto ok? Che leggi oggi?- ogni giorno la ragazza si cimentava nella lettura di un nuovo libro, giusto per passare il tempo e perché, a detta sua, era un peccato lasciarli a marcire tra la povere.

-uhm...le cronache di uno strano vecchio che scopre qualcosa...non te lo so dire in realtà, non ci sto prestando molta attenzione- confessò gettando il libro sul letto e sospirando pesantemente.

-Noioso?- domandò affiancandola e sedendosi affianco a lei, premendo poi con le labbra sulla sua guancia pallida. Necessitava del suo contatto fisico.

-mh, mh- annuì sfogliando svogliatamente la copertina

-ma è in inglese- commentò Niccolò prendendo il libro al contrario. Spesso si dimenticava delle origini londinesi della ragazza e si ritrovava a che fare con oggetti e tradizioni strane che con lui o il suo mondo non avevano niente a che fare.

-stupito?- gli domandò ironica, convinta che ormai avrebbe dovuto conoscere questo suo lato

-amò sto uscendo- si sentí avvisare all'improvviso, non si era nemmeno accorta che il ragazzo si era infilato il cappotto e le scarpe nel frattempo.

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