Alberto

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«Albo vieni a vedere una cosa, mi sa che ti interessa!»

Ad Alberto interessavano poche cose e gli altri glielo facevano sempre notare. La lista di cose che odiava era, per contrappasso, molto più lunga. Alberto odiava il venerdì, lo faceva sentire solo. Odiava la fisica, lo faceva sentire stupido. Odiava le palestre e ancora di più i palestrati, lo facevano sentire ozioso. Odiava i vegani, odiava le femministe, lo facevano sentire escluso. Odiava avere idee, odiava condividerle, odiava parlarne. Odiava far parte di un gruppo; eppure, odiava stare da solo. Non era chiaro neanche a lui dove fosse il problema, se in lui, se nella sua città o se nel mondo intero. Fatto sta che ogni giorno la lista di cose odiate aumentava di due o tre numeri e tutto ciò l'odiava.

«Trovati qualcosa da fare Albi» gli ripeteva la made ogni volta che lo vedeva incollato a Fifa14, Fifa gli piaceva, il calcio no, il calcio lo odiava, ma Fifa era riuscito a far breccia nel suo cuore.

Sua madre intanto aveva provato a fargli fare di tutto, dal judo, alla danza, ad arrampicata, al più banale calcio. Nessun risultato, Alberto odiava qualsiasi cosa. Fu così che la madre ci rinunciò e, con lui, rinunciò anche al suo matrimonio. Suo padre all'epoca lavorava ancora nella fabbrica di scarpe a 2 chilometri da casa loro. La loro storia scoppiò per futili motivi all'apparenza. Non lo hanno mai detto a nessuno ma entrambi sanno che nella loro famiglia non c'è mai stato veramente l'amore.

La madre, avvocata divorzista, sentendo le storie degli altri malcapitati si rese conto di quanto il suo matrimonio non fosse mai realmente iniziato e che, malgrado la nascita di Alberto, tutto è rimasto terribilmente statico per quattordici anni. Quattordici anni di nulla, niente litigi, niente abbracci, qualche bacio forzato e qualche scopata. All'inizio i signori Baldi erano poco più che amici e alla fine si sono lasciati come poco meno che conoscenti.

La vita d'Alberto non era poi così diversa dal matrimonio dei suoi. Piatto, statico senza sofferenze certo, ma anche senza felicità. Alberto non ha mai sperimentato l'amore, non lo ha mai vissuto, mai ha saputo riconoscerlo e mai lo ha cercato. Dal divorzio, sua madre non le è più stata sopra come una volta, ormai per lei Alberto non era nient'altro che un souvenir di un brutto viaggio e suo padre, una volta perso l'affido e cacciato di casa, è tornato a vivere con la madre, campando di vergogna e qualche gin di troppo.

Alberto così ha smesso di aver coscienza di sé e del suo corpo, la pubertà lo ha colpito senza avvisare nessuno e nell'arco di un mese si è trovato ad essere di dieci centimetri più alto della madre e 40 chili più pesante. Se c'era una cosa che Alberto amava, quella cosa era il cibo, mangiare dava senso alle sue giornate. Ingurgitava qualsiasi cosa e non se ne badava. Il suo corpo cambiava e lui non sembrava dargli peso. La faccia gonfia e la pancia lievitata erano il suo unico segno di riconoscimento alle scuole medie. Alberto non era antipatico, non era simpatico, non era intelligente e non era di certo stupido. Nessuno, dunque, si sarebbe accorto di lui se fosse stato magro.

Alberto capì presto che dalle medie non ne sarebbe uscito senza un gruppo, il suo corpo non lo infastidiva ma sapeva di essere una vittima perfetta e per questo cercò di rimanere nell'anonimato il più possibile. La cosa più simile ad un amico che si fece era Simone, in realtà Simone era amico di tutti. Non hanno mai parlato a tu per tu, se non per prendere in giro qualche professore o ragazza. Però il legame con Simone fu molto importante per le dinamiche sociali di Alberto: a ricreazione o all'uscita aveva un gruppo con cui stare, era dalla parte di chi impugnava il manico e sapeva che sarebbe bastato poco per scivolare nell'altra. Gli altri ragazzi del gruppo non li odiava, e il sentimento era reciproco, si limitava a ridere alle loro pessime battute, e a subirne qualcuna. Come quando in classe si parlò di albinismo e Michele Rastrelli esordì con un sonoro «Noi più che un albino abbiamo un Albone». Proprio da quelle risate generali nacque il soprannome "Albo" che a lui non dispiacque per nulla, era sicuramente originale e meno svilente del "Albi" precedentemente usato.

Mentre i topi ballanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora