⚠️ In questo capitolo verranno utilizzate parole d'odio fortemente omofobe, la lettura è sconsigliata per chiunque sia particolarmente sensibile al suddetto tema⚠️
«Miché mi dici che è successo?»
Era la quarta volta che Lorenzo gli ripeteva la stessa domanda, ma Michele non riusciva a sentirlo.
Sentiva solo un ronzio costante, così rumoroso da mascherare tutto il resto. Poche volte gli capitò di sentire i propri pensieri concreti in quel modo, ma dopo la lite con Teresa Vitali fu inevitabile. Quella stronza le aveva incasinato qualcosa là dento, qualcosa che non sapeva neanche di avere. Si sentiva la testa piena di piccoli petardi pronti a scoppiare, uno dopo l'altro, lasciandosi dietro un fumo denso, disordinato, oltre il quale Michele non riusciva a vedere nulla.
Continuava dritto per la sua strada, non sapeva neanche di star camminando. Rivedeva la faccia di Teresa sbeffeggiarlo davanti ai suoi amici, sentiva le sue parole: "odi te stesso", "frocio ci rimani", "è quello che sei", come se lei sapesse ciò che provava, come se lo conoscesse da sempre. Odiava la sua presunzione, odiava il suo ergersi a paladina della giustizia nonostante non sapesse nulla di lui, odiava il fatto che, molto probabilmente, Teresa aveva capito di Michele in pochi minuti più di quanto lui stesso avesse effettivamente capito della sua vita. Michele stava male, questo lo sapeva, però attribuiva a quel dolore una fonte sbagliata. Era sempre colpa degli altri: dei suoi cugini troppo bravi in tutto, di sua nonna troppo vecchia per questo mondo, dei suoi genitori troppo eroinomani, di Beatrice troppo distante e ingrata. Michele non si era mai veramente fermato a guardarsi dentro, perché, in caso lo avesse fatto, avrebbe subito trovato in lui la causa di quel malessere al quale non riusciva a dare un nome. Teresa dopotutto gli aveva fatto fare questo, lo aveva costretto a fermarsi, e fermandosi Michele fu travolto da sé stesso.
In quel momento, davanti a quelle parole, Michele tornò a Simone, alle loro risate, ai loro abbracci, ai loro pugni. Tornò al pianto che fece il giorno della sua partenza, a quel senso di vuoto che mai nessun amico gli aveva lasciato, all'incomprensione che ne conseguì. Tornò a Greto, alle volte che lo insultava in spogliatoio, alle risate sul suo modo di vestire, a ciò che successe in quel bagno la notte di quel 28 novembre. Greto.
Furono proprio le parole di Greto, così piene di rancore, ad accendere in lui quella scintilla che avrebbe causato l'esplosione a catena di tutti quei petardi nella sua testa. "Accettati", "fai pace con te stesso". Quelle frasi non gli lasciarono alcun dubbio: il suo unico problema era lui. In quel momento, sentendo la voce di Greto, tutta rabbia accumulata in precedenza tramutò in qualcosa di nuovo, qualcosa di pesante. Michele la sentì cadere dalle tempie fino alla pancia, per un attimo provò lo stimolo di dover vomitare, si sentì come svegliato dopo una sbronza, non capiva che cosa stesse facendo, non capiva cos'era.
Chi era Michele? Quella domanda gli risuonò in testa più volte, non se l'era mai chiesto, per lo meno non sotto quel punto di vista. Era sicuro che Michele non fosse diverso rispetto a ciò che vedeva la gente: essere, apparire, fino a quel momento non erano altro che sinonimi. Allora perché in quell'istante si sentì così distaccato da ciò che gli altri vedevano, perché si sentì improvvisamente così stretto nell'indossare quelle vesti? Chi era veramente Michele? Che cosa avrebbe voluto essere Michele?
Michele.
«Michele»
«Ao! Michele!»
Sentì una mano strattonargli lo zaino. Si ridestò da quel fumo di petardi, intorno a lui vide verde, alcune altalene, uno scivolo e una struttura a mattoni rossi, era arrivato fino all'asilo comunale, cinquecento metri più in là rispetto alla sua scuola.
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Mentre i topi ballano
Teen Fiction«Teresa saresti sola a controllare più di trenta persone, una ragazza senza nessun adulto. Si sa, quando il gatto non c'è i topi ballano, e Dio solo sa cosa può succedere mentre i topi ballano» Per quanto Teresa odiasse farlo, quella volta fu costre...