⚠️ In questo capitolo verranno utilizzate parole d'odio fortemente omofobe, la lettura è sconsigliata per chiunque sia particolarmente sensibile al suddetto tema⚠️
Quando il cellulare di Greto squillò quel giorno a ricreazione non se ne accorse: lo aveva lasciato sotto il banco e, come suo solito, era andato ad appoggiarsi sul termosifone vicino al posto di Teresa. L'ora successiva avrebbero avuto il compito su Hegel e quei dieci minuti di ripasso, sebbene inutili data la mole di roba, erano ormai un rituale per i due. Greto aveva uno strano rapporto con lo studio: in tredici anni di scuola era sicuro di non aver mai veramente studiato, eppure i risultati portati a casa erano sempre buoni. Gli bastava ascoltare la lezione in classe, rileggere un paio di volte gli appunti presi e tutto si sedimentava magicamente nella sua testa. Ogni giorno prima di un compito o un'interrogazione lo passava a sorbirsi la disperazione di Marzia che, al contrario, spendeva interi pomeriggi sopra lo stesso libro. Non riusciva a capire la sua ansia, non riusciva a concepire come potesse impiegare così tanto tempo. E per questo si sentiva in colpa. Greto in fin dei conti era così: si sentiva responsabile della sofferenza di chiunque, non perché ne fosse causa diretta, ma la sola impossibilità di riuscire a consolare lo faceva sentire inutile. Per questo stimava così tanto Teresa: lei era spigliata, pronta, con la giusta frase al momento giusto. Impossibile rimanere tristi con lei.
Per questo i primi giorni di settembre di quattro anni prima, decise di esserle amico. Si innamorò della sua persona appena la vide così diversa, così sicura, e ne ebbe la conferma quado si presentarono il primo giorno di scuola: alla frase "Piacere Greto", Teresa non aggrottò le sopracciglia, non gli chiese di ripetere, non gli domandò come mai all'appello avesse risposto "presente" ad un nome diverso.
Teresa si limitò a sorridere e, con un sonoro «Teresa piacere. Mi piace Greto!» sancì la loro amicizia. Con Marzia invece l'amicizia nacque successivamente. All'inizio l'unica cosa che sembravano condividere era Teresa, ben presto però Greto si accorse di quanto i due si volessero veramente bene. Marzia fu una di quelle persone che gli chiese il perché del suo nome, anche se a distanza di mesi dal primo incontro, e, dato il loro rapporto, Greto le disse la verità.
La verità è che non c'era un reale perché dietro quel nome, e, proprio per questo, si divertiva ogni volta a trovarne uno a seconda di chi glielo chiedeva. Una volta disse che era in onore del suo luogo di nascita, Creta. Un'altra si giustificò dicendo che "Greta" di Gazzelle fosse la sua canzone preferita. Un giorno si improvvisò ambientalista e disse che era in onore della Thumberg. Per non contare le volte in cui se lo affiliò in onore di sua madre, o di sua nonna, o di sua sorella, tutte rigorosamente decedute. "Greto" gli piaceva, suonava bene a suo avviso e, soprattutto, faceva discutere. Lo allontanava dal "Guglielmo" selezionato dai suoi genitori, lo faceva sentire unico, giusto, diverso, sé stesso.
Il nome dopotutto è l'unica etichetta che si è costretti portare legalmente, e, sapendo ciò, Greto decise di costruirsela su misura.
Non sopportava la mania di etichettare e, di conseguenza, di etichettarsi. Trovava questo processo disumano, svilente, crudele e fin troppo non giusto. Ogni volta che qualcuno lo descriveva come "il riccio", "quello magrolino", "il tipo alto", lui si sentiva estremamente infastidito. Riteneva che la sola parola in grado di sintetizzarlo fosse il suo nome. Guglielmo però sarebbe stato troppo vago, di Guglielmo ce ne erano tanti. Di Greto, al contrario, non ne conosceva neanche uno, e decise bene di appropriarsi di quel gigantesco spazio libero. Gli piaceva l'idea che alla parola "Greto" la gente avrebbe collegato subito il suo viso, il suo carattere, la sua persona, senza dover ricorrere all'utilizzo di aggettivi superflui. E la sua volontà di non limitarsi diventò per lui una mania: dalla musica ascoltata, al gusto di pizza preferito, al modo di vestire, alle sue preferenze sessuali. Nessuno doveva essere in grado di capirlo, di definirlo, di incasellarlo. E ci riuscì. Ci riuscì talmente bene da perdere la coscienza di sé stesso. Greto finì per essere il continuo contrario di ciò che era, tutto era giusto, tutto era sbagliato. Sentiva il bisogno costante di negarsi, di cambiare idea, di allargare lo sguardo e proprio in questa volontà di non definirsi, si definì.

STAI LEGGENDO
Mentre i topi ballano
Novela Juvenil«Teresa saresti sola a controllare più di trenta persone, una ragazza senza nessun adulto. Si sa, quando il gatto non c'è i topi ballano, e Dio solo sa cosa può succedere mentre i topi ballano» Per quanto Teresa odiasse farlo, quella volta fu costre...