Quella settimana per Beatrice stava facendo decisamente schifo.
Per quanto si fosse decisa di prendersi una pausa dallo studio, per quanto avesse provato con film e serie tv comiche, per quanto non fosse mai uscita dalla sua stanza per non guardare la faccia ebete di suo fratello o di suo padre, per quanto non avesse fatto nient'altro che dormire insieme al gatto, la sua rabbia non passava.
Aveva provato di tutto, perfino la vendetta. Il video di quella stronza di Marzia ormai girava per tutta la scuola, e quella cretina non se ne era neanche accorta, però non poteva dirsi soddisfatta, nonostante ciò, non era felice.
Il video la mostrava per quello che era, per come Beatrice l'aveva sempre vista, ed era grata che finalmente un minuscolo pezzo di mondo potesse ammirare la vera Marzia: tutto fuorché perfetta, adorabile e diligente.
Eppure, quel video non cancellava il torto che le aveva fatto, quella vendetta non le riportò Michele.
Michele, quanto le mancava. Aveva avuto più volte la tentazione di chiamarlo, di lasciargli un messaggio, anche solo un banale "che fai?". Ogni giorno, ogni ora, apriva la sua chat nella speranza che ci fosse qualcosa di nuovo, qualcosa di più di quel video lasciato senza risposta.
Sapeva benissimo ciò che le aveva fatto, l'aveva picchiata, l'aveva tradita, si arrabbiava con lei per cose frivole e insignificanti, però la faceva sentire così importante, così speciale. Beatrice non se ne accorse ma non era Michele a mancargli, non era Michele ciò che amava. Voleva di nuovo quelle attenzioni, quelle premure che solo Michele riusciva a regalarle. Lì, a casa sua, era sola, dimenticata da tutto e tutti. I suoi non si accorsero neanche del suo dolore, credettero senza esitazioni alla scusa della stanchezza. Finché non avrebbe dato fastidio, Beatrice non sarebbe stato un problema, e questa cosa la uccideva.
Michele, con tutti i suoi difetti, con tutta la sua rabbia, si accorgeva sempre del suo malessere. Era sempre lì per lei qualora si dovesse sfogare, qualora avesse sentito il bisogno di urlare quanto facesse schifo il suo mondo.
Adesso però Michele non c'era più, per la prima volta dopo quasi cinque anni era completamente sola, e la sentiva tutta quella solitudine. Ogni azione, ogni oggetto della sua stanza le ricordavano Michele, dal pupazzo di Spongebob vinto alle giostre del luna park l'estate della terza media, quando ancora si vergognava a parlare con lui, alle foto appese delle innumerevoli feste in Piscina da Camilla, dai bigliettini conservati trovati nei Baci Perugina, alla mappa dell'appennino umbro sul quale si persero certi di morire.
Tutto in quella stanza, tutto nella sua vita aveva lo stesso sapore di Michele. Un sapore buonissimo, di certo il suo sapore preferito, che col tempo non faceva che deteriorare. Ora quel sapore non le piaceva più, era troppo forte, troppo aspro; un sapore così deciso, così crudo da farle male, da farle perdere la testa tanto da urlare via tutto il suo fiato nel cuscino, da fale contorcere lo stomaco, la pancia, le gambe, da farle piangere in continuazione, come se non fosse in grado di fare altro, come se non avesse mai saputo fare altrimenti.
Non riusciva a pensare ad altro, non voleva pensare ad altro, e si arrabbiava. Si arrabbiava perché era stata stupida: avrebbe dovuto perdonarlo, avrebbe dovuto scusarsi, avrebbe dovuto considerarlo. Ora era sola perché per Michele non era abbastanza, perché Marzia era meglio di lei, perché chiunque al mondo era meglio di lei. Michele aveva ragione, era fortunata ad averlo, dopo di lui nessuno avrebbe fatto il suo stesso sbaglio. L'unica possibile via per la felicità se l'era bruciata, aveva allontanato l'unica persona in grado di amarla. Non riusciva a perdonarsi.
Marzia, la festa, l'alcool, tutto era solo un pretesto, un contorno, una scusa. Il vero problema era lei, era sempre stata lei: non era in grado di essere più di così, non era in grado di accontentare le aspettative di nessuno, Michele glielo diceva spesso, era troppo poco per chiunque, persino per sé stessa, non poteva cambiare, non poteva curarsi, non poteva fuggire da Beatrice.
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Mentre i topi ballano
Genç Kurgu«Teresa saresti sola a controllare più di trenta persone, una ragazza senza nessun adulto. Si sa, quando il gatto non c'è i topi ballano, e Dio solo sa cosa può succedere mentre i topi ballano» Per quanto Teresa odiasse farlo, quella volta fu costre...